È con amaro disgusto che scrivo queste poche righe. Vivo altrove, infatti, e non vorrei più occupare la mente a rovistare nella merda. Ma Platone ci ha insegnato che non si deve permettere ai filosofi «di starsene lassù e di non volerne più sapere di tornare dai compagni in catene, e di condividere i loro onori e le loro fatiche, grandi o piccole che siano»; in questo caso, infatti, «dei pezzenti avidi di trar profitto personale si avventano sul bene pubblico» (Repubblica, VII, 519A e 521A). E allora diciamolo ancora una volta, pur in un piccolo e insignificante spazio come questo, diciamo che quanto oggi alcuni apprendono con sconcerto è evidente da decenni a chi abbia occhi e mente. Ripetiamo non soltanto che il potere è ovunque il risultato della natura perversa dell’umano ma che da vent’anni l’Italia è in mano a soggetti le cui fortune cominciarono con i soldi della mafia palermitana. Ciò che molte anime belle vanno oggi scoprendo -“ohibò, i Palazzi romani, milanesi, napoletani sono abitati da camorristi, ndranghetisti e malviventi assortiti”- è lampante da decenni. Non c’è alcun rapporto tra il governo nazionale e la malavita, l’attuale governo è la malavita.L’Italia è violentata ogni giorno dalle bande criminali che hanno occupato i ministeri romani, gli assessorati regionali, gli enti locali da Bordighera a Bronte. E lo hanno fatto con l’attiva e complice presenza degli ex comunisti, dei cattolici vaticani, degli eredi di un partito supremamente “giustizialista” qual era il MSI, dei leghisti secessionisti che hanno imparato ormai a imitare perfettamente la corruzione romana, di una legione di giornalisti asserviti. Si può sperare non nel senso civico degli italiani, che non esiste se non in piccole minoranze, ma nella miseria economica ormai sempre più incombente. In ogni caso, all’Italia va ripetuto quanto già disse Pasolini: «Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo».
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3 commenti
agbiuso
Che i recenti governi italiani non abbiano rapporti con la malavita ma siano la malavita -come scrivevo qui tempo fa- è confermato dalla vicenda delle liste elettorali berlusconiane. Vicenda che neppure un narratore fantasioso avrebbe saputo inventare.
Ne scrive con precisione Francesco Merlo su Repubblica di oggi: La Tamurriata degli Impresentabili.
Ne riporto qualche stralcio:
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Contro la mafia e la camorra ha dunque vinto la malavita padana, da Milano a Firenze, da Berlusconi a Verdini, da Formigoni a Bossi. I due boss meridionali sono stati “consegnati”. Il malaffare del Nord si è liberato del malaffare del Sud perché se il bottino comincia a restringersi è ovvio che scoppino le faide all’interno delle cosche e tra cosca e cosca. E così alla fine l’operazione pulizia del Pdl ricorda “la cessione” alla polizia di Riina da parte di Provenzano, è l’amputazione della parte più esposta. E lo scopo non è tanto quello di imbrogliare gli elettori, visto che le liste sono comunque gonfie di impresentabili e il più impresentabile di tutti è Berlusconi, carico di processi e di sospetti, di insinuazioni e di condanne cadute in prescrizione. No, il vero scopo è salvare la famiglia, la roba, il patrimonio. I soldati possono e devono essere sacrificati quando è in gioco il bene supremo del potere.
Ma Cosentino ha fatto il guappo e Dell’Utri il boss di “panza”. Cosentino insomma si è mangiato le schede, e alcune le ha risputate mentre altre se le è portate via, poi ha urlato e minacciato, ha tenuto in ostaggio Berlusconi per una settimana. Addirittura domenica notte “Nick o mericano” si è chiuso in una camera con Silvio e mentre questo cercava di comprarne il sacrificio quello gli rispondeva facendogli il gesto delle manette. E intanto le altre sontuose stanze di Palazzo Grazioli venivano ridotte a vicoli da una folla di questuanti, ex ministri ed ex sottosegretari in fila ad aspettare che il Signore medievale decidesse del loro destino.
Alla fine l’uscita di scena di Cosentino, con la sparizione delle firme e la tarantella contro il giustizialismo e contro “Berlusconi il burattinaio” all’Hotel Terminus e alla Stazione Centrale di Napoli, è stata così chiassosa e così volgare che forse il Pdl sarebbe stato più presentabile se Cosentino fosse rimasto in lista. Diciamo la verità: avrebbero fatto più figura a tenerselo dentro. Questa espulsione infatti non dà certo l’idea della pulizia visto che, andandosene, il guappo non ha mancato di sporcare tutto.
Adriana Bolfo
In generale -e sempre- il dettato costituzionale sarebbe un ottimo programma di un (qualunque?) partito pulito e volenteroso.
Con ciò, chioso, a mio modo, quanto Edoardo Sanguineti rispose a un politico che parlava di programma: “Il programma è il dettato costituzionale”. (Non nomino né il politico né la circostanza perché la seconda non conosco e il primo, quindi, risulterebbe decontestualizzato, non sapendo io che cosa dicesse prima e dopo).
A proposito: la libertà d’impresa è prevista!! (Ricordiamo il tormentone di circa un mese fa?). E, comunque, il politico NON era LUI.
Dario Generali
Caro Alberto,
come sempre, quello che scrivi rappresenta una lucida analisi delle condizioni civili e politiche del nostro paese. L’amaro giudizio sul livello morale della nazione è purtroppo realistico e condivisibile ed è difficile sfuggire allo scoraggiamento di fronte a un popolo che sembra essere perfettamente in linea con il degrado dei politici e dei governi che lo rappresentano.
Come sempre, però, non si può giudicare un popolo dalle sue masse, che sono quasi sempre prive di qualità intellettuali e mosse da logiche di sopravvivenza e di ricerca di benessere materiale. In considerazione di questo l’esigua minoranza a cui fai riferimento rappresenta invece la parte degna del paese, che sola meriterebbe considerazione e possibilità decisionale. Questa minoranza esprime intellettuali di notevole valore, spesso marginalizzati in Italia e che lavorano nelle università e negli istituti di ricerca di tutto il mondo. Basterebbe che a questi soggetti venisse restituito il ruolo che dovrebbero avere nel nostro paese per ottenere quella rinascita morale e civile che tutti auspichiamo e che restituirebbe l’Italia alla condizione di paese civile che ha perso da tempo, probabilmente, dalla prima Guerra mondiale, con la parentesi della resistenza contro il fascismo.
Dovremmo certo prima liberarci dall’egemonia della criminalità organizzata e questo è un compito arduo, ma anche liberarci dal fascismo non fu un’operazione semplice e indolore.
Ora è tutto meno drammatico e più subdolo, ma basterebbe far sì che i magistrati potessero agire liberamente e in linea con il dettato costituzionale per fare grandi passi in avanti verso quell’obiettivo.
Un caro saluto.
Dario