«Bibbia il libro più letto del mondo…più porco, più razzista, più sadico che venti secoli di arene, Bisanzio e Petiot mescolati!…di quei razzismi, fricassee, genocidi, macellerie dei vinti che le nostre più peggio granguignolate vengono pallide e rosa sporco in confronto».
Così Céline in Rigodon (Einaudi, 2007, p. 14).
Concordo con lui e lascio volentieri a ebrei e cristiani, agli idolatri del “Libro”, il culto verso una divinità inetta come Jahvé. Non gli uomini soltanto, infatti, sono imperfetti ma lo è l’universo stesso poiché frutto dell’imperfezione del demiurgo che ha preteso di essere Dio. È questa evidenza ad aver convinto Marcione a rifiutare il dio biblico (accogliendo, invece, quello evangelico) in quanto, appunto, divinità incapace e funesta. Non c’è stata caduta ma il limite fa da sempre parte dell’essere, non esiste colpa se non quella di esistere, non ci sono peccati al di fuori dell’ignoranza. La conoscenza, invece, è un’esperienza disincantata, sofferta e integrale dello stare al mondo.