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Violenza

Ho ricevuto una mail da una giovane -e assolutamente pacifica- collega nella quale mi racconta di quanto le è accaduto lo scorso 7 dicembre a Milano: «Ho fatto in tempo, però, a esser sotto la carica della polizia alla prima della Scala. Per fortuna ho preso solo un pestone sulla gamba nella fuga. Ovviamente, non te lo sto nemmeno a dire, non avevamo armi caschi o altro e non c’era gente dei centri sociali quelli del teatro piccolo avevano le facce dipinte da pagliaccio e forse quello era il massimo dell’aggressività espressa! Non facevamo altro che gridare quando hanno cominciato a manganellare pesantemente».
Il 15 dicembre sulla ml del Didaweb, Luigi Ambrosi ha inserito una riflessione nella quale -tra l’altro- afferma che «qualcuno dibatte, si meraviglia, si scandalizza su quelle ore di guerriglia urbana a Roma. Viene in mente Contessa: “Voi gente per bene che pace cercate, la pace cercate per far quel che volete.”. Insomma, vorrebbero che tre milioni di giovani si consumino senza rabbia nella disoccupazione e nel precariato, con la certezza di non aver alcun futuro da programmare o costruire, economicamente non in grado per organizzarsi una vita autonoma, costretti a restare in casa dei genitori, rinviare ogni scelta di vita, di coppia, di figli, senza reddito, abbandonati alla disperazione? Vorrebbero che si faccia da spettatori tranquilli alla loro esibizione e spreco di ricchezza pubblica? Che si tolleri serenamente l’arroganza del loro comitato d’affari legato strettamente a industriali, banchieri, grande criminalità e proprie parentele? Gli studenti dovrebbero assistere in silenzio alla distruzione della scuola pubblica e di quanto ciò determina nella vita quotidiana?».
Ho risposto così:
«Condivido.
L’infamia di una ricchezza esibita senza pudore, di una compravendita di deputati che ha annichilito quanto rimaneva di decente nelle istituzioni repubblicane, di una complicità a tutti i livelli con il governo più inefficiente e criminale della storia d’Italia, spero non sarà sopportata a lungo. Temo, però, che il veleno televisivo con il quale gli italiani sono lobotomizzati da vent’anni abbia prodotto danni irreversibili all’apparato cerebrale della nazione. E che quanto avviene -le rivolte dell’Aquila, di Napoli, di Roma- siano semplici riflessi di un corpo senza più coscienza. Ma, naturalmente, non bisogna rassegnarsi mai. Mai arrendersi. Come diceva Jacob Burckhardt a proposito dei Greci: “pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà”».
Le provocazioni esplicitamente dittatoriali che un senatore del P(artito) d(ei) L(adri) sta formulando in questi giorni -in vista delle manifestazioni contro la distruzione della scuola e dell’università- dimostrano ancora una volta come la prima violenza, la violenza assoluta, sia quella del potere e dei suoi servi.

10 commenti

  • Ricupero Salvatore

    Dicembre 26, 2010

    Anche se non intervengo quasi mai, vi leggo sempre. Sono poche le letture, oggi, che descrivono in modo chiaro la realtà per quella che è. Volevo solo ribadire che da sempre sono stato convinto che la non violenza è l’unica barriere invalicabile da opporre a qualsiasi atto di violenza. Ma oggi forse ciò non basta perchè la violenza non è solo fisica ma anche mediatica e stravolgente al punto da sovrapporre una realtà virtuale a quella reale. Sta qui il senso della mia domanda “che fare?”. Mi sembra che il web sia uno degli ultimi domini di resistenza collettiva. Il potere lo ha capito e cerca in ogni modo di controllarlo. Sono inoltre convinto che le “oasi di ristoro” jungeriane, dove poter continuamente calibrare la propria vita su una esistenza autentica, il “rifocillarsi” alle sorgenti della poesia, dell’amore e dell’arte, possano costituire un rivitalizzante sempre più necessario per un impegno sociale, politico e culturale in questa epoca di assoluto nulla. Resta comunque sempre il dubbio di una azione personale insufficiente ed inadeguata, ma qui riprendo quanto ha scritto lei prof. Biuso, “pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà”» per dire che anche nel dubbio bisogna
    “agire”. Concludo sottolinenando che la violenza contro i nostri studenti, durante le manifestazioni è violenza su violenza. Violenza delle istituzioni contro la libertà di opinione dei giovani di poter manifestare il loro dissenso sovrapposta alla violenza di un futuro negato. Perdonate le mie banalità e auguro a tutti un presente di buon auspicio per un futuro migliore. buon lavoro!

