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Socrate e i comportamentisti

Leggo un articolo sulla scuola che critica un presunto aumento delle bocciature. Sono analisi e interpretazioni come queste che favoriscono la propaganda del regime berlusconiano. Vi si accredita, infatti, quello stesso “rigore” che ministra e governo sbandierano e che invece è del tutto finto e strumentale.

– I dati si riferiscono al 10 % delle scuole. Il campione è omogeneo (per regione, tipo di scuole…) o è casuale? Comunque sia, si tratta di una percentuale troppo bassa per estrapolare conclusioni generali – Il numero dei bocciati e dei non ammessi si mantiene su livelli del tutto fisiologici e secondo me ancora troppo bassi – Il vero problema è la totale assenza in Italia di seri canali professionali (come quelli presenti in Germania e nei Paesi scandinavi), che induce a una crescita abnorme dei licei, con i relativi gravi problemi di orientamento, di permanenza, di sbocchi lavorativi. Una crescita che i ministri di tutte le tendenze e maggioranze hanno sempre incoraggiato, sbagliando – L’articolo fa riferimento a quella didattica del “successo formativo” che costituisce l’estrema e banale eredità del comportamentismo, una visione pedagogica e antropologica entrata ormai nella storia e per fortuna uscita dal presente – Si ignora sempre e pervicacemente che l’apprendimento ha una struttura socratica, è frutto del rapporto tra allievo, docente e istituzione e non soltanto degli ultimi due elementi – Si ignora dunque, ma chi sta a scuola sa bene di che cosa parlo, il fatto che esistono ragazzi i quali semplicemente non hanno talento e volontà di studiare – La chiusa economicisitica è micidiale e totalmente “tremontiana”. Promuovere o bocciare in base a criteri finanziari e non didattici o culturali è una gravissima aberrazione (oltre che un comportamento fuori legge).

Fino a che l’opposizione alla attuale ministra si farà con gli argomenti dell’articolo di Repubblica, lei e il suo governo potranno stare tranquilli e agire quasi indisturbati nella trasformazione della scuola pubblica italiana in un immenso istituto privato, dove si paga e non si impara, dove la percentuale dei bocciati sfiora lo zero assoluto, dove il “successo formativo” è garantito a tutti. Ottimo modello, vero?

2 commenti

  • Mariella Catasta

    Giugno 21, 2009

    Si , è molto triste capire di non aver alternative o meglio di averne pochissime per uscire dall’impasse. La scuola credo, debba con forza riprendere il suo ruolo di istituzione capace di innescare processi di democraticizzazione della società e i docenti devono riappropriarsi della dignità di “professionisti dell’educazione”. Non si può perdere tempo a cercare il colpevole della situazione attuale, della decadenza della scuola pubblica e degli insegnanti .
    E’ anche vero che un esercito di fannulloni ha reso la scuola uno spegnitoio di anime e non un luogo di trasmissione e rielaborazione critica di cultura. Contrastare l’insuccesso scolastico richiedeva e rchiede un impegno , un forte impegno, una sfida.
    Occorre sfidare la logica del giocare al ribasso adottata dai governi di turno ,le logiche nichilistiche che serpeggiavano e serpeggiano nei Collegi dei docenti, le logiche distruttiviste delle proposte di impegno da parte di quei docenti che hanno comunque continuato a credere nell’importanza del propio ruolo e dell’educazione.
    La scuola dell’Autonomia attraverso la flessibilità organizzativa e didattica avrebbe dovuto rispondere ai bisogni formativi e culturali degli utenti e alla complessità sociale; invece l’autonomia si è tradotta in molti contesti in una fabbrica di autoreferenzialità progettuale ha creato la scuola dei Progetti non dei Soggetti , la scuola che ha perso di vista gli obiettivi fondamentali e la propria ragion d’essere . Oggi i dispersi aumentano , aumentano le prove , i criteri di valutazione per stabilire il voto di condotta , si indietreggia di oltre un cinquantennio e la repressione prende il posto della ricercazione, delle sperimentazioni capaci di illuminare la didattica e di trovare nuove strategie sempre più diversificate per affinare gli strumenti del docente per vincere la propria demotivazione e quella del discente.
    Chi ha vissuto l’ultimo quindicennio come genitore e quindi utente della scuola pubblica ha sicuramente vissuto le contraddizioni e il disagio forte unito al disorientamento dei propri ragazzi che invece di trovare nella scuola quell’ istituzione capace di promovere la crescita della persona, ha trovato un luogo di male- essere , di mortificazione dell’intelligenza causa spesso di disagio e di vera e propria mortalità dello spirito. Io credo che i docenti siano corresponsabili del fallimento, per molti anni hanno chiuso gli occhi, si sono distratti sono inevitabilmente caduti nel vortice della crisi valoriale “della quiete nella non -speranza ” e non hanno avuto e forse ancora non hanno la forza di contrastare l’assefuazione della mancanza di certezza del diritto e della decadenza morale e culturale .

