Dario Sammartino mi ha segnalato questo breve articolo de La voce, a firma di Marco Onado, dedicato alla vicenda Parmalat:
«Nei caldi anni Settanta qualcuno aveva scritto sui muri di Mirafiori: “passo qui dentro otto ore al giorno e pretendete anche che lavori?” Oggi gli imprenditori italiani, di fronte alla scalata francese su Parmalat dovrebbero dire: “mi spacco la schiena a fare affari e volete che ci metta anche dei soldi?” Li vediamo oggi su tutti i giornali rilasciare, con facce compunte, dichiarazioni pensose che alternano l’indignazione per la prepotenza straniera al dolore per “filiera alimentare” la cui italianità viene violata, forse per sempre. E via elencando in un’orgia di luoghi comuni per piangere, è il caso di dire, sul latte versato.
Ma dove erano questi baldi capitani d’industria, i loro banchieri e i loro referenti politici quando Tanzi affossava la società con acquisizioni spericolate usando solo i soldi dei risparmiatori e mettendosi in tasca 2,3 miliardi di euro? “Distrazioni” le chiamano pudicamente i rapporti ufficiali, perché è noto che Calisto, ormai avanti con gli anni, si metteva in tasca i soldi di tutti solo perché dimenticava di prendere le pillole per la memoria.
E dove erano i nostri baldi imprenditori quando Bondi risanava la società, ne faceva più che raddoppiare il valore in borsa e riempiva le casse aziendali di liquidità anziché impiegarla in pinacoteche clandestine? Perché non hanno mostrato nessun interesse per il “gioiellino”? Semplice: perché avrebbero dovuto tirare fuori i soldi. Ma scherziamo? Non sono queste le regole del gioco del capitalismo italiano.
E adesso gli imprenditori italiani devono pure mostrare di essere sensibili all’appello del Governo, ma per carità, purché “in cordata” perché bisogna sempre replicare i vizi del nostro sistema imprenditoriale: tutti insieme, in una ragnatela di scambi di favori, sostegni e ammiccamenti, in cui alla fine gli interessi veri delle aziende finiscono dietro quelli dei baldi alpinisti. Coprirsi, innanzitutto: questa è la parola d’ordine. Se si formerà, i componenti della cordata italiana si presenteranno intabarrati come Totò e Peppino alla Stazione centrale di Milano. E grazie ai tre mesi di tempo generosamente concessi dal Governo potranno mandare a memoria la battuta da dire a muso duro ai francesi: “Noio volevàn savuàr…“».
I “grandi imprenditori” italiani sono quasi tutti fatti così: degli statalisti vigliacchi -sempre pronti a investire con il danaro pubblico- che si travestono da liberisti e capitalisti. Perché la Germania non ci invade?