  • agbiuso

    Dicembre 26, 2010

    Caro Prof. Ricupero, anzitutto ben tornato in questo spazio.
    Come immaginerà, condivido le sue considerazioni e ritengo anch’io centrale la questione del “che cosa fare”. A quanto detto sinora, aggiungo soltanto che l’intervento dal quale ha avuto origine la discussione è un’esplicita accusa rivolta alla violenza esercitata dall’attuale governo italiano nelle piazze (manganelli, cariche, repressione), nell’economia (vantaggi per i ceti più abbienti e per le lobby), nelle istituzioni (corruzione dei parlamentari, orgia delle raccomandazioni e del “familismo amorale“), nella società (sostegno alla malavita di alto bordo, incapacità strutturale di affrontare i problemi socio-economici dai quali siamo attanagliati, attacco senza precedenti alla scuola e all’università), nella comunicazione (la tv italiana ridotta a una parodia di quella nordcoreana).
    Di fronte a tutto questo -lo ribadisco- ritengo legittima l’azione di “chiunque oggi in Italia si ribelli e in qualunque forma lo faccia”.

  • Ricupero Salvatore

    Dicembre 25, 2010

    Negli anni settanta del secolo scorso un professore dell’università di Cosenza, Pino Arlacchi, scriveva un saggio memorabile dal titolo “La mafia imprenditrice” in cui descriveva la allora mutazione in atto della mafia da organizzazione criminale ad organizzazione economica imprenditoriale, gestita da colletti bianchi. In quegli stessi anni si cementificava Milano 2. La classe politica di allora non considerò con la dovuta preoccupazione il fenomeno. Il decreto denominato “Craxi” sulla attribuzione delle frequenze in etere per le trasmissioni televisive attribuite al nostro caro leviatano, anni ottanta, passarano nel quasi totale silenzio da parte dell’opposizione dell’allora governo di centrosinistra. Il primo governo di sinistra della storia Repubblicana, governo Dalema, fu incapace di formulare ed approvare una legge sul conflitto di interesse. Paura o compromesso con il leviatano? Risultato di questa dinamica degli eventi politici, percorsi a grandi passi, è che la mafia oggi non possiede solo il potere economico del paese, anzi la mafia forse oggi non esiste più nelle forme in cui la immaginavamo negli anni 70-80,ma anche il potere legislativo ed esecutivo di questo paese. E si appresta ad impossessarsi anche di quello giudiziario, ultimo baluardo di resistenza. Vengo al punto e chiedo ai proff. Dario Generali e Alberto Biuso, per chi crede che la società italiana stia scivolando in un baratro senza fondo come può contribuire ad invertirne il declino? La resistenza nei luoghi di lavoro, la forza delle proprie idee applicate nella quotidianità e la intolleranza a qualsiasi forma di berlusconismo non bastano forse più. Affermo ciò con esperienza sul campo. Insegno anche io e pur essendo docente di materie tecnico-scientifiche, spesso proietto film (l’ultimo è stato Agora)per stimolare la discussione, insomma per seminare il dubbio e far nascere la riflessione nei ragazzi, che possa avviarli ad essere spiriti liberi. Mi rendo conto però che si tratta di una lotta impari, contro una società che non esprime più niente se non i valori incarnati in sb. PS mia filglia è una esile liceale, che studia a casa mediamente 4 ore al giorno e che ha partecipato a tutte le manifestazioni studentesche della sua città. Mi sono sentito una indignazione a fior di pelle quando il delinquente che dirige attualmente il nostro governo ha definito violenti ed asini tutti gli studenti che partecipavano alle manifestazioni. Saluti ed auguri per un futuro più sereno per gli spiriti ribelli

  • diegob

    Dicembre 22, 2010

    caro prof. generali,

    sicuramente è così, ed è assolutamente inopportuno evocare l’uso della violenza, direi estremamente velleitario, meglio ribadirlo ancora una volta

    e se un potere è odioso e corrotto, questo non basta di certo a rendere opportune azioni pericolose

    la mia domanda era più sull’orizzonte storico e teorico, perchè trovo sempre molto affascinanti, seppur tragici, nella storia, quei momenti di passaggio, quando un involucro si rompe e ad un ordine se ne sostituisce un altro (anche se poi, per taluni, e basta leggersi il gattopardo, in realtà le rotture spesso sono apparenti e in sottofondo prevalgono le continuità)

