«È una vicenda personale che mi addolora, che rientra nella dimensione privata, e di cui mi pare doveroso non parlare». Eh no, Signor Presidente del Milan, lei non è autorizzato a dire questo, a ricondurre la vicenda alla dimensione “privata”. Lei, che da vent’anni mescola e confonde ogni evento della sua vita con ogni sorta di ambizione politica e finanziaria. Lei che ha fatto della sua persona lo spot vivente di un partito. Lei che parla sempre di tutto e le cui parole tracimano da ogni anfratto dell’universo televisivo. Lei che addita se stesso all’intera nazione come esempio da seguire, imitare, venerare in tutto ciò che fa, dalle vacanze al mare al G8, dalle finali di Coppa Campioni all’amicizia con varie ragazze (l’accusa che ora le rivolge la sua consorte), dalle urla londinesi di “Mr. Obama, Mr. Obama!” sino alle lacrime abruzzesi. Lei ha voluto fare della sua esistenza una “vita inimitabile”, la vita del Re. E, ci ha mostrato Norbert Elias, per i sovrani barocchi nulla c’era di privato: la pubblicità perenne del loro agire costituiva una delle condizioni del loro diritto al potere sull’intera nazione. Il disgusto che sua moglie prova di fronte ai suoi comportamenti rappresenta, pertanto, un fatto politico, come tutti quelli che la riguardano. Lo ha voluto lei.
Per quanto io la disprezzi, le rivolgo un consiglio sincero: non sottovaluti il potere e la tenacia di una donna. L’inizio del declino potrebbe giungere da lì, da una signora umiliata e offesa. Un declino che mi auguro rapido e totale, per il bene dell’intera Italia e, forse, anche della sua famiglia.
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10 commenti
Alberto G. Biuso
L’amico Prof. Elio Rindone mi segnala questo intervento davvero molto concreto e sensato di Nando Dalla Chiesa, pubblicato sull’Unità del 25.6.09 col titolo «Dieci quesiti sul premier ‘privato’»
Gossip da Novella 2000 o affare di Stato? Credere al Tg1 o alla stampa di tutto il mondo? In proposito avrei anch’io, come si usa, dieci interrogativi da proporre.
Primo. A quanto pare il premier trascorre parte ragguardevole del suo tempo coltivando un universo di giovani donne. Pensando a invitarle, a intrattenerle, a inseguirle per telefono, a disegnare e acquistare regali per loro, a raccomandarle. Avere un capo del governo che si dedica a questo invece di lavorare per il paese, e che anzi per loro diserta appuntamenti ufficiali in cui e’ gia’ stato annunciato, è un fatto privato o un fatto pubblico?
Secondo. Il capo del governo ha trasformato una sede privata (palazzo Grazioli) nella nuova vera sede della presidenza del Consiglio. Alla luce di quello che abbiamo saputo, su questa scelta ha senz’altro giocato un ruolo importante la possibilità di sbarazzarsi degli accertamenti troppo rigorosi di Palazzo Chigi sugli ospiti in entrata e in uscita. Il fatto che la sede del governo cambi per meglio consentire il viavai incontrollato di una folta corte pittoresca e borderline è un fatto privato o un fatto pubblico?
Terzo. Le molte giovani donne che hanno rapporti di amicizia, di tenerezza e di complicita’ con il capo del governo vengono ricompensate e talora risarcite con incarichi di rilievo nella politica, con candidature a ogni livello, dalle europee alle circoscrizionali, con posti nella pubblica amministrazione o enti vari. Il fatto che si sia affermato questo criterio di scelta per reclutare la classe dirigente è un fatto privato o un fatto pubblico?
Quarto. La normativa sulle intercettazioni telefoniche approvata dal Senato ha preso il via dalla pubblicazione di registrazioni che riguardavano le relazioni e i problemi del capo del governo con alcune giovani signore dello spettacolo, e dunque dalla preoccupazione del capo del governo di tutelare questa sua sfera di intimità. Vivere in un paese che per queste ragioni
viene costretto ad abbassare la guardia contro la criminalità è un fatto privato o un fatto pubblico?
Quinto. Il capo del governo e’ visibilmente sotto ricatto. Chi ha fotografato, chi ha filmato, chi ha visto, chi ha sentito. Un numero sterminato di persone che deve essere zittito o acquietato (anche con posti e carriere). Ma può permettersi un paese di essere governato da chi è nella condizione di subire ricatti senza fine? Ed è questo un fatto privato o un fatto pubblico?
