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Unict: l’elezione del nuovo Rettore (con lettera dalle Bahamas)

Pubblico un documento del Coordinamento d’Ateneo sulle ipotesi -già respinte anche dal Ministero- di differimento dell’elezione del nuovo Rettore dell’Università di Catania. Visto che alcune “Associazioni di consumatori” hanno addirittura presentato un esposto contro la decisione di espletare in agosto le procedure elettorali, previste e dunque imposte dallo Statuto di Ateneo, aggiungo una lettera della sezione del CudA delle Bahamas, nella quale -in effetti- si conferma che votare in agosto è disdicevole.

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Lo stato d’emergenza balneare

È circolata in questi giorni, da parte di alcuni amici e colleghi, una richiesta di rinvio delle elezioni per il rinnovo della carica del Rettore dell’Università di Catania.
In tale richiesta, pacata nelle forme e nei toni, si ribadisce l’assoluta legittimità del percorso stabilito dal decano, Prof. Vincenzo Di Cataldo, ma si lamenta l’“opportunità” del voto a fine agosto e la necessità di un più ampio dibattito elettorale.
Con ben altro tono, le solite fonti – strillate se non ormai isteriche – esterne all’università, chiedono invece, addirittura, un intervento del Consiglio dei Ministri per una procedura d’urgenza che consenta un fulmineo  commissariamento (ipotesi che lo stesso MIUR ha recisamente cassato). A tali urla non vale la pena rispondere. Che tra una crisi internazionale e l’altra, un conflitto con l’Unione Europea e l’arrivo di una nuova ondata di esuli dalle guerre, il governo italiano trovi spazio per procedure di tale sorta, con decretazione d’urgenza, è pura fantascienza, amata e coltivata da chi altro non sa népuò fare.

Ci permettiamo dunque, sempre in modo pacato, e nell’interesse dell’Ateneo, di contribuire alla riflessione su questo tema a partire dalle utili considerazioni delle colleghe e dei colleghi che hanno rivolto l’appello.
Pare evidente che non vi è una legittimazione normativa stabile che consente di uscire fuori dal dettato statutario, il quale prescrive senza possibilità di equivoco il voto entro i sessanta giorni. In mancanza di tale legittimazione nessuno può operare al di fuori delle norme.
La richiesta di un dibattito ampio e di un vero e sereno confronto democratico è un tema rilevante.
Ci permettiamo però di sottolineare alcuni elementi di non poco conto.

  • Invocare l’inopportunità del voto in agosto pare – di certo in modo involontario – fare pericolosamente leva su una sorta di privilegio del corpo universitario. Ovvero: come spiegare a chi a fine agosto lavora in un centro commerciale, magari per pochi euro e con doppi turni, o conduce una vettura pubblica nel caldo battente, che ci è di peso muoverci da una comoda sede balneare e andare a deporre una scheda in un’urna dentro un’aula dotata di fresca aria condizionata? Per affermare – se non recuperare, per chi ne avesse bisogno – una immagine pubblica di normalità e integrità morale, ci pare ovvio che i docenti universitari e il personale tecnico-amministrativo, come tutti i lavoratori del mondo civile, si rechino a compiere un esercizio del loro dovere mentre i negozi sono aperti e le istituzioni pubbliche in piena attività. Ci pare piuttosto che sarebbe un segnale grave se le urne venissero disertate per motivi di “forza maggiore balneare” (altra e comprensibile motivazione è invece quella dei pochi che possono avere impegni scientifici, cosa possibile in qualsiasi momento dell’anno).
  • Richiamare una procedura che esula dalle norme rischia di condurre, domani, a una richiesta di invalidazione delle elezioni stesse per vizio formale. Non sarebbe la prima volta – lo sappiamo – alle nostre latitudini. E che a qualcuno venga voglia di adire le aule giudiziarie per annullare un voto sgradito è cosa che non si può escludere, anzi. Forse non si è capito fino in fondo che bisogna uscire subito da questo gioco al massacro. E per farlo bisogna subito operare con rigore e serenità nell’alveo della normalità possibile (che è quella poi di ogni istituzione e di ogni istituto civile).
  • Chi insegna e vive l’Università – non certo chi di questo non ha idea né a questo è minimamente interessato – sa bene che iniziare un anno accademico senza le strutture di governo è un massacro gestionale annunciato. Rinnovare le cariche politiche dell’Ateneo con un nuovo assetto di governo, legittimato e forte del prestigio del voto e della qualità della scelta (e tutti i colleghi che si stanno preparando al voto ci paiono di alto o altissimo profilo) è un aiuto fondamentale, anche al processo di iscrizione e immatricolazione che rischia, oggi, una contrazione che sarebbe grave; e che verrebbe pagata a caro prezzo dal corpo studentesco e da chi ha meno opportunità.
  • Infine; non si è forse sufficientemente notato che vi è già un intervento politico, che è quello del prossimo invio di ispezione ministeriale. Che l’Ateneo riparta con nuovo assetto, credibile e forte; e che i cassetti siano aperti. Tutti i cassetti. È evidente infatti che gli ispettori avranno necessità di valutare un arco ampio di azioni e attori, che nel tempo hanno operato a più livelli nell’Ateneo. Ben venga tale ispezione, capace di rafforzare un nuovo corso e aiutare l’Ateneo di Catania a risollevarsi da questa tremenda crisi. Sempre nell’assoluto e doveroso rispetto – richiesto da norme scritte e non scritte – per chi indaga, per chi è indagato e per chi ha il compito di giudicare.

