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Sulla teoresi

Lo scorso 2 maggio tenni a Napoli (nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II) una lezione dedicata alla filosofia come musica: «Φιλοσοφία οὐσης μεγίστης μουσικής».
Cercai di argomentare il fatto che la filosofia consista anche in un interrogarsi che non teme le domande radicali, che apre al luogo stesso del domandare e del capire, che pensa ciò che va pensato senza attardarsi in nostalgie di verità ricevute e consolidate ma senza neppure assecondare il presente solo perché in questo momento è il presente.
Ho presentato e discusso le definizioni che della filosofia hanno dato Hegel, Nietzsche, Horkheimer e Adorno, Heidegger. Mi sono poi soffermato sulla capacità che la filosofia teoretica ha di moltiplicarsi e diramarsi diventando metafisica, ontologia, gnoseologia, fenomenologia, ermeneutica, genealogia.
Tra le conclusioni è centrale il fatto che il lavoro filosofico sia sempre stato e sia ancora un 
 dispositivo di liberazione, il quale può e deve porsi come luogo di comprensione e decostruzione dei flussi di dominio che percorrono le società contemporanee. Il potere degli stati e delle chiese laiche che hanno sostituito quelle religiose non ha infatti più bisogno di uccidere chi dissente poiché tale potere si propone ormai di rendere impossibile il sorgere stesso del dissenso. Generare, argomentare e offrire una conoscenza e un’esperienza del mondo che non si conformi ai canoni del dominio è una delle più antiche e profonde ragioni di esistenza della filosofia. La sua necessità è oggi più evidente che mai. Per questo il lavoro filosofico, anche il più tecnicamente teoretico, è sempre un lavoro politico, inseparabile dal lavoro esistenziale su di sé.

Metto qui a disposizione il file audio della lezione:

Pedagogia francofortese

Elementi pedagogici della Scuola di Francoforte
in il Pequod , anno 3, numero 6, dicembre 2022, pagine 39-44

Indice
-Filosofia e critica
-Marcuse
-Dialettica e pedagogia

In questo testo ho cercato di mostrare, seppur brevemente, la complessità della Scuola di Francoforte anche sulla questione della pedagogia ‘antiautoritaria’. Non è da Marcuse e da Adorno che discendono i più diffusi, consunti ed errati luoghi comuni di una pedagogia sedicente progressista e delle corrispondenti pratiche didattiche tese allo svuotamento del fatto educativo, ma dalle opposte tesi del funzionalismo e del behaviorismo statunitense. Sono queste ultime ad aver contribuito in modo determinante al progressivo livellamento dell’insegnamento e dell’apprendimento nella società di massa. Un livellamento funzionale al mantenimento del dominio oligarchico.

Sgalambro, contro la musica

La transitorietà della musica ci parla del tramonto di tutte le cose
il manifesto
19 marzo 2022
pagina 13

Anche Manlio Sgalambro, come Ernst Bloch e Theodor Adorno, ritiene che la musica non debba farsi apologia, difesa, consacrazione dell’esistente. Solo che per Adorno si dà la possibilità di una musica liberata e liberatrice mentre per Sgalambro è la musica in quanto tale a stare «dalla parte del mondo», poiché «lasciata a se stessa» essa ne celebra l’insignificanza e l’assurdo trasformandoli in facile armonia, in musichetta e in grancassa, in un’opera d’arte totale che pervade una miriade di momenti, occasioni, eventi, diventando la colonna sonora della stupidità, dell’obbedienza, della banalità.

