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In partibus infidelium

Leonardo Sciascia
Dalle parti degli infedeli
Sellerio, 1979
Pagine 87

Per Leonardo Sciascia la Storia della colonna infame fu un costante punto di riferimento. In Dalle parti degli infedeli il modello manzoniano si manifesta nella puntigliosa ricostruzione di un evento e in un senso profondo della giustizia e dell’ingiustizia nelle società, in un impegno civile che resta inseparabile dalla dolente consapevolezza della malvagità dell’umano e delle sue istituzioni.
Lo stesso Sciascia ammette, con un poco di autosorpresa, che ci troviamo di fronte alla ricostruzione «apologetica» (p. 77) della vita di Monsignor Angelo Ficarra, vescovo di Patti nei cruciali anni della Guerra fredda e del massiccio appoggio della Chiesa cattolica al partito della Democrazia Cristiana.
Questo prelato – candido e testardo, obbediente ma non disposto a farsi complice, dedito alla preghiera, agli studi, all’«operosa carità quotidiana» (27) – fu perseguitato da parte della DC pattese e da alcuni organismi della Curia vaticana, a causa del suo rifiuto di sostenere le campagne elettorali e gli esponenti di un partito politico e diventando in questo modo un «ostacolo nella sua indifferenza al potere politico, alla politica; nella sua diffidenza o avversione a contaminarsene, a rendersene partecipe o complice» (42).
Mediante l’analisi di numerosi documenti, alcuni dei quali riservati tanto che la loro divulgazione comporta per lo stesso Sciascia «scomunica maggiore» (53), viene ricostruita la trama di menzogne, ricatti, lusinghe con le quali la Sacra Congregazione Concistoriale, nella persona del cardinale Piazza, costrinse Mons. Ficarra a lasciare il governo della Diocesi, seppure dopo uno scontro lungo e – per il vescovo – assai amaro.
Con la sua scrittura illuministica e sempre coinvolgente, Sciascia delinea dunque una vicenda simbolo. La persecuzione subita dal vescovo di Patti segue modalità vicine a quelle che negli stessi anni un’altra istituzione totale, il Partito Comunista di Stalin, adottava per sbarazzarsi dei propri avversari interni costringendoli «all’accettazione e confessione della colpa, anche se colpevoli non si è» (29).
La storia di Mons. Ficarra conferma anche quella «refrattarietà dei siciliani alla religione cristiana» (78) sulla quale Sciascia ha sempre insistito e che rende l’esistere nell’Isola un vivere in partibus infidelium.

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