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«Decaduto dall’incarico»

«Silvio Berlusconi è stato condannato a 4 anni di reclusione. Ai sensi del Decreto Legislativo 235 del 2012, art. 1 e 3, è ora incandidabile. Nel caso di “incandidabilità sopravvenuta”, la legge prevede che il Senato debba deliberare di conseguenza. Oggi stesso chiederemo al Presidente della Giunta per le Elezioni di convocarla il prossimo lunedì, e di prendere atto delle implicazioni della decadenza dall’incarico di senatore di Silvio Berlusconi. La stessa Corte di Cassazione ha ritenuto che le condanne per reati ostativi configurino uno “status di inidoneità funzionale assoluta e non rimovibile”, volto a tutelare “il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, l’ordine e la sicurezza, la libera determinazione degli organi elettivi”. Chiederemo contemporaneamente al Presidente del Senato che l’aula deliberi immediatamente per la sua decadenza, anche in considerazione del fatto che ogni futura deliberazione del Senato potrebbe essere illegittima. La legge è chiara e non dà adito ad interpretazioni. Non è nella disponibilità del Senato esercitare una scelta politica su una decisione che è già vincolata dalla legge. Appare del tutto irragionevole che il Senato possa maturare scelte difformi. Non ci sono più scuse. Riteniamo sia necessario restituire al Parlamento la dignità che merita». Vito Crimi
Fonte: Il crollo di un regime

Così parla un movimento politico democratico, ligio alla Costituzione repubblicana, rispettoso del Parlamento e convinto di un’ovvietà: che la legge debba essere uguale per tutti. Il dramma dell’Italia è che tale ovvietà risulta essere sempre più una stranezza. Vent’anni fa bastava un semplice avviso di garanzia per segnare il tramonto di una carriera politica. Dopo il lunghissimo e non concluso regime berlusconiano accade che non basti neppure una condanna definitiva in Cassazione. «Non fossimo in Italia ci sarebbe da ridere. In altri Paesi un neo-pregiudicato che pretende di stabilire le nuove regole con cui amministrare la giustizia, non finisce agli arresti domiciliari o ai lavori socialmente utili. Viene portato direttamente in manicomio» (Peter Gomez, Il Fatto Quotidiano, 2 agosto 2013)
Le radici di tale protervia della corruzione e della delinquenza sono ben descritte in una pagina nella quale Franca Rame racconta la sua esperienza di senatrice: Berlusconi, Mastella e il triplo salto mortale alla Strapagnàn. Anche dalle sue parole si comprende che il problema non è in primo luogo il pregiudicato Berlusconi Silvio e neppure lo sono i suoi complici. Il problema sono coloro che avrebbero dovuto -in sede sia istituzionale sia politica- opporsi ai suoi crimini. Il problema è il Partito Democratico. Gli escrementi non possono che puzzare, com’è nella loro natura. La responsabilità è di chi dovrebbe rimuoverli e non lo fa. Anzi, vi affonda compiaciuto le mani. Per quali motivi?

 

Disgusto

Prima hanno preteso tre giorni di blocco, poi due, infine si sono accontentati di un pomeriggio. Ma ciò che importa è il gesto simbolico, fosse anche di un’ora soltanto. Ciò che conta è interrompere  i lavori del parlamento perché lo chiede un deputato insieme al suo partito. E lo chiede per protestare non contro una sentenza ma contro il fatto che la Cassazione voglia e debba -per legge- arrivare a una sentenza. Un’enormità costituzionale e logica che segna il punto più basso di questo infinito precipitare al quale è ridotta la vita politica italiana. Il punto più basso di una collettività in mano al padrone delle televisioni, all’amico dei mafiosi, al priapo della Brianza.
Costui è evidentemente anche il vero padrone del Partito Democratico, al quale impone e detta le sue condizioni come se i deputati e i dirigenti di quel fantasma di partito fossero degli alfano qualsiasi. E i militanti, gli iscritti, gli elettori del PD non hanno nulla da dire? Lo voteranno di nuovo? Vergognatevi, amici, se farete ancora una cosa simile. Perché vorrà dire che siete anche voi, soprattutto voi, i sostenitori dell’entità malefica e nauseabonda che domina l’Italia da vent’anni con l’attiva complicità dei violante, d’alema, veltroni, napolitano.
Micromega continua a lanciare appelli alla giunta del senato -che dovrebbe riunirsi domani- affinché dichiari ineleggibile Silvio Berlusconi in base alle leggi della Repubblica. Ma non c’è Repubblica, non c’è legge. C’è solamente l’interesse di un soggetto che se anche fosse soltanto il proprietario di Mediaset sarebbe un’entità putrescente, finta, volgare e inguardabile, «d’un viscidume crasso e melenso» (Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Garzanti 1994, p. 118).

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