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Che – Guerriglia

di Steven Soderbergh
(Che: Part Two)
USA-Francia-Spagna, 2008
Con: Benicio Del Toro (Ernesto Guevara), Jordi Mollà (Capitano Vargas)
Trailer del film

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Lasciata Cuba, rifiutate prebende ministeriali e agiatezza economica, Guevara cerca di instaurare regimi rivoluzionari in Venezuela, Congo, Bolivia. È qui che l’esercito governativo e gli uomini della CIA lo braccano, lo catturano, lo uccidono a sangue freddo.

La seconda parte di questo film conferma l’originalità e i caratteri della prima. Anzi li accentua. Si assiste infatti al tramonto del progetto visionario di liberare l’intera America Latina. Più che i nemici di classe, sono i contadini stessi a non capire Guevara, a denunciarlo, a consegnarlo al governo boliviano. Il film comincia con l’immagine televisiva di Fidel Castro che legge la lettera d’addio del suo compagno e si svolge poi quasi per intero in una giungla senza direzione, senza prospettive, senza luce. Il Che vi appare simile al guerrigliero italiano Carlo Pisacane che i contadini respingono perché rivoluzionario, senza religione, sbandato. È la storia di uno sconfitto, di un uomo assai lontano dall’icona vincente, epica, da martire. Un film asciutto e duro, che trova il suo culmine nella drammatica scena in soggettiva di Guevara morente.

Che – L'argentino

di Steven Soderbergh
(Che – Part One)
USA-Francia-Spagna, 2008
Con: Benicio Del Toro (Ernesto Guevara), Demiàn Bichir (Fidel Castro)
Trailer del film

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Dall’incontro del medico argentino Ernesto Guevara con Fidel Castro a Mexico City alla guerriglia nella Sierra Maestra e da lì verso la capitale cubana. È il percorso della prima parte di un film che è stato pensato in modo unitario (4 ore e mezza) e che soltanto esigenze di distribuzione hanno indotto a dividere in due tronconi.
Sin da ora, comunque, si può dire che il Che di Soderbergh è un personaggio malinconico e minimale, duro per esigenze di ufficio e più a suo agio nella cura dei campesinos. Un uomo che vive la rivoluzione come un dovere, che rifiuta di assurgere a simbolo di alcunché e che invece il destino e il merchandising hanno trasformato in una merce buona per tutte le stagioni, generazioni e classi sociali. Nel film l’icona è abbattuta a favore dell’utopia di giustizia e della sua impossibilità.
La regia è funzionale a questo progetto. Nessun primo piano se non per frammenti del volto di Guevara durante l’intervista concessa a una giornalista statunitense in occasione del discorso che tenne all’ONU come ministro cubano dell’industria; l’alternarsi nel montaggio di scene in bianco e nero quando il Che si trova negli USA e a colori quando combatte nella giungla; un taglio dell’immagine che la rende sempre incompleta, a dire l’incompiutezza di ogni progetto umano di riscattare il proprio male.

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