[Segnalo un refuso presente nel testo. Una frase tra virgolette, tratta da p. 17 del libro di Sgalambro, si chiude dopo “remissione”: «Mentre prima la musica si andava ad ascoltare e si percorrevano leghe a dorso di mulo, oggi è essa che si fa sentire senza remissione». Ciò che segue -‘È vero, naturalmente, e il risultato è spesso immiserente’- è l’inizio del mio commento]

Sulla Teoria critica

Potenza e limiti della Teoria critica
in Dialoghi Mediterranei
Numero 48, marzo-aprile 2021
Pagine 478-487

Indice
-Adorno e Horkheimer, la dialettica
-Adorno, la potenza
-Adorno, i limiti
-Marcuse, l’utopia
-Lo spettacolo, la realtà, il simulacro

La Teoria critica è un segno negativo di resistenza assai più che un’apertura totalistica verso il Sole dell’avvenire. La scrittura di Adorno è essa stessa un segno della irriducibilità del suo pensiero a ogni ovvietà, alla strumentalizzazione del semplice, alla complicità con la preponderanza del numero. Uno dei suoi meriti maggiori consiste nel vedere la barbarie che pulsa al cuore del sentimentalismo moderno, dell’umanesimo antropocentrico, dell’adulazione verso le masse, del culto per il semplice. Tutti elementi, questi, nei quali «un umanesimo radicale porta con sé la minaccia latente  dell’imperialismo della specie, il quale ritorna infine a perseguitare le stesse relazioni umane».
Dialettica dell’Illuminismo non è soltanto un classico della sociologia filosofica del Novecento ma è anche una sorta di avviso sempre vivo su come sia possibile che dalle migliori intenzioni, da una razionalità senza incertezze, si possa generare una tonalità individuale e collettiva che conduce a forme politiche fortemente autoritarie, ai fascismi, alle tecnocrazie neoliberiste.
La dimensione dialettica che pervade anche la riflessione di Marcuse rivela subito la dinamica hegeliana della contraddizione che oltrepassa lo stato di cose esistente verso esiti tra loro diversi. La stessa Ragione che può liberare dal bisogno e dal male può anche asservire a nuovi bisogni, a nuovi mali. Per Marcuse il filosofo non è un medico, non ha il compito di guarire gli individui ma ha il dovere di comprendere il mondo in cui essi vivono, capire la realtà che hanno costruito. E però la filosofia non sorge sul far del crepuscolo, non si limita a prendere atto del reale. Il fatto stesso di comprenderlo è l’inizio del superamento. Questa dimensione propulsiva del sapere è per Marcuse assente da posizioni come quelle neopositiviste e analitiche, nello scientismo riduzionistico e nelle filosofie del linguaggio che si limitano a consacrare il dominio dei luoghi comuni.
Per parafrasare Horkheimer e Adorno, la terra tutta virtuale splende all’insegna di sventurata realtà. La vita è diventata riproduzione di figure dietro e dentro le quali non si dà nulla se non la perpetuazione del dominio di chi possiede gli strumenti della rappresentazione rispetto a chi non li detiene.
Baudrillard sintetizza tali dinamiche della politica contemporanea nella formula dura ma efficace «della leucemizzazione di tutta la sostanza sociale: sostituzione del sangue con la linfa bianca dei media». Coinvolti in questa leucemizzazione, i partiti e i sindacati “rappresentanti dei lavoratori” sono in realtà diventati i loro nemici e il segno monetario si disconnette «da qualsiasi produzione sociale: esso entra allora nella speculazione e nell’inflazione illimitata». È esattamente quanto sta accadendo negli anni Venti del XXI secolo.

Democratici?

Tra i tanti commenti dedicati ai risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, tenutesi lo scorso 26 maggio, ne ho letto uno che mi è parso emblematico. Questo:

 

(Fonte: Twitter)

