Mente & cervello 59 – Novembre 2009
Psichiatria e psicologia possono essere utili ma possono anche fare molto danno se agiscono al di fuori dello spazio antropologico ed esistenziale dei soggetti sui quali esercitano il loro potere. Un solo esempio: il “caso clinico” di questo numero di M&C. Una donna del Sud d’Italia, nelle cui terre è abitudine erigere altari in casa ai defunti e parlare con loro, si trasferisce dopo la morte del marito in una città del Nord, dove viene giudicata folle -depressa, schizofrenica, schizotipica, schizoide…- quando invece tutte le vedove del suo paese si comportano allo stesso modo.
Una migliore conoscenza della mente umana impedirebbe anche l’orrore della tortura, non per ragioni umanitarie o morali ma per motivi scientifici. Una pratica, la tortura, in continua crescita ovunque ma del tutto inefficace e persino controproducente anche dal punto di vista degli obiettivi politici dei torturatori. Infatti, «lo stress generato dalla tortura ha effetti così negativi sulla memoria da originare falsi ricordi» che aiutino i torturati «a rispondere solo per mettere fine alle sofferenze subite» (M.Scanu, pag. 65). Affermazioni di lampante ovvietà prima che frutto di analisi neurologiche e che già Cesare Beccaria e il nipote Alessandro Manzoni argomentarono con dovizia di esempi storici e di analisi giuridico-psicologiche. In generale «il modo in cui percepiamo la realtà, e dunque anche il suo ricordo, è del tutto soggettivo e guidato da quello che abbiamo provato di fronte a essa più che da una codifica razionale» (S.Inglese, 19).
Passando dall’Homo sapiens ad altri primati, è assai particolare il comportamento dei giovani orangutan che per non subire l’oppressione dei maschi dominanti sono capaci di fermare lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari (rimanendo in qualche modo “cuccioli”) ma di acquisire ugualmente la forza riproduttiva che li induce ad accoppiarsi con le femmine anche quando queste non vogliono, a stuprarle insomma. Una strategia evolutiva peculiare di questa specie e che conferma «un concetto fondamentale della moderna teoria evolutiva (…) che il comportamento non si evolve per il bene della specie o del gruppo, ma per rendere massimo il numero di geni trasmesso da un individuo» (A.Nacey Maggiocalda e R.M.Sapolsky, 102-103), seguendo in parte la controversa ipotesi del “gene egoista” formulata da Richard Dawkins.
Il “vizio capitale” analizzato in questo numero è l’accidia; non semplice pigrizia o depressione ma per la teologia tomistica «essa è tristezza, e gli uomini fanno molte cose per la tristezza come per il piacere» (cit. da M.Barberi, 40). Anche porre fine ai propri giorni. Ma quando lo si fa lasciando una lettera come questa, vuol dire che un senso in ogni caso si è compiuto:
A tutti. Del fatto che muoio non incolpate nessuno e, per favore, non spettegolate. Il defunto l’aveva in grande orrore. Mamma, sorelle e compagni, scusate: questo non è un modo (non lo consiglio agli altri) ma io non ho scelte. Lilja amami. Compagno governo, la mia famiglia sono Lilja Brik, la mamma, le mie sorelle e Veronica Vitoldovna Polonskaja. Se creerai per loro un’esistenza possibile, grazie. Le poesie incompiute datele ai Brik, loro se la sbroglieranno. Come suol dirsi l’incidente è chiuso, la barca dell’amore s’è spezzata conto la vita quotidiana. Tra la vita e me i conti tornano ed è vano elencare guai, dolori, offese. Buone cose.
(Vladimir Majakovskij – 14 aprile 1930; cit. da V.Andreoli, 27).
1 commento
mariella catasta
…l’accidia è incapacità di progettare un mutamento , è l’spressione della “quiete nella non speranza” .
E’ quando si spengono i riflettori e l’unica scance è uscire d scena ,
è espressione della stanchezza , di quel mal di vivere che conosce l’abisso dello sconforto e dell’inutilità del gioco.
E’ la tristezza e la perdita dell’orientamento spazio temporale
è fissare un punto che “rulla” nel nulla
è l’intimo ripiegarsi su stessi , perchè non si ha più nulla da offrire agli altri. Non è desiderio di pace , ma l’assenza di qualsiasi forma e determinzaione dell’ essere.