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Valori / Sadismo

Valori, violenza, sadismo
in Liberazioni – Rivista di critica antispecista
Anno X / n. 39 / inverno 2019
Pagine 75-82

Indice
-Il sacrificio
-La corporeità
-Caduta e alimentazione

In realtà lo gnostico si chiede perché nel mondo c’è proprio questa necessità biologica del dolore; si chiede, più universalmente, perché il mondo dei viventi è fatto proprio in questo modo, quando potrebbe naturalmente essere pensato e articolato in molte altre maniere (p. 79).

 

Anarchisme et Anthropologie. Una nuova edizione e due recensioni

È uscita la terza edizione del mio libro più recente. La grafica è molto diversa dalle edizioni precedenti. Pur avendo apprezzato la vivacità e lo stile pop della copertina della prima edizione, questa mi sembra da preferire nella sua eleganza e sobrietà.
Nel mese di settembre 2019 il libro ha ricevuto due recensioni.

La prima, di Jérôme Lamy, è apparsa sul numero 66, 2019/2 di Actuel Marx, rivista pubblicata dalle Presses Universitaires de France.
Per Lamy, «ouvrage percutant et tranchant, Anarchisme et anthropologie constitue une proposition épistémologique et politique cohérente» [Opera d’impatto e tagliente, Anarchisme et anthropologie costituisce una coerente proposta epistemologica e politica].

La seconda, breve ma del tutto corretta, è stata pubblicata sulla rivista Ballast e si conclude così:
«Si elle est pessimiste en apparence, notamment dans la reconnaissance de l’inéluctabilité de la guerre pour la liberté et la défense de celle-ci, c’est dans ce pessimisme même que l’anthropologie d’Alberto Giovanni Biuso trouve sa force. Aussi trivial que cela puisse paraître, c’est de la matière que naît toute vie. Prendre en compte ce postulat revient à reconnaître les besoins de tous, et d’entrevoir les moyens d’y subvenir en évitant de recourir à un pouvoir souvent oppressif, pour y préférer une horizontalité émancipatrice».
[Se in apparenza sembra pessimista, in particolare nel riconoscere l’ineluttabilità del conflitto per la libertà e la sua difesa, è proprio in tale pessimismo che l’antropologia di Alberto Giovanni Biuso trova la sua forza. Per quanto possa sembrare banale, è dalla materia che germina ogni vita. Accogliere questo postulato significa riconoscere i bisogni di tutti, e prevedere gli strumenti per soddisfarli evitando di affidarsi a un potere che è spesso oppressivo, per preferire invece una orizzontalità emancipatrice].

Ibridazione

Martedì 10.12.2019 alle 17,00 nell’aula Minutoli della Scuola Superiore di Catania svolgerò una lezione dal titolo Natura Cultura Ibridazione.
L’incontro fa parte di un ciclo dedicato al Post-Human Enhancement, organizzato dalla ‘Rete Italiana degli allievi delle Scuole e degli Istituti di studi superiori universitari’ (RIASISSU).
Le lezioni svolte in altre Scuole Superiori hanno affrontato il postumano da prospettive neurobiologiche, giuridiche, sociologiche. A Catania tenteremo di indicare le radici teoretiche di una tematica che è e sarà sempre più al centro del divenire collettivo e individuale.
Cercherò di argomentare l’unità di natura/cultura nell’Animal symbolicum che è Homo sapiens. Discuterò tre definizioni sociologiche e due teoretiche del concetto di cultura. Evidenzierò come l’antropologia sia in realtà sempre una antropobiologia: γνῶθι σεαυτόν indica la necessità di comprendere le strutture naturali dell’essere umano, con i suoi limiti biologici e con le sue possibilità di trasformazione. L’antroposfera esiste infatti soltanto perché coniugata alla zoosfera, alla tecnosfera e alla teosfera. Definirò poi i concetti di Natura, Tecnologia e Artificio, che confermano la struttura intrinsecamente protesica dell’umano. Distinguerò ulteriormente robot, androidi e cyborg. Anche a partire dai legami e dalle differenze tra postumano, iperumano e transumano proporrò alcune riflessioni sulla tecnica, il cybercorpo e le strutture ibridative. Concluderò ribadendo la finitudine come orizzonte di ogni oltre dell’umano.
L’immagine della locandina è un particolare dell’Apollo e Dafne di Bernini (1622-1625), che trasferisce nel marmo i versi di Ovidio: «Ha appena finito questa preghiera, che un pesante torpore le pervade le membra, il tenero petto si fascia di una fibra sottile, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; il piede, poco prima così veloce, resta inchiodato da pigre radici, il volto svanisce in una cima. Conserva solo la lucentezza» (Metamorfosi, I, vv. 548-552; trad. di Piero Bernardini Marzolla). Mentre si trasforma in alloro, Dafne remanet nitor unus in illa, conserva solo la lucentezza. L’ibridazione è anche la luce della materia che diviene.