Qualcuno diceva che “sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione”, ovvero sulla proclamazione dell’emergenza. Spesso a chi invoca l’emergenza segue chi vuole comandare in modo assoluto (il dato è storico e, come qualcuno direbbe, “fattuale”). Grazie al cielo siamo ancora in stato di diritto e nella possibilità piena di determinare mutamenti e crescita della nostra Istituzione, senza principi, principesse o loro surrogati.

Rinnoviamo infine l’appello per una campagna elettorale ricca di contenuti – diritto allo studio, trasparenza di procedure e gestione amministrativa, rilancio di didattica, ricerca, internazionalizzazione, terza missione – e scevra da personalismi e meschinità.
Anche su questo, siamo certi, tutte le docenti e i docenti, tutti lettori e le lettrici, il PTA e gli studenti dell’Ateneo di Catania sono concordi.

Catania, 17 luglio 2019

CUDA 

(Coordinamento Unico dell’Ateneo di Catania per un’Università pubblica, libera, aperta e democratica)

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Care colleghe e cari colleghi, amiche e amici,
Vi scriviamo dalle Bahamas, dove ci troviamo per un convegno che si protrarrà fino al giugno 2020 (si sa, gli impegni scientifici qui sono caraibici anche nei tempi…).

Non abbiamo però voluto perdere l’occasione per consultare la locale associazione dei consumatori (la celebre Caraibiconsum: una vera potenza per dottrina e autorevolezza); e abbiamo posto all’esimia istituzione la vexata quaestio, che oggi dilania la riviera jonica nel suo versante accademico: il Decano dell’Ateneo catanese ha poteri o no? Può o meno indire le elezioni? È sua facoltà scegliere per i comizi elettorali la data che più gli aggrada o deve attenersi al dettato statutario? E poi, diciamola tutta, è questi una figura reale o appartiene al genere della letteratura fantastica? Ma soprattutto, questione delle questioni: si puote o non si puote votare sotto la sferzante canicola estiva?

La Caraibiconsum, dopo un’attenta disamina della questione che ha impegnato con strenua dottrina – sono giuristi provetti – i suoi componenti, ha deliberato che nulla rileva il fatto che in assenza di governo dell’Ateneo si creerebbero danni ai consumatori veri e propri, in primis agli studenti (con rischi potenziali di crollo iscrizioni, aumento tasse, taglio dei servizi); nulla rilevano i decreti e nemmeno i luogotenenti; e soprattutto è gravissimo anche solo immaginare un voto con una temperatura al suolo superiore ai 10 gradi centigradi nelle ore centrali della giornata (il voto è pratica notturna, da stagioni buie, va evitata e praticata tra le brume, almeno finché non venga fuori dall’urna il candidato giusto…).

La Caraibiconsum ha dunque decretato senza possibilità di appello che l’Università di Catania va commissariata – magari, perché no, con decreto della locale giunta militare – almeno fino al 2021; e quindi i corsi sospesi e le lezioni rinviate a data da destinarsi, in attesa di un inverno talmente rigido da consentire un veloce e furtivo ricorso alle urne in aule degnamente riscaldate.