Sesto. Da quel che ci e’ stato raccontato, donne sconosciute possono entrare nella dimora del presidente del Consiglio, fare foto e registrare. C’e’ una questione di vulnerabilità del governo. Chi evoca complotti ogni giorno non faticherà a capire che, una volta scoperta l’infallibile via d’ingresso, anche una potenza straniera ostile potrebbe avere accesso a informazioni privilegiate. È questo un fatto privato o un fatto pubblico?
Settimo. Imprenditori arricchiti in pochi anni sono in grado di stringere rapporti preferenziali con il capo di governo facendo “bella figura” con lui grazie alla raccolta e consegna a domicilio di donne giovani e piacenti a pagamento. Che effetti ha sul sistema degli appalti, sulle cordate in affari, sulle concessioni, un rapporto preferenziale di questo tipo? Ed è questo un fatto privato o un fatto pubblico?
Ottavo. Una ragazza senz’arte ne’ parte, invitata a cena dal capo del governo, reclama di essere pagata perché “non lo faccio mica per la gloria”. In qualunque paese un invito a cena dal capo del governo è motivo di orgoglio. Qui no, non più. Come se Cenerentola chiedesse di essere
pagata dal Principe. Ma se il prestigio della carica cade tanto in basso, anche a causa dei comportamenti del capo del governo medesimo, e’ questo un fatto privato o un fatto pubblico?
Nono. I giornali di tutto il mondo scrivono cio’ che le nostre tv tacciono. Il nostro governo e’ lo zimbello dell’Occidente. È questo un fatto privato o un fatto pubblico?
Decimo e ultimo interrogativo. Siccome la centralità politico-culturale dell’harem si e’ sviluppata di pari passo con lo svuotamento del Parlamento e l’imbavagliamento dell’informazione, si assiste a un surreale scivolamento istituzionale: dalla repubblica parlamentare verso il sultanato. È questo un fatto privato o un fatto pubblico?
P. S. Le stesse ossessioni del capo del governo segnalano qualche sua difficoltà ad essere, come dicevano i latini, “compos sui” (Veronica: mio marito non sta bene). L’equilibrio psichico di un capo di governo è un fatto privato o un fatto pubblico?
Alberto G. Biuso
Da la Repubblica di oggi.
Le dieci domande a Berlusconi si leggono qui.
E’ il punto più basso della storia della Repubblica e forse dell’Italia da quando esiste (1861).
E’ peggio del fascismo.
Con una lenta ma inesorabile strategia gramsciana di conquista dell’egemonia culturale, questo soggetto ha plasmato la Nazione a propria immagine e somiglianza, forse perché egli è fatto a immagine e somiglianza di una Nazione la cui prima caratteristica è la volgarità.
Che pena.
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Una risposta al premier
di EZIO MAURO
È MOLTO facile rispondere alle parole di Silvio Berlusconi pronunciate ieri contro “Repubblica”, che nell’inchiesta-documento di Giuseppe D’Avanzo gli aveva rivolto dieci domande per chiarire gli aspetti più controversi del caso politico nato attorno alle candidature delle veline nelle liste Pdl, alla denuncia di “ciarpame politico” di Veronica Lario, alla festa di compleanno della giovane Noemi alla presenza del Premier, nel ruolo indiscusso di “Papi”. Molto più difficile, per il Cavaliere, rispondere alle domande del nostro giornale. Anzi, impossibile. Berlusconi non sa rispondere, davanti alla pubblica opinione, perché con ogni evidenza non può. Ciò che ha detto su questa storia, nei lunghi monologhi mai interrotti da una vera richiesta di chiarimento, cozza fragorosamente con ciò che hanno raccontato gli altri protagonisti, e soprattutto con quel che la moglie sa e ha denunciato. Meglio dunque tacere, rifiutare la verità, la trasparenza e il confronto, il che per un uomo pubblico equivale alla fuga. Una fuga accompagnata ovviamente da insulti per il nostro giornale, perché il rumore (domani amplificato dai manganelli di carta al suo servizio) copra il vuoto, la mancanza di coraggio e la scelta necessitata dell’ambiguità.
