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Il Sindaco di Catania

Raffaele Stancanelli è l’attuale sindaco di Catania, oltre che senatore (due cariche incompatibili tra di loro). Proviene dalle fila del MSI, AN e ora PdL. Nel febbraio del 2006 era assessore della Regione Sicilia e si arrogò una funzione che non gli spettava, quella «di designare i componenti le commissioni giudicatrici per i Centri Diurni Anziani di Catania e Misterbianco, Centro Diurno Diversabili, e Centro Diurno Minori, e per la gara telesoccorso del Distretto 162» (Ordinanza di imputazione coatta da parte del GIP del Tribunale di Catania, p. 3). Chi l’assessore-sindaco-senatore fece nominare per la scelta dei migliori servizi nell’ambito socio-sanitario? Un impiegato bancario, un ex dipendente Fiat e imprenditore pubblicitario, un impiegato postale, un funzionario presso il Genio Civile, un dipendente di un istituto magistrale, un impiegato tecnico di un istituto scolastico, un militare in pensione. «È fin troppo ovvio che una commissione composta da geometri e bancari difficilmente avrebbe potuto perseguire l’interesse pubblico alla selezione dei migliori servizi socio-sanitari» (Ordinanza, cit., p. 7). Il criterio di scelta consistette nell’amicizia di partito e personale, che fruttò a quei soggetti e ad altri implicati nell’ “affare” una somma complessiva di  342.363,86 euro.

Tutto questo è grave e fuorilegge ma la domanda centrale riguarda un altro aspetto della vicenda: a chi Stancanelli sottrasse tutto questo danaro? Ai «fondi destinati all’erogazione dei servizi sociali e, dunque, vincolati», fatto che comportò «una effettiva perdita di denaro pubblico, destinato e vincolato a fini sociali, e di relativo indebito arricchimento e appropriazione da parte degli indagati (i quali non avevano titolo a riscuotere i compensi)» (Ordinanza, cit., p. 11).
Come bisognerebbe punire chi ruba ai disabili, al pronto soccorso, agli anziani? Eppure il sindaco-senatore stava per essere prosciolto dal Pubblico Ministero di Catania, sino a che il Gip non ha preso invece la decisione opposta. Il Giudice per le Indagini Preliminari che ha imposto al PM di richiedere il rinvio a giudizio di questo potente si chiama Giuliana Sammartino ed è mia cognata, della cui amicizia sono quindi onorato prima di tutto come cittadino. E come cittadino va a Giuliana il mio pubblico “grazie”.

Chi vuole, può leggere l’intera Ordinanza di 16 pagine; le evidenziazioni in giallo e in blu sono mie.

 

l’Arte c’è quando “malgrado” si ride

l’Arte c’è quando “malgrado” si ride. Opere dal 1950 al 2011
Catania – Sala Vaccarini ed ex cucine del Monastero dei Benedettini
A cura di Daniela Vasta
Sino al 31 maggio 2011

Il titolo -certo inconsueto- di questa mostra fa riferimento alle parole di Joseph Beuys, a una sua opera. Beuys, Fontana, Isgrò, Sironi, Vedova, Accardi, Capogrossi sono solo alcuni dei numerosi artisti le cui opere Filippo Pappalardo e Anna Pia Desi hanno raccolto negli anni con intelligenza e lungimiranza e che adesso espongono in due degli spazi più belli dell’ex Monastero dei Benedettini di Catania.
Le opere sono divise in sei sezioni i cui titoli rappresentano già da soli un percorso critico nell’arte della seconda metà del Novecento e del primo decennio del XXI secolo. SegnoGestoMateria anzitutto. Perché l’arte contemporanea è libera dai significati e fa del significante la propria stessa sostanza. Il nero denso e  fluttuante di Hans Hartung, la perfezione classica del Cellotex (1980) di Alberto Burri, il paradossale e sfuggente realismo di Emilio Scanavino e del suo Alfabeto senza fine N. 1, esprimono assai bene l’identità e la differenza della pura forma.
Tra le Alleg(o)ria la più rappresentativa è forse una Testa di generale di Enrico Baj, dove la denuncia, l’ironia, l’oltrepassamento della separazione tra plastica e pittura conducono davvero a sorridere e a pensare sorridendo. Le opere di Still life reinterpretano e rinnovano uno dei più antichi temi dell’arte; esemplare, in questo, l’opera di Felice Carena. Tra i Paesaggi il più denso è la costruzione fantastica ma anche inquietante nella sua plausibilità dell’Agglomerato n. 3, nel quale Giacomo Costa ha fuso varie immagini di grattacieli e palazzi. I Corpi rivelati mostrano tutti lo statuto ambiguo e aperto della corporeità nella società del presente. Ai poli opposti di questa tensione corporea si collocano una famosa modella nera fotografata tra la frutta esotica da David La Chapelle e l’autoritratto di Marina Abramovic (Balcan Baroc II) mentre spazzola ossa sanguinolente di bue.
I Percorsi e ricorsi, infine, testimoniano del fatto che l’arte non muore, mai. Anche quando, come fa con elegante e intensa semplicità Giulio Paolini in Ennesima, i segni vergati su un foglio di carta bianco si dividono, suddividono, dissolvono sino a farsi superficie nera. Perché quella superficie conserva in sé la memoria di tutti i colori, di tutte le forme.
Una collezione privata, questa, dal respiro davvero assai ampio.

