I 400 colpi
(Les Quatre Cents Coups)
di François Truffaut
Francia, 1959
Con: Jean-Pierre Léaud (Antoine Doinel), Claire Maurier (Gilberte Doinel, la madre), Albert Rémy (Julien Doinel), Patrick Auffay (René), Guy Decomble (l’insegnante di francese)
Trailer del film
In francese il titolo significa ‘fare il diavolo a quattro’. E il dodicenne Antoine Doinel è in effetti una mescolanza di Pinocchio e di Gian Burrasca. Ma è lontano da entrambi per la malinconia, la rassegnazione quasi, con le quali vive la sua solitudine di bambino non amato, il susseguirsi delle punizioni e della desolazione, la sua stessa radicata monelleria. Parigi e la Francia alla fine degli anni Cinquanta del Novecento vi appaiono nella loro identità immediata e profonda, irreversibilmente dissolta, oggi. Come svanito è un modo di educare che nel nostro tempo è diventato esattamente l’opposto rispetto a quello descritto e condannato nel film, oggi che i bambini e i ragazzini di tutte le età sono diventati i tiranni delle famiglie.
La narrazione procede senza nessuna sbavatura, del tutto priva di retorica anche se totalmente intrisa di pietà. Il cinema, la letteratura, il teatro è naturalmente sempre dell’umano che parlano ma le opere che valgono lo fanno senza alcun sentimentalismo. Les Quatre Cents Coups è un grande film anche per questo. Da qualche mese l’opera è tornata nelle sale, restaurata e quindi capace di sprigionare ancora e di nuovo tutta la sua bellezza formale, la sua maestria di racconto per immagini.
3 commenti
Antonella
Probabilmente questo fallire ci aiuterà a ripensarci come genitori. Un grande abbraccio.
agbiuso
Cara Antonella, le tue parole sono piene di saggezza e di esperienza. Grazie.
Sì, “noi siamo diversi dai nostri genitori, i quali spesso erano più distaccati e più duri, noi vogliamo capire e loro diventano dei piccoli tiranni, o meglio abbiamo creato quella zona nella quale sono diventati nostri pari”. È questo ‘essere pari’ una delle ragioni più importanti del fallimento educativo. I figli non sono nostri amici, sono figli.
Antonella
Ho molto amato il cinema di Truffaut e anche questo film in particolare, probabilmente per il riverbero di storia personale del regista e per certe tracce da romanzo dickensiano. E l’immagine finale con Antoine solo e abbandonato sulla spiaggia e quel suo sguardo infinito sul mare va a chiudere il senso del film che potrebbe interpretarsi come una possibilità di futuro. Come ho molto amato il suo ragazzo selvaggio per quel raccontare di una impossibilità a normare e civilizzare un individuo secondo un’intento educativo positivista. Dal punto di vista genitoriale non si comprende mai bene quale tipo di educazione abbracciare perché genitore non si nasce. Semplicemente trasferiamo sui figli quello che noi siamo, a meno che di non avere in mente un progetto preciso su di loro. Non lo so, io non l’ho mai fatto: ho cercato di vedere, di stare accanto a loro, di aiutarli, anche sbagliando (molto). I risultati arrivano dopo e non sono mai quello che “pensavi”. Noi siamo diversi dai nostri genitori, i quali spesso erano più distaccati e più duri, noi vogliamo capire e loro diventano dei piccoli tiranni, o meglio abbiamo creato quella zona nella quale sono diventati nostri pari.