Data l’autorità della fonte arbitrale e l’urgenza del momento, ci periteremo di inviare la comunicazione agli organi dell’Ateneo e alla solerte stampa cittadina.
Invitiamo intanto tutte e tutti a diffondere la lieta novella e il verbo giuridico che giungono da sì alta contrada.
Nella piena consapevolezza che la situazione sia grave ma non seria, ci dichiariamo tropicalmente vostri e salutiamo con osservanza (di un magnifico tramonto caraibico),
CudA

Lettera aperta ai candidati alla carica di Rettore di Unict

Sono giorni di tempesta per l’Università di Catania, che ha bisogno di ritrovare identità, trasparenza, correttezza. E dunque anche attenersi allo Statuto. La richiesta, o addirittura la pretesa, di differimento dell’elezione del nuovo Rettore e di commissariamento di Unict pur in presenza delle dimissioni del precedente Rettore, è un sintomo molto chiaro non soltanto del livello del ceto politico nazionale che parla in questi termini ma anche e soprattutto dell’atteggiamento di alcuni docenti dell’Ateneo e dei media locali.
Le forze che hanno contribuito all’attuale disastro vogliono tempo per ritessere le trame dei loro affari. A costoro nulla importa degli studenti, della ricerca, del territorio, dell’insegnamento, della scienza. Presto verranno invece formalizzate le candidature; da qual momento si discuta in modo aperto e pubblico della situazione in cui ci troviamo e delle vie d’uscita. E poi si elegga il nuovo Rettore, nei tempi previsti dallo Statuto e stabiliti dal Decano. Un Rettore radicato nella didattica e nella ricerca.
Mai come in questo momento ci devono accompagnare lucidità, energia, freddezza. Ne usciremo, nonostante le forze oscure che vogliono distruggere l’Università di Catania.
Qui sotto la Lettera aperta che il CudA indirizza ai candidati alla carica di Rettore.

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Lettera aperta ai candidati per la carica di Rettore dell’Università di Catania

L’Università di Catania si appresta a eleggere nei prossimi mesi il quarto Rettore in sei anni (ovvero l’arco previsto per una sola carica rettorale). Dal 2013 al 2019 già tre Rettori dell’Ateneo catanese si sono dimessi anzitempo o sono decaduti per deliberazioni della giustizia amministrativa. Basta questo dato per dire quanto complessa se non drammatica sia la situazione della nostra Istituzione.

La Nostra Università si trova oggi dinanzi a una duplice e ardua sfida: rigenerare la sua fisiologica autonomia istituzionale, ricuperando così quella credibilità e affidabilità che le è necessaria per operare all’altezza della sua tradizione; e insieme intraprendere un percorso di profonda riforma interna – sul piano culturale, gestionale e amministrativo – che le consenta non solo di recuperare il tempo in parte perduto nelle vicende di questi ultimi anni, ma anche di mettersi al passo con quei processi di trasformazione dell’Università che essa non ha ancora pienamente assimilato, in un tempo ancor più lungo.

A render ancor più complesso questo quadro, l’Ateneo dovrà, nel corso del 2020, sottoporsi a una non facile validazione della sua complessiva attività (didattica, ricerca, terza missione) da parte dell’Agenzia Nazionale della Valutazione dell’Università e della Ricerca (ANVUR).

Una tempesta perfetta.

Riteniamo che il Nostro Ateneo abbia le risorse per rispondere a queste sfide, a patto di sapere mobilitare il meglio delle sue energie, dei suoi talenti e delle sue capacità.

Riteniamo che questo non sia il momento per pur comprensibili ambizioni personali e individualismi; ma che sia necessario un valido e credibile progetto di gruppo che coniughi una visione condivisa e disinteressata nei confronti della missione formativa e scientifica con un alto profilo programmatico e gestionale.

Il prossimo Rettore dell’Ateneo – oltre a un ovvio ma indiscutibile curriculum di scienziato/a e studioso/a, stabilmente radicato/a nell’Università e nei suoi problemi – dovrà dunque, a nostro parere, esser capace di produrre quella “mobilitazione di idealità e ingegni” che è l’unica vera chance per la nostra comunità, oggi ferita, da ultimo (ma non solo) dalle vicende giudiziarie che la hanno interessata; ma viva e forte del suo passato, del suo futuro ma soprattutto del suo presente di comunità di eccellenza costituita da giovani, studiosi, lavoratori e lavoratrici.