Il Mediterraneo a Catania

Enrico Benaglia. Splendore Mediterraneo
Catania – Camera di Commercio
A cura di Alida Maria Sessa
Sino al 13 febbraio 2011

È come una sintesi lieve, giocosa, infantile ed erotica della pittura mediterranea. Di questo mare che entra nelle case, di donne sedute tra gli ulivi in attesa dell’uomo che le sta per sposare, di figure che corrono nell’aria turchese con abiti e capelli al vento, di venditori sulle spiagge, di “cacciatori di stelle” che penetrano in foreste simili a quelle del Doganiere Rousseau o di Ligabue, di orizzonti sereni e infuocati di Sole. Figure umane come origami che si dispiegano in uno spazio non euclideo ma fatto di memoria, la memoria di quando eravamo bambini e tra fuochi d’artificio, antichi palazzi e bancarelle colme di giocattoli accadeva il sogno dell’infanzia.

Enrico Benaglia è romano ma è riuscito a restituire la Sicilia in ciò che essa ha di profumato e lucente. La sua pittura è figurativa e però per nulla ingenua, nutrita com’è della sedimentata esperienza del cubismo, del realismo magico di Antonio Donghi, di Chagall. Espressioni e forme alle quali questo artista regala qualcosa di raro: la felicità. Una gioia d’esserci che trasforma le brutture dell’Isola in una metafora di universale bellezza.

Catania dadaista

È una di quelle notizie che possono arrivare solamente da questa terra luminosa e perduta, da quest’Isola che probabilmente non esiste se non come sogno di qualche dio impazzito o ubriaco oppure agonizzante nel ricordo di trascorse glorie. A «Catania la guida turistica è un muto» recita un titolo del quotidiano locale.

Magnifico, fantasioso, malinconico e impensabile evento. Musei, città, istituzioni di tutto il mondo “ce la ponno sucare”, come si dice in questo luogo dadaista, sempre uguale e ogni volta assolutamente imprevedibile. Soltanto dal cuore lavico di Catania, un cuore mobile e però pietrificato e spento, possono sorgere dei sordi impiegati nei centralini telefonici, dei ciechi pagati per osservar le stelle, degli analfabeti alla guida di tutte le possibili accademie, dei servi al potere.

Il male

Nel 2006 concludevo un articolo dal titolo L’amore debole di Benedetto XVI accennando alla sodomizzazione ecclesiastica dei bambini. Le notizie che ormai provengono da tutto il mondo confermano le responsabilità di Joseph Ratzinger sull’infamia dello stupro di bambini e ragazzi da parte di preti costretti a vivere contro natura.

Contravvenendo a tutte le norme (la cosiddetta e grottesca par condicio), il malnato imperversa in televisione invitando a votare per i suoi complici. Aveva ragione Solone a pensare che le leggi sono come tele del ragno: catturano i piccoli insetti mentre i grossi le rompono. Anche per questo l’anarchismo ha ragione.

A proposito di anarchici, puntualissimi sono arrivati degli “attentati” commissionati assai probabilmente da esponenti dell’attuale governo e attribuiti per l’ennesima volta ai libertari. Vecchissima strategia -il cui trionfo si ebbe con l’incendio del Reichstag nel 1933- messa in atto per racimolare altri voti da parte del Pdl, Partito dei Ladri, alle elezioni di domani. Si spera che funzioni sempre il bau bau contro gli anarchici.

A Catania stamattina ho visto l’automobilista davanti a me gettare a più riprese fuori dal finestrino delle carte e altri rifiuti. Chi utilizza lo spazio pubblico come una pattumiera sottoscrive in tal modo il proprio essere spazzatura. Questo sono moltissimi catanesi, siciliani, italiani: dei rifiuti.

«Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: “Sterminerò dalla terra l’uomo che ho creato: con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d’averli fatti”». (Genesi, 6, 5-7). È uno dei pochi brani accettabili di un libro immorale. Certo che doveva pentirsi, visto ciò che aveva combinato questo funesto demiurgo. Peccato che poi ci abbia ripensato.

Pre-visioni

Catania – Palazzo Valle
Fondazione Puglisi Cosentino
Sino al 28 febbraio 2010

Palazzo Valle ha aperto un nuovo spazio espositivo al primo piano dell’edificio. A inaugurarlo è una mostra di artisti studenti delle Accademie di Belle Arti di Catania e Palermo.
Angelo Spina ambienta l’Apocatastasi in una scuola abbandonata. Valentina Cirami in Step distende una cassetta della frutta trasformandola da volume a superficie. Inevitabili ma fecondi i debiti con grandi modelli del Novecento. Come queli di Andrea Mangione con Bacon, di Giovanni Sortino con David Schnell (intenso davvero lo spazio grandangolare della sua stanza, deformata ma lieve), di Guè Marco Mangione con Liechtenstein. Una delle installazioni video -quella di Giuseppe Buzzotta- si intitola Luci/stelle del carcere disperse in questo mondo e altri infiniti e vi si può ascoltare una parte della deposizione di Giordano Bruno davanti al Tribunale che lo avrebbe condannato a morte. Pulsa nelle parole del filosofo e nelle immagini dell’artista la stessa meraviglia per una misura che non possiamo cogliere ma soltanto sperare di intuire, almeno qualche volta. E l’arte serve anche a questo. A riempire di grandezza la visione.

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