La Terra vista dal cielo
di Yann Arthus-Bertrand
Museo di Storia Naturale – Milano
Sino al 19 ottobre 2014
La summa di questo artista è Home, un film che aiuta a capire il presente del nostro pianeta. E tuttavia osservare le sue immagini statiche, ciascuna con attente didascalie, dà la possibilità di apprezzare ancor di più la sapienza formale dello sguardo di Yann Arthus-Bertrand.
Ovunque la mente umana vede forme, colori, relazioni. La struttura a spirale di un alveare umano nella periferia di Las Vegas. La foresta di antenne satellitari sui tetti di Aleppo, una delle più antiche città del mondo. La densità cromatica di un centro di demolizioni di automobili in Francia. Le macchie rosse degli ibis in Venezuela. Il livido bianco/nero di Pripyat, città fantasma vicino a Chernobyl. La pura e astratta forma disegnata dal fiume Pjorsa in Islanda.
Ovunque splende ed emerge l’opera d’arte che abitiamo. Per quanto tempo ancora?
2 commenti
agbiuso
La tua ipotesi ha un solido fondamento, caro Diego.
Al di là delle contingenze (anche migliaia di anni lo sono, sulla scala evolutiva), credo comunque che la tendenza a dare significati complessi e coinvolgenti a tutto ciò che percepiamo sia una delle caratteristiche più radicali e radicate degli umani.
La prossima settimana spero di parlare anche di questo durante un incontro che terrò per il Med Photo Fest 2014 a Catania.
diego
Immagini molto suggestive. Caro Alberto, vorrei porti una domanda proprio nella tua competenza di studioso della mente. A te e agli amici che onorano queste pagine.
Dicevamo che sono molto suggestive, ci appaiono «artistiche» o pittoriche se vogliamo. Perchè ci sembrano artistiche?
Oso formulare un’ipotesi, dalla scarsità delle mie conoscenze. In fondo da che esiste l’uomo nell’ultimo stadio evolutivo, cioè da 50 mila anni, è da pochissimo che ci è dato vedere così dall’alto, abbracciando spazi e morfologie così estese, salvo qualche rara situazione di alpinisti in vetta ad una montagna. La nostra mente è abituata ad interpretare molto a livello del suolo, non è attrezzata per vedere così. Dunque si tratta di visioni nuove, impreviste (nel senso evolutivo del termine) che quindi sono evocative e stimolano la mente a trovare un senso diverso, magari poetico, come capita di fronte a ciò che è «strano».
Ha un fondamento la mia ipotesi?