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Essenze

Paolo Monti. Fotografie 1935-1982
Milano – Castello Sforzesco
Cortile delle Armi, Sale dell’Antico Ospedale Spagnolo
A cura di Pierangelo Cavanna e Silvia Paoli
Sino al 12 marzo 2017

I luoghi, i tagli, non l’oggetto ma la sua interpretazione. Il mondo si dirada nella mente e dà vita a una solitudine colma di pienezza. Lo sguardo si purifica e la fotografia diventa quindi pittura, come in Bologna, studio di Giorgio Morandi e nei Manifesti strappati, simili a quelli di Mimmo Rotella. I Nudi sfumano nell’astrazione. Gli abiti della serie Moda possiedono invece la nettezza della forma. Dalla serie dei Tronchi e degli alberi si leva l’angoscia della combustione, della distruzione. I Chimigrammi sono come fossili, come liquidi, pura materia astratta. Le città sono deserte, silenziose, metafisiche. Di Milano lo affascina in particolare il Grattacielo Pirelli e il suo stridente dialogo con il contesto urbanistico nel quale sorse. Ovunque i Musei,  i loro oggetti, il loro spazio, diventano essi stessi opera. Della Pietà Rondanini di Michelangelo, della Fontana di Trevi, delle Cappelle Medicee di Firenze, di Ponte Sant’Angelo l’artista coglie e fotografa le Monti_Procidaombre. Ovunque domina il chiaroscuro. Procida (qui accanto), le sue case di pescatori, le sue discese al porto, costituiscono una sintesi del profondo talento di questo fotografo, della sua capacità fuori dal comune di vedere l’essenza degli enti e dei luoghi, riproducendola per immagini.
«Tutto il mondo visibile mi attrae, quasi senza alcuna gerarchia di valori […] per tentare di scoprire, delle molte cose viste, un aspetto nuovo ed essenziale, quasi un segreto», scrisse Paolo Monti. E aggiunse: «Fotografare vuol dire creare delle immagini che staccate dalla realtà dalla quale trassero origine mostrino nel breve spazio della loro superficie una realtà nuova, conclusa nei limiti dell’inquadratura».
Emblematica è Le astrazioni involontarie (1950), che potete vedere in alto: un’immagine semplicissima ma capace di penetrare l’essenza della materiaspazio. Nell’opera di Monti si fa chiaro il segreto platonico della fotografia, il suo esistere per le essenze, per l’εἶδος.

Dentro il Castello

Luca Beltrami. Storia, arte e architettura a Milano
Castello Sforzesco – Milano
Sino al 29 giugno 2014

mostrabeltrami3Il Castello Sforzesco è un’icona di Milano. In ottime condizioni, con grandi cortili dove si svolgono numerose manifestazioni, con sale e sotterranei che ospitano mostre temporanee e dove soprattutto hanno sede le raccolte d’arte e archeologia tra le più preziose della capitale lombarda. Eppure alla fine dell’Ottocento mancò poco che venisse raso al suolo. Era stato, infatti, luogo di prigionia e di sofferenza per quanti si opponevano al dominio straniero sulla città. Era stato anche luogo di residenza per gli eserciti nemici. Dopo l’Unità la convergenza di questa pessima fama e delle mire speculative spingeva molti a volerne la distruzione. Per fortuna ci furono artisti, intellettuali e politici (sì, allora persino politici) che seppero guardare più lontano e che ne chiesero invece la salvezza e il restauro.
Il principale protagonista della salvaguardia e ricostruzione del Castello, e di molti altri luoghi della Milano borghese di fine Ottocento e inizi Novecento, fu Luca Beltrami (1854-1933). Architetto, incisore, storico dell’arte, Beltrami ha lasciato sulla sua città un segno che tuttora è quello dominante. Piazza della Scala, il Palazzo della Permanente, la Sinagoga, la sede del Corriere della Sera, costituiscono le sue principali realizzazioni. Aveva anche pensato a una diversa facciata del Duomo ma questo progetto non venne realizzato.
E poi il Castello, appunto. Qui Beltrami esprime al meglio il suo profondo rispetto per la stratificazione storica, la sua puntuale preparazione documentaria, l’equilibrio tra quanto fu da cancellare, ciò che andava preservato/trasformato e le parti nuove. Di aspetto quattrocentesco, la sagoma e il corpo del Castello familiarissimo ai milanesi sono in realtà ottocenteschi e si devono a questo architetto.
Castello_Sforzesco_MilanoÈ dunque un giusto omaggio quello che il Castello ora gli dedica. Si possono così consultare i progetti, vedere le immagini che testimoniano del prima e del poi dell’edificio, seguire l’avanzare dei lavori, godere del risultato non semplicemente guardando e leggendo ma standoci proprio dentro. L’ultima parte della mostra ha sede nella Sala del Tesoro prospiciente la Rocchetta -un austero e bellissimo cortile- e contiene le opere rinascimentali salvate e valorizzate da Beltrami.
Questa città che non si ferma mai, che trasforma continuamente se stessa e il proprio paesaggio urbano, ha trovato in Beltrami un architetto non soltanto competente e corretto ma anche davvero innamorato di Milano.

 

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