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Ferita d'amore

22 ottobre 2011 –  Teatro Arsenale – Milano
Ferita d’amore.
Musiche in habito tiorbesco di Bellerofonte Castaldi
Evangelina Mascardi – tiorba
Marco Beasley – tenore

La tiorba è lo strumento principe di Bellerofonte Castaldi, compositore e poeta vissuto tra il 1580 e il 1649. Uno strumento che ai suoni del liuto aggiunge la possibilità di un basso continuo prodotto da un numero variabile di corde. Evangelina Mascardi è tra le più importanti tiorbiste contemporanee, il cui tocco è capace di restituire sia i suoni più delicati che quelli persino orchestrali dello strumento. In questa serata è stata accompagnata dal tenore Marco Beasley, la cui voce non è stata comunque un esempio di potenza del canto. Molto interessante il contrasto fra i testi di Castaldi -colmi di passione, di desiderio e di dolore- e la sua musica, sempre rasserenante.
Non possiedo brani eseguiti da Mascardi e propongo quindi l’ascolto di “Saetta pur saetta” da Battaglia d’amore eseguita dall’ensemble «Il Furioso». Il testo, tra l’altro, recita: “Sempre ti voglio servir, / se ben a languir / crudo Amor mi destina: / ma la mia fede nel dolor s’affina. / Di stelle ignudo il cielo / e sarà privo del suo lume il giorno / pria ch’io non ami ’l tuo bel viso adorno”.

[audio:Castaldi.mp3]

Barocco

Stagione 2011-2012 dell’Associazione Musicale Etnea
7 ottobre 2011 –  Palazzo Biscari – Catania
Balli italiani
Variazioni a tre nell’Italia barocca
Musiche di Merula, Marini, Pesenti, Vivaldi, Falconiero,Vitali, Corelli, Reali
Sonatori de la Gioiosa Marca

Gioiosa è davvero la musica quando chi la esegue si diverte e si fa una sola cosa con quei suoni che ci ricordano come l’esistenza sia un intrico di geometria e di scarto dal prevedibile, dal già fissato. E allora gli attimi possono danzare, come si faceva al ritmo delle ciaccone, delle passacaglie, delle follie, dei capricci, del passo e mezzo, che rendono il Barocco una festa permanente, malinconica, aritmetica.
I sonatori della marca trevigiana hanno interpretato tale repertorio con la lievità e il rigore da cui queste musiche sono scaturite. E come regalo ulteriore ci hanno offerto due brani di Marco Uccellini (1603 ca. – 1680), uno dei quali è l’Aria sopra la Bergamasca che propongo all’ascolto e che invito a ballare  😀

[audio:Uccellini_Bergamasca.mp3]

Il potere, il suo segreto

BREVIARIO DEI POLITICI secondo il Cardinale Mazzarino
A cura di Giovanni Macchia
Rizzoli, Milano 1989
Pagine XXXV – 160

Il teatro, il simulare e il dissimulare, il tacere e l’osservare, il conservare segreti propri e l’apprendere quelli altrui. Anche dalle pagine di questo sobrio manuale del potere il Seicento si delinea come un’età di vertigine. Il vortice della finzione afferra nel suo gorgo ogni attimo e tutte le azioni, sino a coinvolgere il Sé profondo.
Chi intenda, in qualunque ambito e a ogni livello, governare gli umani e le situazioni deve prima di tutto volgere lo sguardo su di sé per conoscere il limite che lo costituisce. Da questa amara ma serena consapevolezza di ciò che non si è si deve partire per diventare ciò che si vuole. Lo strumento principe è il segreto, quasi una metafisica ossessione di non apparire se non quando ogni rischio è cessato. Per conservare il segreto, l’Autore individua tre mezzi. Innanzitutto tacere: «Per lo più passatela in silenzio» (pag. 66), «parla pochissimo, perché è agevole a sdrucciolare in trascorsi di lingua, quando molto si discorre» (73). Poi simulare, fingere in ogni occasione «umanità e cortesia» (11), acquisire con ogni mezzo fama di uomo virtuoso e magnanimo, perché «se una volta hai guadagnato grado di grand’uomo, anche fallando, i falli stessi ti saranno attribuiti a gloria» (32). Infine e soprattutto dissimulare. In questo verbo prediletto dai trattatisti secenteschi si condensano il silenzio e la finzione. Non un’apologia della menzogna ma solo del nascondimento, poiché non è bene apparire sempre ciò che davvero si è. In tal modo, infatti, si offrirebbero troppi appigli ai nostri nemici per conquistare la nostra persona. E dunque «nell’apparenza esteriore vestiti di tutti contrarj affetti, a quei che nascondi nell’animo» (71).

Da tale gioco quasi geometrico di affetti, delusioni, illusioni e controlli si delinea, forse paradossalmente, una particolare forma di virtù. Quella per cui «bisogna nell’encomiare, o biasimare altrui, non isfogare in troppe esaggerazioni» (38); trattare «riverentemente con ognuno, come appunto egli fosse tuo Superiore» (76); «non far insulto a’ perditori» né ad alcun rivale, appagandosi «solo della vera vittoria» (55); non imbrattarsi «mai le mani dell’altrui sangue, per non alzar grido di sanguinario e crudele» (107) e piuttosto esser «mite, o fatti apprender tale da’ sudditi, che stretto, e rigoroso» (63). Una moderazione, un equilibrio, una magnanimità e prudenza direttamente commisurate alla potenza, anzi prova e indice chiarissimo di una potenza vera. Sta qui, in questo rispetto dell’avversario, anche quando lo si sta per rovinare, il realismo di Mazzarino, il suo segreto: «Prenda pur volentieri per se altri tutta la stima; tu va in traccia per te d’una ferma, e robusta potenza» (123).

Le vicende editoriali di questo testo, edito nel 1684 in latino, tradotto in italiano nel 1698; la questione del suo vero autore -forse non Mazzarino ma certo qualcuno che lo costruì «sulla sua ombra, sul fascino che essa esercitò» (p. XI); la ricchezza e la bellezza delle sue pagine, vengono chiarite nella splendida introduzione di Giovanni Macchia (già apparsa come testo a sé in Tra Don Giovanni e Don Rodrigo, Adelphi 1989, pp. 59-92), che di questo libro costituisce la vera, intima recensione.

A religiosa portuguesa

di Eugène Green
Con Léonor Baldaque, Ana Moreira, AdrienMichaux, Beatriz Batarda, Eugène Green, Aldina Duarte
Portogallo/Francia, 2009


Una troupe francese gira un film a Lisbona. Julie interpreta il ruolo di una monaca combattuta tra misticismo e carnalità. A poco a poco la città la seduce, gli incontri la trasformano, la rendono felice.
Il film è recitato in maniera volutamente enfatica e solenne -proprio al modo del teatro secentesco, secolo in cui è ambientata la storia della religiosa portoghese- con gli attori che spesso guardano direttamente in macchina nell’alternarsi dei primi piani. I dialoghi sono intessuti di riferimenti colti e di autoironia, come questo scambio iniziale tra il portiere dell’albergo e l’attrice: «-Non conosco i film francesi, sono per intellettuali -Ma a Lisbona i nostri film sono popolari -A Lisbona ci sono molti intellettuali; la grande città ha i suoi inconvenienti». Vera protagonista è la meravigliosa capitale lusitana, vista negli angoli suoi più intimi e nell’imponente paesaggio del Tago.

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