L’editrice Petite Plaisance sta ripubblicando in versione digitale (pdf) Punti Critici, importante rivista uscita tra la fine degli anni Novanta e gli anni Zero del nostro secolo. Nel numero 2 (settembre-dicembre 1999) vi apparve un mio saggio di argomento pedagogico. Lo metto a disposizione anche qui per chi volesse leggerlo:
Educazione e antropologia (pp. 27-46).
Il tempo trascorso da allora ha dato ragione a molte tesi di questo saggio, come quelle che seguono. Avrei certamente preferito avere avuto torto.
«Livellando le menti verso il basso, il facile, il ludico, la scuola di Berlinguer si illude forse di rinviare l’eccellenza ai dottorati e ai corsi post-universitari, creando in questo modo una casta di scribi, di nuovi mandarini capaci di decidere, progettare, sapere mentre sotto di loro una massa di incolti – ma tutti rigorosamente forniti di diploma o perfino di laurea – si diverte con i videogiochi, qualunque sia il loro travestimento. Si tratta di un’illusione poiché l’eccellenza non nasce mai dal nulla ma da una media tenuta quanto più alta possibile. Il modello scolastico statunitense, classista ed elitario, mostra da tempo il suo fallimento ma i pedagogisti “democratici” e i loro ministri sembrano ignorarlo» (pp. 34.35)
«Il privare le nuove generazioni degli strumenti critici propri della razionalità greca e trasmessi a noi dalle più diverse culture che si sono incontrate nel Mediterraneo e in Europa -la problematicità del dialogo socratico-platonico, la logica di Aristotele, il metodo euclideo, la fIlologia alessandrina – è una scelta funzionale all’imbonimento commerciale e ideologico che è il vero obiettivo dei mezzi di comunicazione di massa. Da tempo negli USA, e sempre più in Italia, se gli studenti non riescono a soddisfare i requisiti di una buona preparazione, si preferisce la facile scorciatoia dell’abbassare il livello delle richieste e degli obiettivi piuttosto che incrementare davvero il rendimento con una serie di strategie inevitabilmente selettive e quindi politicamente poco corrette» (p. 45).
7 commenti
agbiuso
Giorgio Ragazzini
Corriere fiorentino, 19.12.2018
Dopo il sottosegretario che elogiava le occupazioni delle scuole, siamo al ministro dell’interno che sdogana scioperi e autogestioni
Ai dotati di un solo briciolo di buonsenso già era sembrato stupefacente che il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Davide Faraone esaltasse il ruolo formativo delle occupazioni studentesche, nel silenzio opportunistico o connivente dei colleghi di governo e della maggioranza di allora. Ora abbiamo il titolare del Ministero dell’Interno, di cui tutti conosciamo la funzione, che spensieratamente legittima scioperi e autogestioni. Tutte e due le iniziative compromettono lo svolgimento delle lezioni (e stendiamo un velo sull’uso improprio del termine “sciopero”), ma soprattutto le seconde sono, nella maggioranza dei casi, delle occupazioni mascherate, estorte ai presidi che le concedono (comprensibile errore) per potere almeno conservare il controllo della scuola; e si risolvono quasi sempre in un festival di banalità. Il bello è che contestualmente Salvini ribadisce, ignaro della contraddizione, che dall’anno prossimo ci saranno 33 ore di educazione civica (e speriamo che nei nuovi programmi non si forniscano i rudimenti per le attività care a lui e a Faraone).
Si conferma così la trasversalità della deplorevole ricerca del consenso giovanile al più basso livello; e colpisce il ricorso di tutti e due ai propri trascorsi giovanili a supporto di queste esternazioni: “Io ho maturato la mia voglia di fare politica proprio durante un’occupazione”, disse tra l’altro il sottosegretario. “A 15 anni ho fatto tante autogestioni, ho fatto scioperi per la Palestina e per l’Afghanistan. Tutti a 15 anni hanno voglia di esprimersi, basta che non facciano vandalismi, qualche giorno di autogestione non fa male a nessuno”, dichiara Salvini (che poi, nella stessa giornata, ha rincarato la dose facendosi fotografare in rapporti cordiali con alcuni dei peggiori esponenti della curva milanista, pluricondannati per spaccio e violenze e dei quali conosce di sicuro le imprese).
Ma diventare anagraficamente adulti e continuare a strizzare l’occhio al ribellismo giovanile significa tradire la propria funzione di guida delle nuove generazioni, che hanno bisogno sì di comprensione (e a questo può servire la propria esperienza personale), ma anche di chiarezza di giudizio e di fermezza nell’indicare i comportamenti sbagliati.
agbiuso
Per comprendere quanto accade è sufficiente elencare le espressioni e le formule magiche di chi disprezza l’Università e la vorrebbe far morire.
