Democrazie pedagogiche
in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
3 dicembre 2023
pagine 1-7
In questo articolo ho cercato di seguire la genesi di ciò che Jacob Talmon definisce «democrazia totalitaria», a partire dal pensiero di Jean-Jacques Rousseau e dall’azione politica dei giacobini.
A fare da fondamento alla politica degli ultimi due secoli sono un’antropologia e una teoria educativa interamente rinnovate e (rispetto al passato) capovolte. Dalla ὕβρις greca al peccato cristiano, dai miti orientali al fatum latino, la realtà della vita umana era sempre stata vista come intrisa di limite, intessuta di dolore, destinata in pochi a una faticosa felicità e nei molti a una pena senza senso, lenita dalle periodiche pause della festa e dalla speranza escatologica in un incerto, enigmatico altrove. Con l’Emilio e con il Contratto sociale la natura umana diventa invece una sostanza plasmabile in tutte le forme, indirizzabile a qualunque obiettivo, docile alle riforme più ardite e pronta quindi alla felicità degli dèi.
Le istituzioni purificate e l’educazione onnipotente divennero quindi lo strumento che avrebbe dovuto sradicare gli impulsi aggressivi per far emergere al loro posto l’innocente bontà della natura umana. Un’antropologia e una teoria dell’educazione alle quali verrebbe da rivolgere la domanda che nel recente film di David Fincher il protagonista a un certo punto pone: «A chi crede nella naturale bontà degli uomini vorrei porre una sola domanda: ‘ma di preciso su che cosa ti basi nel fare questa affermazione?’» (The Killer, USA 2023).
Non la democrazia intesa empiricamente come dialogo, rispetto delle differenze, continuo, faticoso e non garantito miglioramento per prove ed errori, ma la democrazia concepita come necessaria condivisione di una verità salvifica, di valori assoluti in nome dei quali privare della libertà di parola, di movimento, di lavoro chi non li condivide (state pensando anche al Covid19 e alla cancel culture? state pensando bene).
Il testo cerca di indicare la presenza dello spirito totalitario nelle pedagogie che dominano il presente, vale a dire in quelle che determinano la vita quotidiana, il lavoro scientifico, la pratica didattica nelle scuole e nelle università anche italiane.
[Foto di Edwin Andrade su Unsplash]
1 commento
michele del vecchio
Ho letto il libro di Jacob Talmon nei primi anni di quel decennio di follia (e di violenza) che furono, nel nostro paese, gli anni Settanta. Il libro mi colpì e si impresse nella mia memoria. Più che per le singole tesi esposte, provai ammirazione per il coraggio di uno studioso che andava così palesemente controcorrente e che osava ricostruire, con argomentazioni veritiere e incontrovertibili, la genealogia e la provenienza di molti miti accecanti e tossici di quegli anni, (e anche dei successivi). Condividevo pienamente la critica al giacobinismo, alla grande illusione, -in realtà un inganno- della costruzione di un “uomo nuovo” pienamente appiattito sui falsi valori di un egualitarismo distruttivo e autoritario. Hai fatto bene a riproporre alla attenzione dei lettori della tua rubrica questo coraggioso testo di filosofia politica e di denuncia delle “mitologie” antropologiche e pedagogiche di un illuminismo carico di nubi scure e tempestose.