Il nome del figlio
di Francesca Archibugi
Italia, 2015
Con: Micaela Ramazzotti (Simona), Valeria Golino (Betta), Rocco Papaleo (Claudio), Luigi Lo Cascio (Sandro), Alessandro Gasmann (Paolo)
Trailer del film
Adattamento italiano di un film assai divertente –Le prénom di Alexandre de La Patellière e Mathieu Delaporte- Il nome del figlio racconta ciò che si scatena durante una cena familiare/amicale alla notizia del nome che due dei personaggi vorrebbero dare al loro bambino in arrivo. Dalla questione del nome emergono poi lentamente ma inesorabilmente segreti, affetti, rancori, miserie, miopie di tutti.
La prima parte del film è insostenibile, contratta, logorroica e insieme rattrappita in un provincialismo romanesco degno delle più scontate commedie italiane. Nell’ultima mezz’ora prende quota con un ritmo più incalzante, consequenziale e drammatico.
Ma rimane un’operazione banale, inutilmente complicata e nobilitata da flashback che narrano la storia della famiglia e l’infanzia dei protagonisti; da droni guidati dai bambini e precipitanti nella zuppa; dall’invenzione di un’apparente burina diventata scrittrice di successo. I personaggi costituiscono delle macchiette: la finta burina, appunto; la moglie/madre frustrata; l’artista amico di tutti; l’immobiliarista di successo che prendeva sempre 4 in filosofia e -di contro- il suo amico/cognato/rivale che è diventato un professore dall’eloquio insostenibile e dalle citazioni meccaniche, incapace di gustare la vita.
La critica antropologica e sociale al politicamente corretto del film (e testo teatrale) di La Patellière e Delaporte viene resa innocua dall’esigenza primaria di collocare tutti e ciascuno al loro posto. Catalogazione e rigidità che costituiscono due degli elementi meno appariscenti ma più intramanti della correttezza politica, appunto.