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Čechov in Anatolia

Il regno d’inverno
(Winter Sleep)
di Nuri Bilge Ceylan
Con: Haluk Bilginer (Aydin), Melisa Sozen (Necla), Ayberk Pekcan (Hidayet), Serhat Mustafa Kiliç (Hamdi), Nejat Isler (Ismail)
Turchia – Francia – Germania, 2014
Trailer del film

Regno_d'invernoAncora in Anatolia, dove un agiato ex attore gestisce l’albergo scavato nella roccia e cerca di scrivere una storia del teatro turco. Aydin possiede infatti gran parte delle case del villaggio ma lascia che a gestire le sue proprietà sia un amministratore. Lui vive con la giovane moglie, il cui affetto è ormai raggelato, e con la sorella divorziata, dalle parole taglienti e contraddittorie. Aydin è il padrone di questo piccolo regno, che somiglia molto a un feudo zarista. I dialoghi tra i personaggi hanno infatti la stessa tormentata introversione di Čechov -chiaramente ispiratore del film, assai più di Shakespeare, pur esplicitamente e in vari modi citato-, hanno la loro stessa pedante incomunicabilità. Un’Anatolia molto russa dunque, innevata, religiosa e disincantata. Dentro la quale si ragiona del bene e del male, dell’altruismo e dell’egoismo, dei sentimenti e della solitudine. La sotterranea violenza che intride il film disvela alla fine l’interesse implicito in ogni generosità e l’insensatezza della tracotanza che porta danno a sé e agli altri.
Un film rigoroso, dalla splendente fotografia, privo di illusioni, libero dalla speranza.

Habemus Moretti

Habemus Papam
di Nanni Moretti
Con: Michel Piccoli (il papa),  Jerzy Stuhr (il portavoce), Renato Scarpa (il cardinale Gregori), Franco Graziosi (il cardinale Bollati), Nanni Moretti (lo psichiatra), Margherita Buy (la psichiatra)
Italia-Francia, 2011
Trailer del film

Il collegio cardinalizio, il club più esclusivo del mondo, è composto da un centinaio di vegliardi che vivono il proprio momento di gloria a ogni morte di papa, quando questo gruppo di persone è chiamato a eleggere il nuovo pontefice. L’intero pianeta politico e mediatico si mobilita in tale occasione. L’antico rito delle schede bruciate dopo ogni tornata di voto -fumata nera, fumata bianca- si ripete e viene registrato dalle televisioni di tutto il mondo. Ma che cosa accade? Accade che allorché il cardinal Bollati annuncia l’Habemus Papam il neoeletto ancora non apparso ai fedeli comincia a urlare, fugge, si sente incapace di reggere tanto peso.

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Il Gabbiano

di Anton Cechov
Versione di Martin Crimp
Traduzione di Leslie Csuth
Con Donatella Bartoli, Elisabetta Ferrari, Mariano Nieddu, Alberto Onofrietti, Roberta Rovelli, Paolo Summaria
Regia di Sandro Mabellini
Teatro Litta – Milano
Sino al 10 maggio 2009

litta_gabbiano

Il Gabbiano ritorna su una scena del tutto spoglia, dove tre coppie danzano il disperato gioco dell’amore non corrisposto, degli incroci che non si colgono, delle aspirazioni ridimensionate, della vita-teatro. Sul palcoscenico solo un paio di microfoni, parlando nei quali e dando le spalle  alla sala gli attori diventano anche gli altri personaggi. Quando, invece, sono Konstantin e Nina, Arkadina e Trigorin, Medvedenko e Maša, gli attori si rivolgono al pubblico, che è dunque attivamente coinvolto nella rappresentazione.

Cechov non è mai semplice da recitare e da vedere. La regia di Sandro Mabellini -basata sulla asciutta versione di Martin Crimp- ne condensa senso e gesti traendo dal testo tutta la possibile contemporaneità, che vuol dire sempre la classicità di un’opera. Gli inserti musicali vanno da Mozart al rock e sono sempre rispettosi del contesto. La recitazione si fa spesso danza. La metafora del gabbiano viene esplicitata e diventa il corpo di un’attrice. La prima parte dello spettacolo rimane tuttavia povera e solo nel finale acquista la densità di un dramma esplicitamente shakespeariano, così come Cechov lo aveva voluto.

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