Ma l’uomo in fuga è il Presidente del Consiglio. Dunque questa incapacità o impossibilità di fare chiarezza, cercando la verità, è immediatamente un fatto politico, un handicap della leadership, una macchia istituzionale qualsiasi cosa nasconda, fosse anche soltanto l’incapacità di accettare un contraddittorio sui lati che restano poco chiari di una vicenda che ha fatto il giro dei giornali e dei siti di tutto il mondo. Una storia nella quale l’unica cosa che non c’entra proprio nulla è la privacy.
Berlusconi è infatti l’uomo che ha unito pubblico e privato fino a confonderli, con la sua biografia trasformata in programma elettorale per gli italiani e spedita nelle case di 50 milioni di elettori all’inizio della sua avventura politica: mentre oggi, quindici anni dopo, continua a vendere sul rotocalco di famiglia gli ex voto elettorali della sua infanzia aureolati nella patina reale del fotoromanzo, con l’immagine adolescente della Prima Comunione poche pagine prima del brindisi anziano di Casoria.
Le domande di “Repubblica” volevano appunto bucare questa nuvola nazional-popolare dove si sta cercando di trasportare nottetempo il caso Berlusconi, lontano dalla responsabilità istituzionale e politica di dire il vero agli italiani. Nascevano semplicemente, come abbiamo detto a Palazzo Chigi proponendo un confronto diretto col Premier, dalla constatazione che a due settimane dall’inizio della vicenda troppe cose rimanevano da spiegare, anche perché nessuna vera richiesta di chiarimento era stata rivolta al Cavaliere, e la sede televisiva del “rendiconto” – quella del suo personale notaio a “Porta a Porta” – si era in realtà rivelata la sede di un lungo monologo: per accusare la moglie ed esigerne le scuse, invece di rispondere alla sua denuncia (la politica che seleziona veline diventa “ciarpame senza pudore”, “mio marito frequenta minorenni”, “mio marito non sta bene, ho implorato coloro che gli stanno accanto di aiutarlo”) rovesciando la realtà davanti agli italiani.
Questa mancanza di chiarezza e di confronto, con domande precise e risposte nette, ha ingarbugliato le cose. Tra il racconto del Premier e i racconti degli altri protagonisti di questa vicenda si sono allargate incongruenze evidenti, pubbliche, inseguite da spiegazioni postume che aprivano nuovi fronti controversi e dunque suscitavano altre domande. In tutto il mondo civile, dove esiste una pubblica opinione e la funzione autonoma della stampa, le contraddizioni del potere e la mancanza di chiarezza sono lo spazio naturale del giornalismo, del suo lavoro d’inchiesta, del suo sforzo documentale e infine delle sue domande.
Questo abbiamo provato a fare, senza dare giudizi e senza una tesi finale da dimostrare. Ci interessa il percorso tra le contraddizioni di un uomo pubblico in una vicenda pubblica, mettendo a confronto versioni e racconti che vanno tra loro in dissonanza, per domandare infine al protagonista di spiegare perché, proponendo la sua verità dei fatti.
Oggi dobbiamo prendere atto che il Presidente del Consiglio, invece di rispondere alle domande, scappa dalle vere questioni aperte che chiamano in causa la sua credibilità, e lo fa insultando, cioè cercando di parlar d’altro. “Invidia e odio”, a suo parere, sono i motivi della “campagna denigratoria che “Repubblica” e il suo editore stanno conducendo da giorni” contro il Presidente. Che c’entra l’editore con l’inchiesta di un giornale? Non esistono scelte autonome da parte di un quotidiano nella cultura proprietaria del Premier? Cosa bisogna dunque pensare delle domande che proprio ieri il “Giornale” berlusconiano rivolgeva in prima pagina a Di Pietro? E soprattutto, cosa c’entrano con un’inchiesta giornalistica i sentimenti dell’odio e dell’invidia? Può il Cavaliere concepire, per una volta, che si possa indagare sui suoi atti e persino criticarli senza odiarlo, ma semplicemente giudicandolo? Può rassegnarsi a pensare che esiste ancora qualcuno, persino in questo Paese, che non lo invidia affatto, né a Roma né ad Arcore né a Casoria? Può infine ammettere che dieci domande non costituiscono una denigrazione, soprattutto se le si può spazzare via dal tavolo con la semplice forza della verità?
