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Inni omerici

Il corpus di inni arcaici che va sotto il nome di Omero è costituito, per quello che ci è rimasto, da 33 componimenti dedicati alle maggiori divinità del mondo greco. Gli Inni trasportano in un mondo di luce, di potenza e di sorriso, en atanatoisi teoisi (A Selene [XXXII], v. 16; Ad Afrodite [V], vv. 239-246). Un mondo non antropocentrico e tantomeno antropogonico, consapevole d’istinto della finitudine dell’umano e pronto a cantare l’eterna giovinezza del divino. La vecchiaia è infatti una sciagura ancor più grande della morte e proprio questi sono i due mali ai quali gli umani non sanno porre rimedio (Ad Apollo [III], vv. 191-193). Ade è Poludegmon, signore di molti ma non degli dèi (A Demetra [II], v. 404). La vitalità e la gioia che dagli Inni promanano prendono corpo nel quotidiano contatto con gli dèi, vissuti non come il totalmente altro inaccessibile e inconcepibile ma come figure con le quali intrattenere un dialogo in ogni momento dell’esistenza e soprattutto nelle difficoltà e nelle decisioni importanti. Il fondamento di questa relazione è una comunanza profonda tra il divino e l’umano, intessuti degli stessi desideri, delle medesime passioni. Le divinità dei Greci sono davvero incarnate.

Gli Inni più lunghi e più belli sono dedicati a Ermes, ad Apollo, a Demetra, ad Afrodite. I tre rivolti a Dioniso (I, VII e XXVI) descrivono con grande efficacia la triplice nascita del dio concepito da Semele, partorito da Zeus, fatto a pezzi dai Titani e poi ricomposto e ancora una volta rinato. È notevole che gli Inni descrivano quasi allo stesso modo i due fratelli Dioniso e Apollo. Il primo «aveva bei capelli scuri /e fluenti, e un manto purpureo gli copriva le forti / spalle» (A Dioniso [VII], vv. 4-6; le traduzioni sono di Giuseppe Zanetto). Apollo è «simile a un uomo gagliardo e robusto, nel fiore / degli anni, coi capelli sciolti sulle ampie spalle» (Ad Apollo [V], vv. 449-450; p. 123). L’Inno VII racconta di Dioniso catturato dai pirati ma che dall’albero della nave fa germogliare una vite dalla quale penzolano succosi grappoli d’uva. La bella e celebre Coppa Exekias di Vulci racconta forse lo stesso episodio, con il dio che fa nascere una vite sulla nave circondata da delfini guizzanti. Dioniso è la misura potente del divino-natura. Di essa partecipano quegli umani nella cui carne prevale il suo elemento e non quello delle ceneri dei Titani. A costoro, che gli gnostici definiranno pneumatikòs, colmi di intelligenza, è affidata la salvaguardia degli enti.

Un viaggio a Cipro

Terza isola del Mediterraneo, indipendente dal 1960, luminosissima, Cipro è terra del tutto greca, nella lingua, nella storia, nelle architetture antiche e contemporanee. Un crocevia culturale del mondo antico nel quale la potenza del paganesimo emerge a ogni passo, seppur temperata dalla invadenza delle chiese cristiano-ortodosse e dalla più sobria presenza di moschee.Tra queste ultime, la più suggestiva è forse quella di Hala Sultan Tekke, posta sulle rive del Lago salato di Larnaka. Un luogo appartato, silenzioso e sobrio, che trasmette la dimensione mistica dell’Islam. Le moschee più importanti della capitale Nicosia sono state ricavate invece da precedenti chiese cristiane, sia nella parte sud (greco-cipriota) che in quella Nord (turco-cipriota). Nicosia è l’ultima città divisa d’Europa. È comunque possibile visitare le due parti transitando attraverso un checkpoint che immette in un mondo davvero altro per lingua, moneta, struttura urbana. È qui che la Büyük Han accoglie il visitatore in un antico caravanserraglio circolare, intimo e colorato. La linea militarizzata che divide la città è tra le esperienze più inquietanti ma anche interessanti, cicatrice testimone dell’insensatezza degli umani che si fan la guerra e della forza del conflitto, radicato nel bisogno di questa specie di mammiferi di marcare il proprio territorio come fanno i gatti con l’urina. Noi preferiamo porte, mura, filo spinato. Tornati a Nicosia Sud, il piccolo Museo Archeologico raccoglie alcune opere assolutamente uniche: statue votive a grandezza naturale, meravigliose collane d’oro, letti e troni in avorio, l’Afrodite di Soloi.

Afrodite che nacque nella parte ovest dell’isola, fu generata dalle acque di Pafos, splendida città romana a pochi metri dal mare. Qui le case di Teseo, di Dioniso, di Aion conservano mosaici assai belli, nei quali il mito -e dunque la verità del mondo- si fa colore, forma, senso. Sempre a ovest, il sole al tramonto illumina il magnifico sito di Kourion, nel quale templi, case, teatri rivolgono al mare -dal quale le separa uno strapiombo di falesia- la loro forza. In questo spazio, e nel vicino tempio di Apollo Ylatis, l’incanto della natura diventa una sola cosa con l’armonia delle strutture umane.

Larnaka, la città dal cui rinnovato aeroporto si entra a Cipro, è interessante soprattutto per la sua fortezza veneziana posta sul mare, per la piccola cattedrale ortodossa di Agios Lazaros, per il raccolto museo Plerides, che sino al 10 gennaio di quest’anno ospita una mostra temporanea dedicata ai profumi di Afrodite. Vi si possono toccare gli alambicchi che trasformano le piante dell’isola in essenze dolci e sensuali, quasi come se la luce fosse trasformata in odore, il mito fosse diventato la materia stessa che lo ha generato. Una sinestesia della mente.

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