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Ça va?

Hemingway
di Paolo Conte
Appunti di viaggio (1982)

[audio: https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2018/11/Conte_Hemingway.mp3]

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Et alors, Monsieur Hemingway, ça va?
Era persona dura e anche per questo alla lunga le donne non lo tolleravano. Ma non molto gliene importava. E ripeteva impettito e imperterrito a se stesso «conduco le persone a un’altezza tale da far venir loro le vertigini, più non reggono e tornano là da dove le ho tratte». Superbo e sciocco come il secolo. Così si ritrovava solo, poveretto. Ma ora no, ora sentiva tutta la felicità del liberarsi, del librarsi la vita ad altri istanti, del porre una distanza irrimediabile tra sé e i lati di lei che non amava. Che da nulli, all’inizio, o solo in germe, si erano moltiplicati come i pani, cresciuti come alberi fronzuti, come bestie da preda alla riscossa. E avevano divorato il loro amore. Sempre così, sempre così funziona, non lo sai? Bisogna possedere almeno un poco di nobiltà per continuare a rispettare una persona che ti ama molto e che si prostra ai tuoi piedi, al tuo cuore. Lei così nobile non era. E più non rispettava i suoi silenzi. Non rispettava la vigile attenzione, il sorriso l’affetto il desiderio. Ora diceva a se stesso -sempre così sempre così la va-, si diceva che lei neppure era esistita, che l’aveva plasmata dal suo cuore, dal desiderio infinito dell’amore. E quando la statua l’illusione e il triste inganno s’erano dispersi come vento, nulla era rimasto tra le mani ma soltanto la nostalgia di una che mai era stata. E di lui che quel nulla aveva amato. Si ama sempre questo nulla, infine.
Et alors, Monsieur Hemingway, ça va mieux?


[Foto di Cartier-Bresson, La Lune au Bois de Boulogne, particolare]

Bellamore

Bellamore
Francesco De Gregori (1992)

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2018/07/De_Gregori_Bellamore.mp3]

 

Bellamore Bellamore non mi lasciare

Bellamore Bellamore non mi dimenticare. 

Rosa di Primavera, isola in mezzo al mare 

lampada nella sera, Stella Polare. 

Bellamore Bellamore, fatti guardare

nella luna e nel sole fatti guardare. 

Briciola sulla neve, lucciola nel bicchiere 

Bellamore Bellamore, fatti vedere. 

E vieniti a sedere, vieniti a riposare

su questa poltroncina a forma di fiore. 

Questa notte che viene non darà dolore

questa notte passerà, senza farti del male. 

Questa notte passerà, o la faremo passare. 

Bellamore Bellamore, non te ne andare. 

Tu che conosci le lacrime e le sai consolare. 

Bellamore Bellamore non mi lasciare

tu che non credi ai miracoli ma li sai fare. 

Bellamore Bellamore fatti cantare

nella pioggia e nel sole, fatti cantare. 

Paradiso e veleno, zucchero e sale

Bellamore Bellamore, fatti consumare. 

E vieniti a coprire, vieniti a riscaldare

su questa poltroncina a forma di fiore. 

Questo tempo che viene non darà dolore

questo tempo passerà, senza farci del male. 

Questo tempo passerà o lo faremo passare.

 

Milano

Una lode ironica e tenera nei confronti di una città bellissima, dove per me è stato ed è gratificante vivere. «Milano sono contento che ci sei. […] Ti lascio tutti i miei progetti, le mie vendette e la mia età».

Alberto Fortis
Milano e Vincenzo (1978)

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2017/12/Fortis_Milano_e-_Vincenzo.mp3]

L’immagine raffigura il Parco delle Cave, che sta proprio dietro casa, meta delle mie passeggiate in bicicletta 🙂

La casa fra le rose

Dove arriva quel cespuglio
di Mogol-Battisti
da Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera
(1976)

Il futuro degli amanti è la loro immaginazione presente. «La casa fra le rose» è il tempo che sono stati e che sperano di essere ancora. La pienezza dell’adesso dissolve l’inquietudine di ogni sarà. Rimane, inemendabile, «un vago senso di dolore» che scompare nel respiro dei corpi, qui e ora.
Non è soltanto Proust a sapere che l’amore è un riflesso della nostra tenerezza.

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2016/06/Cespuglio.mp3]

Contro la pubblicità

Ma è un canto brasileiro
di Mogol – Lucio Battisti

(Il nostro caro angelo, 1973)

Cantano le sirene, dolci, invitanti, convincenti. Descrivono una donna «mentre sorseggia un’aranciata amara / con l’espressione estasiata / di chi ha raggiunto finalmente / un traguardo nella vita». Quante volte non ci sorprendiamo -cosa che dovremmo ben fare se non fossimo idiotizzati- nell’assistere in televisione a «un imbecille [che] entrando dalla porta / grida un evviva con la bocca aperta». E automobili bellissime e sinuose che sfrecciano tra paesaggi solitari  e incontaminati (traffico, mai), automobili le quali raccontano «che la benzina / quasi quasi quasi purifica l’aria / sarà al mentolo l’ultima scoria». Attori e attrici ai quali basta indossare un camice bianco per convincere all’acquisto di un «dentifricio pure trasparente / dove ti fanno dire che illumina la mente […] / E mentre parli sei una semplice comparsa / vestito da dottore, che brutta farsa! / Ti fanno alimentare l’ignoranza / fingendo di servirsi della scienza!». Tranquille e costanti, le sirene della pubblicità rispondono con la loro melodia: «Ah ma è un canto brasileiro. / Ah ma è un canto brasileiro. / Ah ma è un canto brasileiro».
E tutto questo in un sapiente e originale tessuto musicale che alterna ritmi molteplici, anch’essi sirenici e  ironici. No, queste non sono solo canzonette.

[audio:Battisti_canto_Brasileiro.mp3]

Boogie

di Paolo Conte
(1981)

L’ironica sensualità di questa canzone avvolge e spalanca sino a far vedere i personaggi che ballano e a far sentire i loro profumi. Magnifico il finale del testo: «Era un mondo adulto, / si sbagliava da professionisti…»

[audio:Conte_Boogie.mp3]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bartali

di Paolo Conte
nell’esecuzione di Enzo Jannacci

Una canzone profondamente italiana. Metaforica e allegra, popolare e raffinata.
È stata interpretata da tanti ma la versione di Jannacci le regala un ritmo, un divertimento, uno swing straordinari. Un ritmo epico. Ballate, amici miei, ché la vita è breve e la gioia è un dovere.

[audio:Bartali.mp3]
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