Il Cavaliere denuncia infine che “attacchi di così basso livello” giungano in prossimità del voto europeo: ma i tempi e soprattutto il livello di questa vicenda non li abbiamo scelti noi, nemmeno la location di Casoria, le luci delle fotografie festose e i comprimari, i monili, la favola bella dei genitori che si baciano in esclusiva per “Chi”, la ragazza incolpevole di tutto ma soprattutto sicura che approderà negli show televisivi o in Parlamento, l’uno o l’altro intercambiabili, l’importante è sapere che “deciderà Papi”. Non abbiamo deciso noi che tutto questo valesse prima la critica della Fondazione “Farefuturo” di Fini e poi lo strappo di un divorzio pubblico come l’offesa ricevuta, dunque politico come tutto ciò che accade al Cavaliere: da parte di una moglie che il grande rotocalco con cui si impagina oggi l’Italia dipinge come incapace di autonomia, fragile e sola, dunque preda di suggeritori mediatici e politici, unica spiegazione che ripristini la sacralità mistica del carisma intaccato dall’interno, quando una donna ha deciso (prima e unica, in un quindicennio) di rompere il cerchio magico dell’intangibilità sciamanica del Capo.
Per il Cavaliere, chi lo critica non può avere autonomia. Per lui, l’adesione è amore e fede, dunque la critica è tradimento e follia, le domande – non essendo contemplate e per la verità neppure molto praticate, nel conformismo del 2009 – diventano “odio e follia”, in un discorso pubblico fatto di vibrazioni, dove tutto è emotivo.
Che cosa concludere? La storia che ha fatto il giro del mondo resta tutta da chiarire, perché il Presidente del Consiglio sa solo minacciare, ma non può spiegare. Dunque continueremo a fare domande, come fossimo in un Paese normale, per quei cittadini che chiedono di sapere perché vogliono capire, rifiutando di entrare nel grande fotoromanzo italiano che sta ingoiando quel che resta della politica.
(15 maggio 2009)
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Andrea
Caro Marco, da chi è chiamato a governare un paese, dobbiamo invocare, anzi pretendere un comportamento serio, ovvero un’etica delle responsabilità condivise.
Non m’indigna la poligamia di Berlusconi, essendo un fatto suo privato da chiarire e risolvere tra le mura di Arcore . Per carità, di poligami malandrini e donnaioli ne è pieno il mondo. Non è questo il problema del bel paese . Viceversa, m’indigna che un Presidente del Consiglio, di un paese che si reputa “democratico” , non trovi altro di meglio che tirare in ballo e denigrare, sempre e comunque, tutti coloro che non la pensano come lui. Voglia di assimilazione ? obbedienza cieca ? despotismo ? cos’altro ?
L’etica di un Primo Ministro deve essere sempre in qualche modo un atteggiamento responsabile, cioè un’etica che tenga conto di quali sono e saranno le conseguenze, gli effetti di ciò che si fa e si dice in pubblico. Ahimè nel Far West del berlusconismo l’etica diventa un optional, ossia un minusvalore latente.
M’indigna un Primo Ministro che dice: io non so niente, sono i miei fidi che fanno e brigano tutto; sono i Previti e Taormina che compravano i giudici; sono i miei sudditi che corrompevano la Guardia di Finanza e mio fratello Paolo, vigliacco lui ! che faceva shopping qua e là senza dirmi nulla.
Almeno Romiti quando decideva di promuovere un fido o una segretaria , lo faceva entro le mura del Lingotto e alla chetichella . Nell’era di Berlusconi, nani e ballerini, soubrette e entraineuse vengono promossi in Parlamento a spese della comunità. Per quanto intrigante sia la loro missione , mi chiedo a fare che cosa ? . E quante altre porcate dobbiamo ancora ricordare: nefandezze che hanno segnato la nostra vita democratica per sempre con decine di processi per corruzione, decaduti, insabbiati, amnistiati tramite lodi e decreti licenziati d’urgenza. Tutto ciò francamente m’indigna. Vorrei un paese migliore e vorrei una nazione che sul proscenio mondiale, avanzi a testa alta e non si vergogni di confrontarsi con altre nazioni democraticamente più avanzate. Viva Dio, in seconda fila c’è anche un’ Italia pulita e migliore che saprà risorgere dalle macerie e dalle ceneri.
Alberto G. Biuso
Caro Marco, la questione non è giuridica ma politica e soprattutto è di stile. Un eventuale rapporto con una ragazza di 17 anni non è pedofilia ma solo legame con una minorenne, che è cosa assai differente da quello con una bambina di meno di 12 anni, che, se non sbaglio, è il limite che per la legislazione italiana definisce appunto la pedofilia.
