di John Hillcoat
USA, 2009
Con Viggo Mortensen, Kodi Smit-McPhee, Charlize Theron, Robert Duvall, Guy Pearce
Trailer del film
Non si sa che cosa sia accaduto, quando e come. Ma non c’è più vita animale, le foreste sono spoglie, gli alberi rimasti cadono e i terremoti si scatenano. I pochi umani ancora in vita si dividono tra predatori e prede, destinate a essere mangiate dai loro simili. Una ferocia quasi ovvia intesse le esistenze tornate allo stato di natura. Un Padre e un Figlio, entrambi senza nome, spingono il loro carrello da barboni, emblema di ciò che sono stati i consumi e di come ormai consummatum est (Gv., XIX, 30). Nato al momento dell’apocalisse, il figlio rappresenta per il padre lo stesso «Verbo di Dio», una promessa di redenzione che egli cerca in tutti i modi di preservare. La cupa metafora che questo film -e il romanzo di Cormac McCarthy da cui è tratto- rappresenta non può che concludersi col sacrificio da cui scaturisce una flebile speranza.
Ricordando un’affermazione hegeliana, si potrebbe dire che quando il cinema dipinge il suo grigio su grigio, allora una figura della vita è invecchiata e con grigio su grigio essa non si lascia ringiovanire ma soltanto conoscere. Il colore che non è colore attraversa infatti le miserabili esistenze rimaste e intesse ogni fotogramma di quest’opera, tranne i feedback del tempo che precede la catastrofe e la coperta-sudario di una delle scene conclusive. John Hillcoat ha costruito un road movie claustrofobico. Ossimoro che da se stesso dice dell’abbandono e dell’orrore di cui sono fatte le strade che gli umani, o qualche dio, non hanno saputo preservare dal male.
[Una recensione analitica del film, curata da Mario Gazzola, si può leggere sul sito posthuman.it ]