Il testo è stato scritto da un soggetto che su twitter ha come avatar una foto di Enrico Berlinguer e che in altri interventi accusa l’attuale governo italiano di ‘assassinare la democrazia’. E poi scrive questa frase contro il suffragio universale.
Non si tratta di un caso di confusione ideologica da parte di una singola persona. Affermazioni come queste esprimono con efficacia il fondamento antidemocratico del politicamente corretto e, in generale, di chi oggi si crede di sinistra ma vive in sé impulsi decisamente autoritari. Avevo già letto molte affermazioni di questo tenore -formulate anche da persone che conosco- dopo la vittoria dei sostenitori della Brexit nel Regno Unito. Si tratta, lo sappiano o meno, di posizioni vicine a quelle sostenute dal lussemburghese Jean-Claude Juncker -Presidente della Commissione Europea- quando con esemplare chiarezza afferma che «il ne peut pas y avoir de choix démocratique contre les traités européens», ‘non può esserci scelta democratica contro i trattati europei’ (Fonte: Europe : une élection contre la démocratie, di Adlene Mohammedi, «Philitt», 26 maggio 2019).
Negli anni Dieci del XXI secolo semplici cittadini e potenti burocrati europeisti invocano dunque la fine o la neutralizzazione di una conquista di civiltà politica come il diritto di voto garantito a tutti i cittadini. E questo perché i risultati del voto non sono a loro graditi. Sta qui uno dei nuclei di ogni politica autoritaria, classista, tecnocratica. Elementi, questi, che pervadono in modo ormai patologico i sostenitori di una ‘sinistra’ che apprezza la democrazia soltanto quando le elezioni vengono vinte dai suoi esponenti e la rifiuta quando a prevalere sono altri.
Potrei tuttavia essere in fondo d’accordo con l’autore di quel tweet. Con qualche integrazione però: «Vuoi votare? Sostieni un esame nel quale dimostri di aver letto e compreso la Repubblica di Platone, Il Principe di Machiavelli, Il Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, Dialettica dell’illuminismo di Horkheimer e Adorno. Soltanto sulla base (almeno) di questi testi puoi infatti davvero intendere la politica». Siamo d’accordo, amici democratici che disprezzate il suffragio universale allorché i vostri ‘valori’ non prevalgono?