È per questo fondamentale che il prossimo Rettore sia il pivot di un processo di trasformazione forte del nostro ateneo, legato a doppio nodo ai valori della legalità, della trasparenza, dell’autonomia vera e reale da interessi di cricche, lobby e partiti; e dunque dedicato senza esitazioni alle esigenze di benessere e futuro delle nostre studentesse, dei nostri studenti, delle loro famiglie e del nostro territorio.

In questo quadro proponiamo alcuni temi che ci paiono qualificanti per una vera ripresa del nostro Ateneo.

A livello locale consideriamo fondamentali i seguenti punti:

- Il rafforzamento del codice etico interno recentemente approvato (con il connesso codice deontologico dei doveri del docente) e la sua discussione in tutte le sedi istituzionali dell’Ateneo, oltre che la presentazione pubblica dello stesso ai portatori d’interesse, ai Comitati Consultivi dei Corsi di Studio e alle Consulte Studentesche.

- Una energica politica di sostegno al diritto allo studio, attraverso il finanziamento delle borse di studio e dei servizi agli studenti meritevoli ma non abbienti, per i quali UNICT (pur avendo messo in campo in questi anni alcune positive iniziative) è pur sempre tra i fanalini di coda del sistema universitario (si vedano le ultime statistiche nazionali). In generale è fondamentale il sostegno agli studenti come attori centrali dell’Università, cui garantire spazi e opportunità di crescita collettiva e individuale, nonché la possibilità di incidere sulle scelte dell’Ateneo a vari livelli. In questo quadro ci pare fondamentale un rinnovato rapporto con il sistema scolastico, affinché l’Università sia soggetto propulsivo e ascensore di crescita sociale per il suo territorio.

- Una revisione statutaria della governance di Ateneo, finalizzata a limitare la concentrazione dei poteri in poche mani e garantire meccanismi di controllo dal basso; in particolare per quel che riguarda la diminuzione del numero di direttori presenti in Senato Accademico, l’istituzione della consulta dei direttori di dipartimento, la scelta dei membri interni del Consiglio di Amministrazione effettuata tramite elezioni, l’innalzamento della quota studentesca e del PTA nelle elezioni del Rettore.

- Una politica di rilancio dell’offerta didattica in ambito di lauree triennali, una politica di incentivo e rafforzamento delle lauree magistrali, con una difesa dei saperi di base in tutti gli ambiti scientifici, e un programma strategico e urgente di sostegno ai dottorati di ricerca e ai processi di internazionalizzazione dell’Ateneo, su cui si è ancora in una condizione di insufficiente capacità.

- Una politica di investimento continuo nell’ambito della ricerca, con particolare riferimento ai bandi internazionali.

- Una programmazione condivisa e trasparente per gli investimenti sulle grandi apparecchiature.

- Un processo di crescita e riqualificazione del PTA, connesso allo snellimento delle procedure amministrative, al potenziamento del monitoraggi o della didattica e della gestione e diffusione dei risultati ottenuti nell’ambito della ricerca.

- Una piattaforma delle attività di Terza Missione e Public Engagement, che parta dal rilancio del sistema museale e della Città della Scienza.

- La ripresa della pratica delle conferenze programmatiche aperte a tutto l’Ateneo e al territorio sui temi principali della missione istituzionale: didattica, ricerca, internazionalizzazione, public engagement.

Nella dimensione nazionale della presenza di UNICT riteniamo che il nuovo Rettore debba promuovere un Coordinamento con gli altri Atenei, a partire da quelli meridionali, ai seguenti fini:

- La revisione del meccanismo di attribuzione del Fondo di Finanziamento Ordinario con una rideterminazione del peso della VQR

- La revisione dei criteri di distribuzione dei Punti Organico, con la richiesta di un piano straordinario di assunzioni di giovani leve, di un piano di almeno 100 mln per i passaggi da RTI a PA, della rideterminazione dell’indicatore nazionale di sostenibilità economico-finanziaria e delle spese di personale e l’incremento delle risorse del fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio.

- L’apertura di un tavolo nazionale sulla riforma della legge Gelmini e in particolare dello stato giuridico della docenza; un tavolo aperto di lavoro che vagli tutte le proposte oggi in campo, tra cui la creazione di un pre-ruolo unico che sfoltisca e razionalizzi la giungla di figure precarie della ricerca, la separazione tra reclutamento e avanzamento e la creazione di un ruolo unico della docenza universitaria con valutazione paritaria e permanente della didattica e della ricerca, come presente in altre realtà europee.

