Piccolo Teatro Strehler – Milano
La morte di Danton
(Dantons Tod, 1835)
di Georg Büchner
Traduzione di Anita Raja
Con: Giuseppe Battiston, Fausto Cabra, Giovanni Calcagno, Michelangelo Dalisi, Roberto De Francesco, Francesco Di Leva, Pietro Faiella, Denis Fasolo, Gianluigi Fogacci, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Ernesto Mahieux, Carmine Paternoster, Irene Petris, Paolo Pierobon, Mario Pirrello, Alfonso Santagata, Massimiliano Speziani, Luciana Zazzera, Roberto Zibetti
Regia di Mario Martone
Sino al 13 marzo 2016
Trailer dello spettacolo
La storia, a volte, si cristallizza in paradigmi. Bastano quindi i soli nomi a evocare intere visioni della politica e della convivenza umana. Robespierre e Danton sono due di questi nomi evocativi e paradigmatici. L’intransigenza opposta al realismo, la virtù assoluta contro i piaceri della vita, la solitudine del potere preferita alla sua condivisione. Ma i nomi dei due giacobini possono davvero essere ridotti a questo? No, naturalmente. Gli eventi che videro Danton e Robespierre agire insieme contro la monarchia francese e poi dividersi sul corso che la Rivoluzione avrebbe dovuto prendere sono vicende assai più complesse. Danton fu infatti il primo presidente di quel Comitato di salute pubblica che poi lo processò e lo portò alla ghigliottina il 5 aprile 1794, per volontà anche del suo successore Maximilien de Robespierre che venne a sua volta giustiziato il 28 luglio di quello stesso anno.
La Rivoluzione Francese oscilla dunque da sempre tra il progetto di una palingenesi che stabilisca la giustizia nel mondo e la sferzante definizione che Nietzsche ne diede di «orgia della mediocrità» (Frammenti postumi 1887-1888, fr. 9 [116], p. 59 dell’ed. italiana Adelphi, 1979).
È difficile mettere in scena questa complessità, queste contraddizioni. Georg Büchner ne trasse un testo assai concettuale che pochi registi hanno avuto il coraggio di affrontare. Mario Martone lo fa con una compagnia molto numerosa, con i mezzi e il fasto di scenografie ispirate agli artisti dell’epoca e in particolare a Jacques-Louis David, con tanta ambizione. Ma il risultato è modesto. Gli attori sembrano infatti forzati a stare nella loro parte, alcuni recitano addirittura male e con voci troppo deboli, la macchina drammaturgica risulta prevedibile nel suo svolgersi scenico. Soprattutto questa Morte di Danton non trasmette emozioni. E questo nell’arte è un limite fondamentale. Tanto più in uno spettacolo che mette in scena paradigmi così assoluti.
1 commento
Pier Vittorio Molinario
Per riprenderti dalla mezza delusione per La Morte di Danton posso darti un suggerimento molto efficace, anche se un po’ frivolo. Ma a volte le frivolezze, soprattutto se raffinate, ritemprano. Non so se conosci Fred Vargas, alias Frédérique Audoin-Rouzeau, archeozoologa al CNRS, quella de La vérité sur Cesare Battisti per intenderci, che durante le ferie estive scrive romanzi polizieschi un po’ surreali (Rompol, li chiama) che ormai hanno drogato il pubblico francese come a suo tempo i fumetti di Astérix. Ebbene, il suo ultimo rompol (Temps glacières, Flammarion 2015; Tempi glaciali, Einaudi, che mi auguro vivacemente tradotto) uscito la scorsa estate dopo quattro anni di maliziosa sospensione, gioca in buona parte proprio sulla rievocazione delle figure di Robespierre e in second’ordine di Danton. Con una competenza storica che non è solo sorniona.
Mi rendo conto che è la seconda lettura che ti raccomando in due giorni. Ma questa è corroborante, oserei dire affettiva. Vale, Pier