Sul sito della SSC si può leggere una sintetica scheda dedicata all’evento.

Contro l’umanismo

Il numero 2/2018 (uscito nel 2019) del «Giornale Critico di Storia delle Idee» si occupa Dell’uomo e dei diritti / On Human and Rights (a cura di Gianpaolo Cherchi e Antonio Moretti, Mimesis Edizioni, pp. 312). Vi è stato pubblicato anche un mio saggio dal titolo Oltre l’umanismo, oltre l’umanitarismo, nel quale ho cercato di mostrare alcune delle ragioni per le quali l’umanitarismo è un ostacolo all’emancipazione. 

Pdf del testo (pagine 59-69)

Abstract
At the beginning of the 21st century the transhuman unfolded both as anthropocentric hyperhumanism and as anthropodecentric posthumanism. In any case, the human is and remains a zoon immersed in the Wille zum Leben and hybridized with the φύσις, with the τέχνη, with the θείος. Also for this reason every reduction of individual and collective life to the domination of the humanistic dimension risks to create a device not of emancipation but of offense to the human and to nature. Therefore we must go beyond the humanistic perspective and beyond its humanitarian declination.

Indice
1 Ibridazione e oltreumano
2 Corpi sociali e Intelligenze Artificiali
3 Parola, potere, web
4 Oltre l’umanismo, oltre l’umanitarismo

Alcuni brani

L’innato bisogno di comunicare che caratterizza la nostra specie diventa così una preziosa e insieme abbondante materia prima. Siamo diventati non più lavoratori consapevoli della nostra identità e del conflitto sociale ma parte essenziale e primaria del prodotto generale che si vende e che si acquista. La merce principale sono i nostri stessi comportamenti sul web, a partire dai più piccoli spostamenti del mouse sino alla comunicazione dei dati privati necessari per ottenere servizi e -di più- per entrare a far parte della Rete collettiva. Sul web la nostra identità coincide con le nostre azioni ed è per questo che «se non si vede il prezzo, se è gratis, la merce sei tu. Tu, interamente, sei materia prima: tutto ciò che compone la tua identità, la tua soggettività. Non solo il tuo tempo d’attenzione, non solo un po’ dello spazio nel tuo cervello: tu, corpo e anima, anima-carne, desideri e pulsioni, sogni e relazioni, carattere in evoluzione» (Ippolita, Tecnologie del dominio. Lessico minimo di autodifesa digitale, Meltemi, 2017). Siamo il prodotto e siamo anche la moneta che serve a farlo circolare. Siamo il gioco e l’energia del fiume di parole, informazioni, richieste, scambi, immagini, suoni, in cui consiste la Rete. 

Il culto per l’individuo senza legami, per i suoi diritti universali – uguali dappertutto – e per il mercato del quale è parte attiva, passiva e intrinseca è il fondamento dell’anarco-capitalismo che fa da base alle attività delle maggiori Corporations del Web. Il libertarianesimo costituisce la forma estrema del liberalismo, quella nella quale l’individuo si illude di essere signore di se stesso ed è invece continuamente sotto il controllo di un panottico digitale la cui necessità facebook e il suo fondatore teorizzano esplicitamente, ritenendo la privacy un bisogno superato ed equivoco, da sostituire con forme di trasparenza del corpo sociale così radicali da non poter essere definite in altro modo che come trasparenza totalitaria.

Stadio contemporaneo della guerra di tutti contro tutti, l’economia digitale è una delle forme dominanti del capitalismo globalizzato che ha distrutto anche il progetto europeo, facendolo diventare una struttura soltanto mercantile e ‘umanitaria’, umanitaria in quanto mercantile. Un umanitarismo liberista dei diritti umani che ha dimenticato l’umanitarismo comunista di Karl Marx, per il quale uno degli strumenti decisivi dello sfruttamento dei lavoratori è l’«esercito industriale di riserva disponibile [eine disponible industrielle Reservearmee] che appartiene al capitale in maniera così assoluta come se quest’ultimo l’avesse allevato a sue proprie spese. Esso crea per i propri mutevoli bisogni di valorizzazione il materiale umano sfruttabile sempre pronto [exploitable Menschenmaterial], indipendentemente dai limiti del reale aumento della popolazione» (Das Kapital, libro I, sezione VII, cap. 23).