Infine, una richiesta accorata.
La campagna elettorale, breve ma intensa, che ci apprestiamo a vivere ci chiama tutte e tutti a una responsabilità diretta.
Non è il tempo di polemiche sterili e veleni personali.
È il tempo della trasparenza, del confronto democratico e franco e del comune sentimento di appartenenza a un’Istituzione che vede oggi messo in discussione il suo futuro.
Un’Istituzione – lo sappiamo tutti – da cui dipende il benessere di un territorio e di nuove generazioni che potrebbero vivere nel degrado culturale e nella desertificazione economica; o essere protagoniste di quel rilancio socio-economico e civile che da tempo tutte e tutti aspettiamo.
E che a loro dobbiamo.

Catania, 10 Luglio 2019

CUDA

(Coordinamento Unico dell’Ateneo di Catania per un’Università pubblica, libera, aperta e democratica)

Unict non è un’associazione a delinquere

Il Coordinamento Unico dell’Ateneo di Catania, del quale faccio parte, ha scritto, discusso e diffuso il documento che pubblico qui sotto e allego in pdf, documento che ho contribuito a redigere e che spero aiuti a comprendere la realtà effettiva dell’Ateneo rispetto alle inesattezze, banalità e vere e proprie bugie che sono state in questi giorni ripetute.
Vorrei richiamare l’attenzione soprattutto su un passaggio del documento, sulla richiesta di «fare piena luce sugli ultimi e travagliati dieci anni della vita dell’Ateneo di Catania e sugli attori che hanno realmente e drammaticamente condizionato il suo operato, tramando con i partiti – che abbiamo sempre detto dover rimanere esterni alle vicende universitarie – e sottraendosi così a precise responsabilità per colpire chi ne aveva evidenziato le trame. Chi ha sinceramente a cuore l’esistenza e la funzione di questo Ateneo e l’opera che esso svolge nel suo territorio non può che chiedere con forza che emerga veramente tutto».

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Versione in pdf


L’Università di Catania non è un’associazione a delinquere ma va rigenerata

Lettera aperta agli studenti

Prima che come docenti è come educatori che ci rivolgiamo alle studentesse e agli studenti della nostra Università.
L’inchiesta della Procura di Catania sui vertici dell’Università della nostra città pone molti interrogativi e lancia molte ombre.
Noi riponiamo la massima fiducia nella magistratura giudicante e ci auguriamo che la giustizia faccia il suo corso nel più breve tempo possibile.
Chi ha sbagliato, infangando il nome del nostro Ateneo, dovrà pagare per quanto può avere commesso, e per l’onta che inevitabilmente da ciò può investire tutta la comunità accademica. Ci colpisce e indigna, al di là delle responsabilità penali, il tono di alcune delle anticipazioni, per il profilo culturale ed etico che emerge, non consono a un’istituzione come quella nella quale lavoriamo e per la quale spendiamo la nostra missione educativa nel nome della formazione delle nuove generazioni e della promozione della ricerca scientifica.
Al tempo stesso dobbiamo subito e con forza mettere in guardia da alcuni toni e interpretazioni dei fatti resi noti, in cui si confondono elementi concreti con altri irrilevanti. Riteniamo che i primi approfondimenti consentiranno di chiarire diversi aspetti di ciò che oggi viene contestato. Ad esempio, quando nelle intercettazioni si parla di ’18’ e ’24’ ci si riferisce semplicemente a due articoli della Legge Gelmini (Legge che noi abbiamo criticato aspramente alla sua approvazione, che è origine di molte delle storture attuali dell’Università, ma che tale è), i cui articoli stabiliscono le diverse modalità di espletamento dei concorsi; quando si parla di 12 o più pubblicazioni ci si riferisce al limite numerico delle ricerche scientifiche che si possono presentare a un concorso: anche questo elemento è stabilito dalle leggi in vigore, è presente in molti ordinamenti europei e non è frutto di alcuna macchinazione; alcuni dei concorsi – quelli “dell’articolo 24” – sono infine riservati a candidati già in servizio nell’Ateneo che bandisce: ciò è prescritto dalla legge, la quale stabilisce che gli atenei possono utilizzare il suddetto articolo fino al massimo del 50% delle risorse disponibili destinandole agli avanzamenti locali. Dunque si applica una legge, anche quando vi è un solo candidato perché uno solo è il docente dell’ateneo abilitato in quel settore scientifico-disciplinare.