Candidare veline e affini non è un reato ma è senz’altro un comportamento rivelatore di che cosa intende questo personaggio per merito politico. Neppure Caligola commetteva reati a nominare senatore un suo cavallo ma certo Augusto non avrebbe mai pensato a una simile eventualità.
Incriminare Berlusconi per qualunque reato, poi, in Italia non è più possibile in seguito alla immunità preventiva introdotta dall’attuale maggioranza per le “prime quattro cariche istituzionali”.
marco de paoli
A Andrea
non si tratta di difendere nessun “eroe” (almeno secondo me), e la questione è semplice: se le accuse sono vere e comprovate, per la legge italiana Berlusconi può essere incriminato e destituito, proprio come avvenne con Nixon sommerso da prove schiaccianti con il caso Watergate. Occorrono però le prove.
Andrea
I tanti proseliti del berlusconismo nostrano dicono che la pedofilia è una storia inventata a sinistra. La vergogna, ovvero l’oscenità che un primo ministro venga messo sotto accusa dalla propria moglie , non turba minimamente le belle anime a destra. Il macho demiurgo, rugato e rifatto, diventa eroe per il suo pubblico settario e il suo vittimismo humus di un romanzo cult. Auguri e buonanotte Italia.
marco de paoli
Caro Alberto,
cerco di prescindere dalle passioni politiche (non voglio mettermici, in un paese pieno di stupidi per i quali sono stupidi tutti coloro che hanno idee politiche diverse). Intravedo una quaestio iuris e delle due l’una:
1) per la legge italiana, al contrario che nell’antica Grecia, la pedofilia è un reato. Dunque, se le accuse della moglie sono vere, il consorte dovrebbe essere incriminato (a lui non capiterà ma molte persone in Italia sono state incarcerate, in alcuni casi anche innocenti, con l’accusa di pedofilia);
2) se le accuse sono false o improvate (perché dettate da risentimento o che altro), la moglie potrebbe essere incriminata per calunnia e diffamazione (a lei non capiterà, ma ad altre persone che non provano le accuse sì).
Dunque, la Lario dovrebbe semplicemente provare le sue accuse.
illumination
Io ho sentito parlare di complotto alla radio:mi sono divertita perché non ricordo un uomo più buffo ingenuo e pericoloso ,per tutti noi, di lui!
Poichè io nulla posso per indurlo al suicidio, come i grandi uomini di stato che avevano usato la cosa pubblica come se gli appartenesse, non mi resta nient’altro che osservare e divertirmi finchè non schiatterà a causa della sua stupidità….è chiaro,se un alro milioni di stupidi non gli farà quadrato…..
Alberto G. Biuso
A conferma del fatto che l’informazione in Italia è ormai a infimi livelli, Berlusconi blatera per ore dalla sua vespa fidata e -da quanto so- nessuna emittente televisiva ha riportato integralmente le durissime parole della moglie. Queste:
«Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni, figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica… perché la ragazza minorenne la conosceva prima che compisse 18 anni: magari fosse sua figlia…Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E’ stato tutto inutile»
A questa persona “che non sta bene” gli italiani affidano il presente e il futuro. Siamo a livelli da Antico Regime: «Vuole, e dee volere, il principe che siano ciechi, ignoranti, avviliti, ingannati ed oppressi i suoi sudditi, perché, se altro essi fossero, immediatamente cesserebbe egli di esistere» (V. Alfieri, Del principe e delle lettere, I, IV).
marco de paoli
Mi sembra però che in passato il popolino sapesse ben poco dei fatti privati dei sovrani, mentre oggi tutto è pubblico. Se sono vere le voci, la persona in questione tradendo fa quello che fanno moltissimi italiani senza averne per loro fortuna risonanza alcuna. Se poi la moglie, che si dice appartata e riservata ma che più probabilmente ha sempre condotto esistenza separata senza condividere nulla, vuole divorziare, saranno cose loro.
Appassionato di musica rock, ho alcuni casi in mente. Rock stars che da 40 anni vanno su e in giù per il mondo, in una vita privilegiata ma logorante e stressante fra mille e mille concerti massacranti e fra mille “tentazioni”. Le mogli non li seguono mai, non condividono in nulla la vita dell’uomo che dicono di amare. Troppo faticoso. Godono gli usufrutti e stanno nelle ville faraoniche fra stuoli di camerieri. Poi scoprono che la rock star va con altre, e dicono: ah, sono offesa, ferita, umiliata, divorziamo!
Mah…