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A religiosa portuguesa

di Eugène Green
Con Léonor Baldaque, Ana Moreira, AdrienMichaux, Beatriz Batarda, Eugène Green, Aldina Duarte
Portogallo/Francia, 2009


Una troupe francese gira un film a Lisbona. Julie interpreta il ruolo di una monaca combattuta tra misticismo e carnalità. A poco a poco la città la seduce, gli incontri la trasformano, la rendono felice.
Il film è recitato in maniera volutamente enfatica e solenne -proprio al modo del teatro secentesco, secolo in cui è ambientata la storia della religiosa portoghese- con gli attori che spesso guardano direttamente in macchina nell’alternarsi dei primi piani. I dialoghi sono intessuti di riferimenti colti e di autoironia, come questo scambio iniziale tra il portiere dell’albergo e l’attrice: «-Non conosco i film francesi, sono per intellettuali -Ma a Lisbona i nostri film sono popolari -A Lisbona ci sono molti intellettuali; la grande città ha i suoi inconvenienti». Vera protagonista è la meravigliosa capitale lusitana, vista negli angoli suoi più intimi e nell’imponente paesaggio del Tago.

L’École des femmes

di Molière
Teatro Strehler – Milano
con Daniel Auteuil, Jean-Jacques Blanc, Bernard Bloch, Michèle Goddet, Pierre Gondard, David Gouhier, Charlie Nelson, Lyn Thibault
scene Jean-Paul Chambas
regia Jean-Pierre Vincent
produzione Studio Libre – Odéon Théâtre de l’Europe

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Una regia e delle scene molto sobrie bastano a rendere ancora una volta contemporaneo uno dei più profondi e feroci testi di Molière. La vicenda di Arnolphe e della sua pupilla appare, infatti, anche come una parodia demistificante del comportamentismo, di quella illusione di onnipotenza dell’educatore sull’educando che fece scrivere a Watson: «Datemi una dozzina di neonati di sana e robusta costituzione fisica e lasciate che li tiri su in un mondo scelto da me e garantisco che di qualunque di loro potrò fare qualunque cosa: medico, avvocato, artista, capovendite, e, sì, persino straccione o ladro, indipendentemente dalle sue capacità, tendenze, inclinazioni, abilità, vocazioni, e dalla razza dei suoi antenati» (Behaviorism, Norton, New York 1930, p. 104). Il tutore che pretende di fare di una ragazza la propria marionetta si merita la beffa ideata da Molière. E così la meriterebbero le frotte di pedagogisti e tecnologi della didattica che vanno ripetendo le litanie del “successo formativo” e della esclusiva responsabilità degli insegnanti sui risultati dei loro allievi…Le persone, infatti, sono vive, libere, diverse e fatte a modo proprio, come è libera l’Agnès di Molière.

A un regista abile e intelligente bastano pochi particolari per rendere comunque non banale la messinscena di un classico: un sacchetto di carta da grande magazzino, degli occhiali da sole, la pietra lanciata da Agnès e che da allora rimane sempre sul palco, a ricordare l’ambiguità di ogni gesto. E poi l’eccellente recitazione della Compagnia, con una Lyn Thibault naturalissima nella sua ottusa ma sempre più consapevole ingenuità e un Daniel Auteuil capace di toccare molte corde e di far ridere come il più navigato attor comico.
E su tutto, naturalmente, la bellezza del francese quotidiano e poetico di Jean-Baptiste Poquelin.

Don Chisciotte

Teatro Strehler – Milano
Con Franco Branciaroli, da Miguel de Cervantes
Progetto e regia di Franco Branciaroli
Teatro de Gli Incamminati
Sino al 15 febbraio 2009

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A un certo punto dello spettacolo Branciaroli spiega che cosa sia lo humour, la sua natura, la differenza rispetto alla satira, alla beffa, al comico. E attribuisce a Cervantes (anche) il merito di aver inventato lo humour nella letteratura. Uno dei segreti del Chisciotte è l’imitazione. L’hidalgo imita i cavalieri erranti, un libro trovato per caso da lui e da Sancho imita le loro avventure. Branciaroli imita -perfettamente- Vittorio Gassman e Carmelo Bene mentre imitano, rispettivamente, Don Chisciotte e lo scudiero. Gassman imita Bene e quest’ultimo imita Gassman mentre entrambi recitano il Faust di Marlowe.  Lo spirito di Dante viene evocato a giudicare chi dei due reciti meglio la Commedia. Tutti e tre, infatti, sono ormai vivi nell’aldilà…

Un vorticoso gioco di specchi, un’idea splendida realizzata magnificamente. L’impressione è che i due grandi attori siano davvero tornati, con le loro voci, le tonalità, l’istrionismo, la malinconia, la potenza. E su tutto una riflessione partecipe e disincantata sul teatro, la sua finzione, la sua fine. Si ride moltissimo e molto si pensa, tra Totò, Peppino e Borges. Uno degli spettacoli più originali dei quali abbia goduto negli ultimi anni.

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