È ciò che fa Francesco Coniglione in questo articolo pubblicato su Roars (1.6.2018), nel quale argomenta le motivazioni delle proprie dimissioni da presidente di Corso di Studio:
Spettatore di un inevitabile naufragio nel mare della complessità. Dimissioni da un disastro.
È anche per le ragioni indicate dal collega che ogni volta che ne ho l’occasione mi pronuncio contro la Qualità.
Dario Generali
Caro Alberto,
rileggere questo tuo articolo è stato un piacere per l’eleganza della tua prosa e per la profondità e l’efficacia delle tue argomentazioni, ma un motivo di sofferenza per la sua assoluta attualità e per la totale correttezza delle tue previsioni. Quello che descrivevi come un disastro in atto ora si è totalmente realizzato, lasciando solo le macerie di quella che è stata l’istituzione scolastica nella quale abbiamo avuto la fortuna di formarci. Le battaglie del nostro gruppo, quelle di Lucio Russo e di tanti altri non sono riuscite a fermare l’imporsi della barbarie e dell’idiozia, che l’amico Pasquale, con l’efficacia icastica della sua scrittura letteraria, definisce efficacemente come il portato del “califfato cristiano” degli “Stati Uniti”, equiparabile a un'”unione sovietica senza soviet”, a un “leninismo in suv”.
La tendenza è anzi ancora peggiorata, giungendo a una normalità anonima e quotidiana dell’idiozia, dove l’inconcludenza insipiente è regola e modello di quella che non è più neppure un’ombra di un’attività didattica decente.
Un caro saluto.
Dario
agbiuso
Sì, caro Dario, abbiamo avuto ragione, anche se speravamo di avere torto.
Abbiamo agito come dovevamo e continuiamo a fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità. Questo conta. Questo è il nostro dovere di cittadini e di intellettuali. Senza farci illusioni ma con assoluta tenacia. Come Platone, siamo costretti “a dire che solo la retta filosofia rende possibile di vedere la giustizia negli affari pubblici e in quelli privati, e a lodare solo essa. Vidi dunque che mai sarebbero cessate le sciagure delle generazioni umane, se prima al potere politico non fossero pervenuti uomini veramente e schiettamente filosofi, o i capi politici delle città non fossero divenuti, per qualche sorte divina, veri filosofi. Così pensavo, quando per la prima volta venni in Italia e in Sicilia” (VII lettera, 326 a) .
PAsquale D'Ascola
Sì sì trasmete trasmette e come. È una radiografia. Del reale e dell’ideale.
Pasquale D'Ascola
“Esiste una cultura non riconducibile alle capacità puramente tecniche e professionali e l’invenzione di questa cultura la si deve ai greci…È qui che nasce l’uomo europeo e cioè quella forma unica al mondo che contrappone alla comunità, allo stato, a dio la propria irriducibilità di singolo”…irriducibilità aggiungerei che fa la differenza tra noi pochi liberi d’Europa e quel califfato cristiano che sono gli Stati Uniti, i cui principi istituzionali e formativi, mi pare di potere dire, sono rivolti al reprimere e omologare. Gli stati uniti sono un’unione sovietica senza soviet.Il leninsimo in suv.
Caro e preclaro amico, ho letto d’un fiato e con enorme rammarico, come si leggono i classici perduti, questo tuo veemente e luminosissimo, numinoso lavoro. Testo che al cespuglio di peli con sotto una ministrella,intesa Fedeli, getterei in faccia a mo’ di guanto di sfida, in luogo del suo favorito libercolo rosso del don Malanni. Non potendo farlo perché mi costerebbe un viaggio a Roma e il non passi al minestrero, mi sono affrettato a inviarlo alla mia direttrice e a qualcuno in più. In più mi prometto di diffonderlo e di darne lettura pubblica al prossimo collegio docenti.
agbiuso
Mio caro amico, “califfato cristiano” è una definizione rigorosa, suggestiva e vera degli Stati Uniti d’America. La tua capacità di definire le entità sociali è davvero stupefacente. Lo conferma la descrizione della Fedeli come “cespuglio di peli con sotto una ministrella”. Magnifico!
Ciò che dici del mio saggio mi riempie di gratitudine. Se ciò che ho scritto è questo che trasmette ai miei amici, ne gioisco dal profondo. E spero che far leggere il testo a persone con responsabilità educative serva un poco a costruire giorno dopo giorno scuole e università che siano intrise di libera intelligenza.
Quella che le tue parole -qualunque sia la loro sede- testimoniano e sono.