Che l’Università abbia bisogno di rinnovamento – a partire dal regime dei concorsi sancito dalla Legge Gelmini e che ha forti patologie di sistema in tutta Italia – è fuori di ogni dubbio, lo denunciamo da anni proponendo, insieme ai movimenti nazionali per la riforma universitaria, soluzioni concrete: come il ruolo unico della docenza per il ricambio generazionale – quella italiana è l’Università più vecchia e meno finanziata d’Europa a partire dal diritto allo studio – e la valutazione paritaria e permanente dei docenti, della didattica e della ricerca. Paradossalmente però, occorrerà vigilare affinché questa vicenda non riporti l’orologio indietro ma contribuisca al rinnovamento nel segno della trasparenza e del merito.
Al di là del tremendo danno di immagine, il pericolo che fronteggia oggi il nostro Ateneo – per l’ennesima volta decapitato nei suoi vertici politici – è che la sua attività venga rallentata, i concorsi bloccati, le discipline non erogate.
Le vittime prime e ultime di tutto questo non saranno solo le persone indagate, e tra loro anche colleghi della cui correttezza siamo convinti, che ci auguriamo e riteniamo verranno sollevati da accuse i cui contorni lasciano molto perplessi, annegate come sono nell’ipotesi dell’associazione criminale.
Le vittime prime e ultime non saranno i docenti già incardinati, che continueranno a fare il loro lavoro: bene chi già lo svolgeva bene e male chi già lo svolgeva male.
Le vittime di tutto questo non saranno i soggetti più discutibili e oscuri che da troppi anni condizionano l’Università di Catania.
Le vittime di tutto questo saranno gli studenti siciliani e catanesi, le loro lauree, i dottorati, la ricerca, le loro speranze di futuro e benessere.

Speriamo che nei prossimi giorni il quadro appaia più definito e concreto. E speriamo che la magistratura giudicante possa celermente accertare la validità o meno dell’intero impianto probatorio annunciato. In ogni caso, qualunque cosa accada, noi proseguiremo nel nostro lavoro con il rigore e la competenza di cui siamo capaci, ancor più motivati a bene operare e convinti delle moltissime professionalità di cui l’Ateneo è forte e da cui oggi deve ripartire. Ma anche con l’orgoglio di appartenere alla nostra Università. Un’Università che vanta eccellenze scientifiche, didattiche e culturali e che non elegge certamente i Rettori con i “pizzini”(come qualcuno, con sboccata analogia, afferma).
Una Università che è giusto criticare per ciò che non funziona (e noi lo facciamo, da anni, richiamando spesso inascoltati le esigenze di un’etica pubblica nuova e avanzata); ma anche difendere come istituzione da accuse generiche e generalizzate.
L’Università di Catania è un bene comune, un grande e insostituibile valore pubblico del nostro territorio. Invitiamo per questo la città e la sua opinione pubblica a vigilare affinché non si alzi un polverone in cui buoni e cattivi, vittime ed “eroi”, vengono tragicamente confusi. Non sarebbe la prima volta a Catania; e lo sappiamo tutti molto bene.

Proprio per questo auspichiamo che il Ministero dell’Università – che di certo dovrà intervenire – invii un’ispezione che possa fare piena luce sugli ultimi e travagliati dieci anni della vita dell’Ateneo di Catania e sugli attori che hanno realmente e drammaticamente condizionato il suo operato, tramando con i partiti – che abbiamo sempre detto dover rimanere esterni alle vicende universitarie – e sottraendosi così a precise responsabilità per colpire chi ne aveva evidenziato le trame.
Chi ha sinceramente a cuore l’esistenza e la funzione di questo Ateneo e l’opera che esso svolge nel suo territorio non può che chiedere con forza che emerga veramente tutto. Solo così l’Università di Catania potrà ripartire, svincolata dalle tare del passato e forte del suo patrimonio di comunità fatta di donne e uomini liberi.

