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Mente & cervello 66 – Giugno 2010

Il dossier di questo numero di Mente & cervello è dedicato a un tema importantissimo e davvero centrale per la mente: la memoria. I cinque articoli in cui se ne parla costituiscono una buona sintesi della complessità della memoria, delle sue varie forme -a breve termine, episodica, dichiarativo-semantica, autobiografica, procedurale-, del suo costituire l’identità di ogni umano ma anche dell’altrettanto indispensabile capacità di dimenticare. Davvero, come scrisse Nietzsche, «per ogni agire ci vuole oblio», poiché «la capacità di dimenticare è una componente essenziale di una memoria funzionante» (S. Dieguez, p. 59). E un intero articolo è opportunamente dedicato al racconto di Borges Funes el memorioso, splendido esempio di interazione tra la letteratura e la scienza, il fantastico e il razionale. Rimemorazione e dimenticanza costituiscono parte di quel dinamismo continuo che è la vita della mente. Se nella lingua spagnola una forma arcaica per dire “svegliarsi” (despertarse) è “ricordarsi” (recordarse), questo significa che senza memoria non è possibile ritrovare ogni mattina il nostro io. Allo stesso modo, dimenticare è necessario non soltanto per distinguere le informazioni utili alla sopravvivenza e al benessere rispetto a quelle superflue ma anche perché è solo dimenticando che il passato può costituirsi come passato, può passare e non rimanere una forma del presente.

Il tempo è dunque forma e sostanza della memoria e dell’oblio. Ma lo è anche della nostalgia, sentimento che non va inteso soltanto come espressione di malinconia ma pure nelle sue funzioni di equilibratore dell’umore, di rafforzamento dell’autostima e dei legami interpersonali: «non solo la nostalgia accresce il benessere generale, ma agisce anche in chiave preventiva, un po’ come un manto protettivo capace di ostacolare i pensieri cupi che turbano il nostro stato d’animo» (J. Gebauer e C. Sedikides, 69). La solitudine è un’altra condizione intrisa di temporalità. Se «non a caso i grandi innovatori sono sempre stati uomini soli», è anche perché hanno trasformato la noia in occasione di apertura al nuovo, il Kronos delle scadenze e degli impegni sempre uguali nel «Kairos, il tempo delle opportunità» (P.E. Cicerone, 82-83).

Tra gli articoli meno convincenti c’è un’intervista a Michael Gazzaniga che ripropone una visione radicalmente antropocentrica della natura e dei rapporti dell’essere umano con gli altri animali. Una significativa novità che parte da questo numero è invece la presenza di una rubrica di Filosofia della mente curata da Simone Gozzano, il quale sostiene giustamente che «lo spazio per la filosofia nell’ambito degli studi sulla mente e il cervello è assai cospicuo» (9). Interessante è anche un articolo dedicato alla Neurobiologia della saggezza. La saggezza consiste anche in un gioco equilibrato di empiria e astrazione, di particolare e universale, di -ancora una volta- ricordo e oblio. E infatti la sindrome ipertimestica rende Funes «incapace di astrazione e pensiero logico, incapace di svilupparsi come persona» (55). Borges scrive, confermando tutto il valore scientifico delle sue invenzioni letterarie, che nonostante la prodigiosa capacità di imparare lingue e di ricordare eventi piccoli e grandi, il sospetto è che Funes «tuttavia, non fosse molto capace di pensare. Pensare significa dimenticare differenze, significa generalizzare, astrarre. Nel mondo sovraccarico di Funes non c’erano che dettagli, quasi immediati» (Finzioni, qui a p. 58; p. 715 del I volume di Tutte le Opere, Mondadori 1991).

2 commenti

  • Biuso

    Giugno 23, 2010

    La ringrazio molto. Chi insegna, come lei sa, prova una gioia profonda nel trovare persone che ascoltano per il puro piacere dell’imparare.

  • Campo Paolina

    Giugno 22, 2010

    Sono ormai un’assidua frequentatrice del suo sito. Apprezzo molto le sue recensioni.
    Tornare all’università dopo tanti anni, non è stato solo un mettere alla prova ciò che con entusiasmo avevo studiato a vent’anni e constatare cosa(purtroppo) mi ero persa nel frattempo. Nè tanto meno la voglia irrefrenabile di una laurea che adesso non mi serve più.
    La nostalgia di cui lei parla mi ha spinta a tornare in aula, a riprendere vecchi libri, vecchie ed importanti nozioni che ora hanno un significato “pregno”: ci sono “io ragazza” ed “io ora” nell’esigenza di fare spazio a quel “Kairos, il tempo delle opportunità” che dà gioia ed impreziosisce la vita.
    La bellezza di un quadro, di un libro, di un brano musicale riempe senz’altro il cuore. Essere accompagnati alla scoperta di quella bellezza è sicuramente una ricchezza ulteriore.
    Un grazie particolare, quindi, dalla sua allieva più “anziana”.

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