  • Dario Generali

    Dicembre 22, 2010

    Caro Diego,

    ha assolutamente ragione nel sottolineare che le rivoluzioni si sono quasi sempre imposte con la forza e certo non rispettando la legalità dei governi che hanno soppiantato.
    Per agire secondo modelli di questo genere è però necessario avere la forza per poterlo fare, perché diversamente si subiscono sconfitte pesanti e controproducenti.
    In tal senso mi sento di condividere in pieno le argomentazioni finemente illustrate da Alberto Biuso (commento 4), che chiariscono il senso dell’inopportunità di ricorrere alla violenza durante le manifestazioni tenute nel nostro paese in questo frangente storico.

  • marco de paoli

    Dicembre 21, 2010

    No, scusami Dario, questa proprio non te la passo.
    Parlo im Detail e intendo l’anima bella.
    Hegel ha scritto “pagine ultimative” sull'”anima bella”?
    Hegel è come un salumaio, un salumaio col panzone che mangia crauti e rutta quando parla della schone Seele, dell'”anima bella” di Schiller. Hegel non ha capito un fico secco di cosa sia veramente l'”anima bella” di Schiller. Goethe poteva capire Schiller, non certo Hegel.

  • agbiuso

    Dicembre 21, 2010

    Caro Diego, le sue domande sono molto pertinenti.
    La violenza contro la tirannide e in risposta alla violenza del potere è senz’altro legittima e nessuna rivoluzione può essere -per definizione- legale. Non c’è dubbio che l’attuale governo italiano è violento nelle sue forme; illegittimo nella sua origine in quanto frutto: 1. di una legge elettorale che toglie qualsiasi rappresentanza ai cittadini a favore invece dei partiti (la legge-porcata definita in questo modo dal suo stesso estensore) e 2. della corruzione (voto di scambio); ingiusto perché dedito soltanto al vantaggio delle lobby più potenti tramite una gestione illegale dei beni e delle necessità pubbliche (gli esempi sono innumerevoli e costituiscono il tessuto quotidiano della politica italiana).
    Il problema quindi non è, per quanto mi riguarda, la liceità della violenza ma la sua efficacia. I movimenti studenteschi hanno perfettamente ragione ma sono scarsamente organizzati, privi di servizi d’ordine, pronti a essere massacrati dalla polizia. Il rischio è dunque che tutto si risolva in delle jacqueries facilmente represse e sterili nei risultati.

    Come studioso questa è la mia perplessità ma come cittadino do la mia solidarietà a chiunque oggi in Italia si ribelli e in qualunque forma lo faccia. La vera violenza, infatti, è quella esercitata da un governo che ha il sostegno di camorristi, mafiosi, corrotti -alcuni dei quali giudicati tali anche dal terzo potere dello stato, la magistratura- che siedono ancora in parlamento, che hanno a disposizione i poliziotti come scorta personale invece che come secondini nelle galere, che mostrano col loro ghigno di intoccabili un’arroganza senza pari.
    In sintesi: non riconosco alcuna legittimità, né formale né sostanziale, all’attuale governo, il quale ha precipitato la società italiana in quella condizione di natura in cui ciascuno riacquista il pieno diritto a una libertà assoluta. Il problema quindi non è la violenza ma la sua efficacia e, soprattutto, il fatto che tornati tutti allo jus in omnia a prevalere è la forza, oggi chiaramente in mano agli apparati repressivi dello stato.
    In una situazione così chiusa, cerco di esercitare due pratiche di resistenza e di rivolta:
    1. Scrivere, comunicare, utilizzare la forza delle idee.
    2. Rifiutare di intrattenere rapporti personali con quanti si dichiarano apertamente “berlusconiani”. Lo so, può apparire una forma di intolleranza e lo è ma costituisce un modo per schierarsi nella guerra civile che le bande di criminali arrivate al potere hanno scatenato contro la parte più decente della società italiana, contro la sua tradizione di bellezza culturale e paesaggistica, contro il futuro di tutti noi.