Negli anni Dieci del XXI secolo l’esercito industriale di riserva si origina dalle migrazioni tragiche e irrefrenabili di masse che per lo più fuggono dalle guerre che lo stesso Capitale -attraverso i governi degli USA e dell’Unione Europea- scatena in Africa e nel Vicino Oriente. Una delle ragioni di queste guerre – oltre che, naturalmente, i profitti dell’industria bellica e delle banche a essa collegate – è probabilmente la creazione di una riserva di manodopera disperata, la cui presenza ha l’inevitabile (e marxiano) effetto di abbassare drasticamente i salari, di squalificare la forza lavoro, di distruggere la solidarietà operaia. È anche così che si spiega il sostegno di ciò che rimane della classe operaia europea a partiti e formazioni contrarie alla politica delle porte aperte a tutti. Non si spiega certo con criteri moralistici o soltanto politici. La struttura dei fatti sociali è, ancora una volta, economica. Tutto questo si chiama anche globalizzazione. Il dispositivo concettuale marxiano dell’esercito industriale di riserva ha ancora molto da insegnare agli umanisti liberali di sinistra che si fanno complici del Capitale senza neppure rendersene conto. Il sostegno alla globalizzazione o il rifiuto delle sue dinamiche è oggi ciò che davvero distingue le teorie e le pratiche politiche, non certo le obsolete categorie di destra e sinistra.

«Sappiamo di essere vivi e sappiamo che moriremo. Sappiamo anche che soffriremo durante la vita, prima della sofferenza -lenta o veloce- che ci condurrà alla morte» (T. Ligotti, La cospirazione contro la razza umana, Il Saggiatore, 2016). Anche per questo l’umano non può pretendere nessun particolare e diverso valore dentro la φύσις. Non lo può pretendere non solo e non tanto per il destino di morte che ci accomuna a ogni altra cosa viva; non lo può soprattutto per la miopia con la quale gli umani credono di determinare con la propria volontà il loro destino. E invece le più disincantate – alla lettera ‘disumane’ – forme del sapere mostrano che siamo enti mossi da forze potenti e invincibili, al modo dei guerrieri che combattevano sotto le mura di Ilio.

Uno sciamano

Ernesto De Martino, «sciamano della razionalità» e «signore del limite»
Prefazione a:
Il discepolato di Ernesto De Martino.
Tra religione, filosofia e antropologia
di Giancarlo Chiariglione
Editrice Petite Plaisance, Pistoia 2019
Pagine 56

Al di là dei temi e degli ambienti che costituiscono i suoi specifici oggetti d’indagine, l’etnografia di Ernesto De Martino assume un significato sempre universale, toccando i temi del tempo nel quale gli umani sono immersi insieme alla Terra intera. Non sopra o dentro la Terra ma proprio insieme. E in questo modo lo studioso della magia, della taranta e del furore «diventa una sorta di Signore del limite; va via via ad acquisire un ruolo “esoterico-redentore-trasformatore” che solo una figura carismatica come lo sciamano può incarnare».

Oltreumano

Martedì 5.11.2019 alle 16,00 nell’Aula 252 del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania parteciperò alla presentazione del libro di Selenia Anastasi Verificare di essere umani. Per una teoresi del Transumanesimo, Lekton Edizioni, 2019.
L’evento è organizzato dalla Associazione Studenti di Filosofia Unict.
L’argomento del libro e dell’incontro è tanto coinvolgente quanto in realtà poco conosciuto. Sarà quindi un’occasione per confrontarci e imparare, anche perché Anastasi è capace di spiegare questioni complesse in modo piano ma senza tradire la loro complessità.

Nascere?

Meglio non essere mai nati
Riflessioni sul libro di David Benatar
in Liberazioni. Rivista di critica antispecista
Anno X / n. 38 / Autunno 2019
Pagine 37-40

Accade assai di rado di leggere un libro e condividerne per intero le parole. Se si tratta di un libro di filosofia, poi, questo significa che alla mente si apre lo squarcio di ciò che essa aveva già pensato ma non aveva ancora detto, o non aveva saputo dire, in modo così lucido.
Questo mi è accaduto alla lettura di un libro del filosofo sudafricano David Benatar. Sul numero 38 di Liberazioni ho cercato di indicare alcune delle principali ragioni di una condivisione così rara. Se non aggiungo che è un libro che io stesso avrei voluto scrivere è perché il metodo dell’autore è analitico, fatto di sic et non; di tesi, obiezioni e risposte; di un serrato tessuto argomentativo che in questa misura e modo non mi appartiene. Ma anche qui stanno il significato e il valore dell’opera, nell’aver affrontato un antico tema con un metodo freddo e rigoroso.
Alla sua lettura, che consiglio con la convinzione di indirizzare verso una verità profonda sulla specie e sulla materia viva, ho sorriso pensando a quanta ragione avessi avuto a elaborare pensieri simili a quelli che in questo libro emergono.

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