Pochi eventi sono più patetici delle lacrime a comando, della commozione indotta dai grandi media. Si piange sui morti, ci si emoziona sul tragico destino di uomini, donne, bambini. Si ascoltano senza reagire, o persino approvandoli, i discorsi dei decisori politici che con le loro azioni, leggi, provvedimenti hanno contribuito a produrre quei morti e quelle tragedie ma che affermano compunti, convinti e indignati: «Mai più!». Poi si ritorna alle proprie faccende, confortati dall’essersi mostrati a se stessi persone sensibili, solidali e -aggettivo che non guasta mai- «democratiche».
Pochi che si chiedano “perché?”. Perché milioni di esseri umani di qualunque età e condizione lascino la terra in cui sono nati, le tradizioni, gli affetti, i familiari. E lo facciano sottoponendosi a spese, illegalità, rischi mortali. Perché? Perché lo fanno?
Le ragioni principali sono due: la miseria e la guerra.
La miseria creata dalle guerre, la guerra generata anche dalla miseria. Ma perché c’è una tale miseria? La ragione principale la espose con chiarezza George Bush jr. quando affermò che «il tenore di vita degli americani non è negoziabile». Gli altri popoli possono anche morire di fame e di stenti ma il tenore di vita degli statunitensi deve rimanere alto e anzi crescere, anche a costo della distruzione ambientale del pianeta. I governanti europei aderiscono alla stessa visione del mondo di Bush (e del suo successore, naturalmente), vale a dire credono che il capitalismo ultraliberista che sta conducendo i popoli alla miseria sia un dato naturale, «non negoziabile». E lo credono e lo ribadiscono anche i governanti italiani, Napolitano e Letta in primis. È quindi del tutto strumentale e finta la richiesta rivolta «all’Europa» di intervenire. “Intervenire” su che cosa? Sui meccanismi finanziari internazionali che producono immensa miseria per molti e immensa ricchezza per pochi? Intervenire sulle decisioni di organismi di diritto privato e da nessuno eletti -come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea, le agenzie di rating- ma che sono diventati i veri padroni dei governi politici, i quali sono ormai dei governi fantoccio? Intervenire sul modo di produzione capitalistico e sulla globalizzazione economico-finanziaria, vere cause della miseria che provoca i morti nelle acque del Mediterraneo?
La guerra infesta molte aree del mondo, tre le quali l’Iraq, la Siria, il Corno d’Africa. Pochi si chiedono chi produca e venda le armi con le quali gli africani si massacrano reciprocamente. Uno dei maggiori centri di produzione è costituito dalle fabbriche in provincia di Brescia. Uno dei maggiori esportatori -legali- è il governo italiano, con alcuni dei suoi ministeri a sostegno delle molte aziende italiane del settore. Se le guerre cessassero, o anche solo diminuissero, le fabbriche europee e italiane di armi rischierebbero di chiudere moltiplicando il numero dei disoccupati. Qual è la posizione dei partiti al governo, dei partiti all’opposizione, dei sindacati, su questa prospettiva? Meglio gli eritrei, i sudanesi, i libici in pace e le fabbriche italiane chiuse o meglio i morti e le fabbriche di armi aperte?
Sino a che decisori politici, mezzi di comunicazione, sindacati e partiti non si porranno queste domande, sino a che non agiranno di conseguenza, ogni lacrima, ogni discorso, ogni slogan, ogni decisione parlamentare saranno espressione della doppiezza, dell’ipocrisia e del cinismo.
Quello stesso cinismo che fa spargere fiumi di retorica sui morti e nello stesso tempo inquisisce i sopravvissuti. Quello stesso cinismo che induce il prefetto di Agrigento a inviare una nave per trasferire le bare da Lampedusa senza neppure avvertire i parenti, che stamattina hanno pianto anche perché non hanno più trovato i resti dei loro cari.
La commozione è soltanto l’altra faccia della ferocia.