Massacri

Una immensa allucinazione collettiva. Questo è la società dello spettacolo nel XXI secolo. In essa può accadere che una sola immagine cancelli il significato di milioni di altre simili, diventando uno strumento di ciò che l’immagine stessa dice di combattere. Il bambino che alcuni mesi fa è stato trovato morto annegato sulle spiagge turche ha monopolizzato sentimenti comprensibili ma parziali, nascondendo milioni di vittime delle guerre scatenate dall’imperialismo finanziario che mai si riposa nella sua ansia distruttiva. È infatti «difficile trovare nella memoria qualche traccia di una altrettanto viva partecipazione emotiva alla sorte di quel milione di bambini che, a detta di organizzazioni collegate all’Onu, sono deceduti per le conseguenze dirette o indirette (prima di tutto l’embargo esteso a medicine e generi alimentari) della guerra a suo tempo mossa dagli Stati Uniti d’America e dai loro alleati-vassalli all’Iraq» (M.Tarchi, in Diorama letterario, n. 326, p. 1). Quanti sono soliti criticare i ‘populismi’ per il loro parlare ‘alla pancia e non alla testa’ utilizzano a man bassa immagini come quella del bambino annegato, in modo da indurre a loro volta a pensieri e atteggiamenti che nulla hanno di razionale e argomentato. Tanto è vero che molti altri bimbi sono morti allo stesso modo ma di essi lo spettacolo non ha parlato. Le medesime immagini, infatti, se ripetute annoiano, non fanno vendere giornali, non inducono al ‘mi piace’ sui social network.
Gli organi di informazione poco o nulla dicono dei bambini greci ridotti alla fame e alla miseria dalle politiche criminali e usuraie della Troika, le quali sono state criticate da due premi Nobel per l’economia -Stiglitz e Krugman-, i quali ritengono che l’economia ellenica «sia crollata non malgrado, bensì a causa delle misure di austerità che le sono state imposte in maniera tanto assurda quanto criminale» (A. de Benoist, ivi, p. 25). La Grecia è l’esempio più chiaro della violenza totale che l’oligarchia finanziaria esercita cercando «di prendere il controllo della politica degli stati al fine di governare  senza i popoli, smantellare i servizi pubblici ed annullare le acquisizioni sociali. […] Quando la crisi è scoppiata, gli stati si sono indebitati a loro volta per salvare le banche, il che ha trasformato il debito privato in debito pubblico. […] Ci si è comportati come se l’aiuto prestato alla Grecia fosse andato ai greci, quando invece è andato essenzialmente ai loro creditori, permettendo così alle banche più esposte di ricapitalizzarsi per il tramite dello stato greco» (Ivi, pp. 24-25).
Tutto questo, lo sterminio di intere società ed economie da parte di oligarchie senza scrupoli, avviene in un’epoca che moltiplica il linguaggio ‘politicamente corretto’ (sino a farne un dogma) e ciancia a ogni passo di diritti dell’uomo. Il fatto è che «la morale dei ‘diritti dell’uomo’ non è altro che un travestimento degli interessi finanziari» (Ivi, p. 11).
Le potenze che blaterano di diritti umani, le potenze che poi sono pronte a sospendere tali diritti quando vengono direttamente attaccate -come sta succedendo in questi giorni a Parigi e come accadrà ancora-, sono le stesse potenze che hanno invaso e distrutto i regimi arabi laici dell’Iraq, della Libia, della Siria, sono dunque le stesse potenze che all’inizio hanno creato e finanziato organizzazioni come l’Isis, poiché -afferma Richard Labéviere- «la lotta contro il terrorismo genera milioni di posti di lavoro nelle industrie dell’armamento, della comunicazione ecc. Il terrorismo è necessario all’evoluzione del sistema capitalista, che si riconfigura in permanenza gestendo la crisi. […] L’Isis non viene quindi sradicato, ma tenuto in vita» (Ivi, p. 12).
I massacratori dello Stato islamico sono degli immondi fanatici che portano alle più radicali ma legittime conseguenze la logica costitutiva di ogni monoteismo esclusivo ed escludente, la logica biblica e coranica, come succede da due millenni. I massacratori dell’Isis sono il frutto delle guerre e dei servizi segreti di quegli stessi stati i cui cittadini inermi sono poi alla mercé di organizzazioni violente e di assassini che non esisterebbero se l’espansionismo anglosassone e francese non li avesse creati, come di fatto li ha creati. Gli stati servi delle strutture finanziarie internazionali stanno agendo come degli apprendisti stregoni, che evocano potenze oscure ed estreme, senza poi essere in grado di controllarle. Le prime responsabili dei massacri sono quindi le classi dirigenti che hanno tradito gli interessi dei loro popoli e si sono poste al servizio dell’internazionalismo finanziario. Gli assassini di Parigi sono il braccio armato del terrore di questi stati e di tali organizzazioni economiche. I massacratori di Parigi costituiscono una magnifica occasione per militarizzare i territori e reprimere così ogni dissenso.
La storia delle società umane non è mai stata un esempio di giustizia e di pace e tale continua a rimanere anche nell’epoca -il nostro presente- che dice di essere libera e democratica. Ancora una volta, «la terra interamente illuminata splende all’insegna di trionfale sventura» (Horkheimer-Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi 1997, p. 11).

Programmi dell'a.a. 2015-2016

Dall’anno accademico 2015-2016 insegnerò anche Estetica.
Pubblico qui i pdf dei programmi che svolgeremo.

Filosofia della mente (Corso Magistrale in Scienze filosofiche): Il libero arbitrio tra neuroscienze e filosofia (pdf)

Storia dell’estetica (Corso Magistrale in Scienze filosofiche): L’estetica dello spazio in Proust (pdf)

Sociologia della cultura (Corso Magistrale in Comunicazione della cultura e dello spettacolo): Industria culturale e società dello spettacolo (pdf)

 

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