  • diegob

    Dicembre 21, 2010

    cari prof.ssori biuso e generali, avrei una domanda per entrambi:

    è vero che la protesta violenta o quantomeno ai limiti della legalità è controproducente, è più una forma comprensibile di reazione ad una violenza di fatto

    ma allora, nel corso della storia, come inquadriamo quei momenti in cui fra legalità e reali esigenze del corpo sociale c’è una frattura tale da portare, inevitabilmente, a dolorose, fisiche, azioni?

    mi riferisco per esempio alla rivoluzione francese; era legale, la rivoluzione?

    certo, nell’oggi, preservare le leggi e l’ordinamento democratico è essenziale, auspicabile, doveroso

    ma nel corso degli umani eventi, quando è che si avverte che un nuovo ordine dovrà sostituire il vecchio?

    e poi ancora: se il pianeta non sopporta l’antropico pesante fardello della globalizzazione, allora, come s’usava dire tanti anni fa, ribellarsi è giusto?

    secondo me il crinale fra giusto e ingiusto è sempre stretto

  • agbiuso

    Dicembre 20, 2010

    Le tue analisi, caro Dario, sono sempre lucidissime e da me condivise. Ti ringrazio per averle enunciate qui.
    La forma di lotta più efficace contro l’infamia che ci governa è quella che tu indichi.
    La mia intenzione è di esprimere solidarietà a quanti si oppongono alla violenza istituzionale che sta diventando sempre più pervasiva, quotidiana, pericolosa, asfissiante.
    Il controllo capillare dei cittadini viene esercitato coi media nelle case e con la violenza manganellatrice nelle piazze. Come sai, tutto questo ha un nome nella storia recente: totalitarismo. Il fatto che rispetto a Stalin e a Hitler l’attuale capo del governo italiano appaia una macchietta non deve ingannare sulla feroce determinazione che lo muove nella gestione del potere ai fini dei privati interessi suoi e dei suoi complici, anche nella malavita.
    Un analista -certamente lontano da qualunque anarchismo- come Furio Colombo denunciava qualche mese fa il fondo umiliante toccato dalle istituzioni italiane.
    Non spero più di vedere s.b. in carcere e neppure in fuga all’estero, mi basterebbe che non fosse a capo del governo.

  • Dario Generali

    Dicembre 20, 2010

    Caro Alberto,

    come sempre condivido quello che dici e le analisi purtroppo realistiche della situazione degradata del paese.
    Le azioni violente dei giovani sono comprensibili come reazioni emotive di chi “subisce il torto” da una società e da uno stato profondamente corrotti, dove il diritto viene fatto rispettare solo ai deboli, mentre i potenti infrangono ogni norma impunemente e con arrogante protervia.
    Credo tuttavia che tali azioni siano irrazionali e da evitare, perché decisamente controproducenti. La lotta, quotidiana e implacabile, la si deve condurre nelle istituzioni e cercando di far rispettare lo stato di diritto in ogni momento, agendo come una continua spina nel fianco di corrotti, mafiosi, ladri e prevaricatori. Capisco che un gesto di violenza possa essere liberatorio per chi non fa che subire ogni giorno l’oppressione di una classe dirigente indegna e corrotta, ma è una soddisfazione da anima bella romantica, sui cui limiti Hegel ha scritto pagine ultimative. La vera resistenza la si fa nei luoghi in cui noi operiamo ogni giorno, nelle sedi istituzionali e di lavoro, cercando di creare una nuova coscienza civile e intellettuale, anche se, come ci siamo detti molte volte, in Italia sembra quasi un compito impossibile, almeno nel breve e medio termine.
    E’ chi si comporta in modo impeccabile nelle forme, ma che attacca in ogni momento il potere costituito con le armi razionali e legali del diritto, che produce il massimo fastidio e pone le premesse concrete per una rinascita e non chi, con le sue stesse azioni, si pone dalla parte del torto, quantunque abbia nella sostanza tutte le ragioni del mondo.
    I magistrati milanesi infastidiscono Berlusconi e i suoi sodali molto più di cento manifestazioni violente di piazza. Quella sarà, a mio parere, la strada per liberarci da questo incubo, cioè far sì che i giudici possano agire, costringendolo, come è successo a Craxi, a fuggire all’estero come latitante o, ma questo è un sogno quasi irrealizzabile, vederlo finalmente a S. Vittore.
    Un caro saluto.
    Dario

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