Egitto. La straordinaria scoperta del Faraone Amenofi II
Milano – Museo delle Culture
Sino al 7 gennaio 2018
Negli ultimi anni del XIX secolo l’egittologo francese Victor Loret scoprì nella Valle dei Re le tombe di alcuni faraoni, tra le quali quella -splendida- di Amenofi II (o Amenhotep II), morto intorno al 1400 a.e.v. Splendente perché ampia, sostenuta da colonne e fatta di pareti interamente decorate con le storie del mito, degli dèi, del Sole. La XVIII dinastia (1550-1295) rappresenta un ἀκμή della millenaria storia vissuta intorno al Nilo. Uno sfolgorìo che si esprime nel sorriso, nella serenità, nella distanza di statue che sembrano quelle di κοῦροι diventati adulti e sovrani.
Il re Amenofi e il dio Thot in forma di babbuino alzano insieme le braccia e adorano il Sole. È profonda in Egitto la continuità tra l’umano e l’animale. Insieme a quelle della nostra specie vi si trovano le mummie di altri animali, in particolare di coccodrilli, cani, scimmie, gatti. Gli dèi -che sono centinaia- vengono rappresentati con teste di uccelli, sciacalli, coccodrilli. L’animale è raffigurato nei magnifici gioielli -collane, bracciali, anelli- che adornano i corpi dei vivi e dei morti, che cantano nello spazio, che splendono il tempo. I corpi sono sacri, la loro cura è attenta e quotidiana -cosmetici, dentifrici, trucco- poiché la corporeità è simbolo e parte della luce, della sabbia, del fiume.
Porte di granito segnano il limes tra il vivere e il morire, il passaggio incerto e fondamentale del Dasein nel tempo, accompagnato e testimoniato da scarabei, divinità concubine, papiri. In mezzo a loro gli strumenti per scrivere, numerare, benedire.
La vicenda fondamentale è quella di Osiride smembrato, che viene ricomposto dalla sorella Iside e rinasce. Così come ogni giorno muore e ogni giorno rinasce Ra, la potenza del Sole. Mummie, sarcofagi, amuleti celebrano questo ritorno, raccontano la morte e la vita.
La sensazione che questa magnifica mostra trasmette è che l’Egitto stia al fondo della Grecità e quindi dell’Europa, di tutti noi. Se un vecchio sacerdote egizio potè rivolgersi a Solone dicendogli «ὦ Σόλων, Σόλων, Ἕλληνες ἀεὶ παῖδές ἐστε, γέρων δὲ Ἕλλην οὐκ ἔστιν» (Timeo, 22b), ‘Solone, Solone, voi Greci sempre giovani siete, un greco vecchio non c’è!’, è anche perché un egizio che sia giovane non c’è. La loro storia affonda nei millenni e non è ancora finita. A Tebe sono oggi in corso gli scavi dei templi che Amenofi eresse in quella città. Il loro nome in egizio è Tempio di milioni di anni.