Catania, 1 luglio 2019 

CUDA

(Coordinamento Unico dell’Ateneo di Catania per un’Università pubblica, libera, aperta e democratica)

Resistenza

La dimensione pubblica va dissolvendosi nella supremazia della finanza sulla politica; una trasformazione che è cifra, senso e spiegazione profonda di quanto sta accadendo nel XXI secolo.
Ne discuteremo al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Catania venerdì 10 maggio 2019, alle 16,00 in un incontro dal titolo Elementi di resistenza. Io parlerò delle ragioni e dei modi per Resistere all’ultraliberismo.

 

Omero

Teatro Musco – Catania
Iliade
da Omero
Progetto, regia e interpretazione di Corrado d’Elia

Sulla scena del Teatro Musco abbiamo ascoltato Omero, il suo canto tradotto nella prosodia contemporanea, le urla dei guerrieri, il pianto e la notte. Il ritmo ripetuto e potente dell’Iliade è diventato voce, musica, percussione e slancio nel corpo di Corrado d’Elia.
Agamennone è sprezzante verso Achille perché, se questi è l’eroe, Agamennone è il sovrano. La risposta di Achille è colma di risentimento e di odio. Per i Greci la guerra volge verso l’oscuro, la distruzione e la catastrofe. Neppure il discorso suadente e razionale di Odisseo riesce a smuovere la determinazione di Achille a vedere puniti gli Achei. Sino a quando però l’amicizia perde i troiani, li perde l’amore di Achille per Patroclo, li perde l’urlo straziato alla notizia della sua morte, li perde Ἀνάγκη che aveva deciso da sempre, li perde la forza divina di Achille, il solo a poter colpire l’invincibile Ettore, li perde la stoltezza che fa entrare il cavallo tra le mura che nessun esercito per decreto di Apollo avrebbe mai potuto atterrare. L’urlo di Achille si placa soltanto al gesto di Priamo che non si vergogna di baciare la mano che gli ha spento il figlio pur di riavere il corpo di Ettore ancora da onorare.
Questi i momenti che d’Elia ha scelto di raccontare al modo degli aedi elleni, con la sua voce inframmezzata da ritmi musicali tribali e ossessivi, antichi. A ogni svolta decisiva del racconto il flusso delle parole si ferma, si sofferma e si installa in una parola soltanto, che emerge come uno scoglio nel mare impetuoso: male. «Questo è male». Male è il dolore d’esistere, che sia la passione per Briseide, il pianto senza luce di Achille, la furia verso il corpo ormai morto di Ettore.
Narrare senza sentimentalismi, compassioni e salvezze questo gorgo dell’umana esistenza è la gloria dei Greci. Nell’Iliade non c’è neppure un briciolo della decadenza nazarena e coranica. Per questo l’esistenza che vi si narra è epica, per questo il suo canto è così vero e d’Elia lo ha concluso ricordando quanto miserabili siano le stirpi degli umani «che simili a foglie una volta si mostrano / pieni di forza, quando mangiano il frutto dei campi, / altra volta cadono privi di vita» (XXI, 464-466).
Sino a quando cadrà l’ultima foglia, il canto di Omero sarà ancora un’eco di questo destino, sarà la sua luce.

«La gloire du soleil sur la mer violette»

Gli impressionisti a Catania
Catania – Palazzo Platamone
A cura di Vincenzo Sanfo
Sino al 21 aprile 2019

ἡ ψυχὴ τὰ ὄντα πώς ἐστι πάντα. Così Aristotele nel Περὶ ψυχῆς (libro III; 431b, 20): la mente è in qualche modo tutte le cose. Con la pittura impressionista la mente diventa infatti paesaggi, acque, fiori, crepuscoli, soli, cattedrali, città, umani. Ogni cosa viene filtrata dal tremolio degli istanti, dalla luce dei tramonti, dal riverbero dell’indagine, dalla ποίησις che trasforma i pensieri in enti, i sentimenti in colori, le impressioni in sostanza. L’impressionismo francese è anche la risposta della pittura all’invenzione della fotografia, la quale rese superfluo ogni realismo rappresentativo e indirizzò l’agire artistico verso lo sguardo e non più verso le cose.
La mostra in corso nel bel Palazzo Platamone di Catania si presenta enfaticamente come «la più completa possibile» sugli impressionisti. Così non è. E non perché non siano davvero numerosi gli artisti dei quali almeno un’opera è in mostra ma perché essa è costituita da incisioni, acqueforti, pastelli, piccole sculture. Pochissimi sono gli oli e tra questi Les Nymphéas che Monet dipinse in un mattino del 1905 e la splendida Seine a Suresnes di Alfred Sisley (qui sopra). La prima è uno sguardo già informale sul mondo. La seconda celebra le nozze tra la luce e la geometria.
La mostra si chiude sul Ritratto di Baudelaire che Manet dipinse nel 1863. Baudelaire il quale descrisse il mondo allo stesso modo degli impressionisti ma lo seppe fare con le parole. Parole come queste:
«La gloire du soleil sur la mer violette,
La gloire des cités dans le soleil couchant»
(Les Fleurs du Mal, «Le Voyage», strofa V)
“La gloria del sole sul mare color viola, / La gloria delle città nel sole che declina”.
La gloria della mente che sa guardare il riflesso della luce nello spazio. Anche questo è l’impressionismo.