  • Dario Generali

    Giugno 19, 2009

    Caro Alberto,

    contro questa concezione della scuola abbiamo combattuto per un decennio,
    fondando una rivista come “il Voltaire” e organizzando convegni, dibattiti e
    conferenze.
    Scrivi giustamente che un’opposizione all’attuale governo animata da logiche
    e argomenti del tutto simili alla mentalità che si vuole combattere non può
    che essere destinata al fallimento.
    Il problema è che, in alcuni settori, la sinistra ormai da molto tempo non è
    in grado di comprendere ciò che è democratico e ciò che non lo è.
    Ritenere la meritocrazia un criterio antidemocratico è un errore radicale,
    che mostra la totale mancanza di intelligenza politica, ma non solo, della
    sinistra. Facendosi portavoce del berlingueriano “diritto al successo
    formativo” si sono reintrodotti di soppiatto i criteri di selezione
    professionale dei collegi privilegiati, eliminati in Lombardia, nella
    stagione illuministica, da Maria Teresa d’Asburgo. Promuovendo e facendo
    laureare tutti quelli che fanno il minimo sforzo di iscriversi a una scuola
    o a un’università e fingono di studiare qualcosa, si sposta la selezione dal
    piano dei meriti personali a quello delle condizioni sociali. Il figlio del
    portinaio potrà quindi certo laurearsi brillantemente, per esempio, in
    legge, ma ad esercitare la professione forense sarà quasi solo chi ha il
    padre, o il nonno, o lo zio, o l’amante della madre o il proprio ad avere
    uno studio noto e avviato. Così accade naturalmente anche per le altre
    professioni liberali e non solo. Non è infatti un caso che recenti
    statistiche ci dicano che il 70% dei giovani finisce per esercitare le
    professioni dei propri genitori.
    Una scuola lassista e di scarsa qualità non è democratica anche perché nega
    ai giovani intelligenti e motivati, ma provenienti da situazioni sociali
    deprivate culturalmente, la fondamentale possibilità di emancipazione dalle
    proprie condizioni iniziali, che una buona scuola sempre deve garantire.
    Credo che la rovina del nostro paese, che l’ha consegnato nelle mani di un
    tiranno e di un cialtrone, sia l’estrema corruzione e degenerazione dei
    partiti tradizionali, a partire dai socialisti di Craxi sino a tutte le
    altre formazioni della prima Repubblica e di quella attuale. Dal regime non
    riusciremo a liberarci sintanto che non ci sarà un profondo rinnovamento dei
    partiti e, in primo luogo, di quelli della sinistra, che cacci corrotti e
    mentecatti, scegliendo come propri rappresentanti i soggetti migliori della
    nazione, gli unici in grado di governare per il bene di tutti. Sino ad
    allora non ci resterà che votare i partiti antiberlusconiani con grande
    tristezza, sapendo di aver scelto per il meno peggio, ma sempre per un male.
    Un caro saluto.
    Dario

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