Nota tecnica.
Sul sito della mostra si trova un’applicazione che permette di ascoltare sul proprio cellulare informazioni su alcune delle principali opere in mostra, esattamente su 35 di esse (su un totale di circa 190). Un’idea davvero buona. Peccato però che la voce che legge sia quella di un software anglofono, che deforma sistematicamente le parole e gli accenti sia francesi sia italiani, con effetti comici e penosi. Non si poteva spendere qualche euro per far leggere i testi a una persona vera? Non necessariamente una grande attrice, sarebbe bastata una persona viva.

Lezioni 2019

Lunedì 4 marzo avranno inizio le lezioni dei tre corsi che svolgerò nel 2019 nel Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania.
Riassumo qui i titoli dei corsi, l’articolazione dei programmi, i libri e i saggi che analizzeremo, gli orari delle lezioni. I link ad alcuni dei titoli aprono i pdf o la versione digitale di cinque dei testi in programma; altri link rinviano a brevi presentazioni o ad analisi utili a una loro prima comprensione.

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Filosofia teoretica
Metafisica
Corso triennale in Filosofia / aula A7 / lunedì 10-12; mercoledì e venerdì 12-14

Alberto Giovanni Biuso, La Metafisica si dice in molti modi (pdf), in «Rassegna storiografica decennale», vol. I, Limina Mentis 2018, pp. 177-183
Alessandra Penna, La costituzione temporale nella fenomenologia husserliana 1917/18 – 1929-34 (pdf), Il Mulino 2007 (Introduzione; cap. I, §§  1, 3, 4; cap. IV, §§ 1, 2)
Edmund Husserl, Esperienza e giudizio (pdf), Bompiani 2007 (§§ 36, 38, 39, 42, 64 e Appendice I)
Martin Heidegger, Introduzione alla metafisica, Mursia 1979
Alberto Giovanni Biuso, Temporalità e Differenza, Olschki 2013
Alberto Giovanni Biuso, Heidegger e Sofocle: una metafisica dell’apparenza (pdf), in «Engramma», n. 150, ottobre 2017, pp. 154-161

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Filosofia della mente
Tempo della mente e Tempo del mondo
Corso magistrale in Scienze filosofiche / aula A12 / lunedì 12-14; mercoledì e venerdì 10-12

Martin Heidegger, Il concetto di tempo, Adelphi 1998
Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, Adelphi 2017, capitoli dall’1 all’8 e 12-13
Lee Smolin, La rinascita del tempo. Dalla crisi della fisica al futuro dell’universo, Einaudi 2014
Arnaldo Benini, Neurobiologia del tempo, Raffaello Cortina 2017
Alberto Giovanni Biuso, Aiòn. Teoria generale del tempo, Villaggio Maori Edizioni 2016

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Sociologia della cultura
Dismisura
Corso triennale in Filosofia / aula A9 / martedì 12-14; giovedì 10-12

Rocco De Biasi, Che cos’è la Sociologia della cultura, Carocci 2008
Olivier Rey, Dismisura. La marcia infernale del progresso, Controcorrente 2016
Giuseppe Frazzetto, Artista sovrano. L’arte contemporanea come festa e mobilitazione, Fausto Lupetti Editore 2017
Alberto Giovanni Biuso, «Anarchismo e antropologia. Per una politica materialistica del limite» (pdf), in La pratica della libertà e i suoi limiti – Libertaria 2015, pp. 102-125

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