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2001. Sinfonia nello spazio

2001. Sinfonia nello spazio

Atmosphères fur grosses Orchester ohne Schlagzeug
di György Ligeti
(1961)
Sinfonie-Orchester des Südwestfunks, Baden Baden
Direttore: Ernest Bour

La rassegna Electronic Music § Acusmonium mostra la profonda relazione che cinema e musica intrattengono dall’invenzione del sonoro. L’Acusmonium è un’orchestra di altoparlanti guidata da un musicista alla consolle elettronica. Nel caso di una proiezione cinematografica gli altoparlanti si possono nascondere  dietro lo schermo e il loro suono avvolge chi guarda, dandogli l’impressione di stare dentro la musica del film.
2001. Odissea nello spazio è stato proiettato lo scorso 11 febbraio al Centro culturale San Fedele di Milano in questa modalità e nella sua versione completa di 141 minuti, versione che non si vede quasi mai nelle normali proiezioni. Si è in tal modo sprigionata tutta la potenza e il fascino del film più enigmatico, più bello e profondo della storia del cinema.
2001 è esso stesso un monolite che viaggia nella cultura e nell’immaginario. È un film perfetto nella struttura narrativa, nella imprevedibile bellezza di ogni inquadratura, nella forza della colonna sonora -qui esaltata in modo così particolare-, nel legame di ogni scena con la successiva, nella molteplicità di interpretazioni che gli si possono dare, nel cerchio di passato, presente e futuro che si toccano implodendo l’uno nell’altro. Nel suo ambito, 2001 si pone sullo stesso piano della Recherche o di Sein und Zeit, nell’esatto senso che ha allargato la nostra comprensione dell’umano, ci ha fatto immergere nella bellezza e ha aperto molti interrogativi. Nel personaggio di Hal 9000 si fondono la forza bruta dell’antico ciclope (un occhio solo) e una raffinatissima intelligenza artificiale consapevole di se stessa ma incapace di accettare un proprio piccolo errore di calcolo. Dal rifiuto di ammettere il limite che aveva appena scoperto in se stesso, Hal entra in un loop logico, impazzisce e uccide. Un’intelligenza che sia veramente tale accetta invece il proprio limite.
Alla perfezione infranta dell’artificio corrisponde la perfezione conquistata dell’umano, di quel David che nella parte conclusiva dell’opera entra anch’egli in un loop temporale che ripercorre il cammino dell’umanità -con il quale il film si era aperto- dalla maturità alla vecchiaia alla morte e infine alla rinascita, sempre al cospetto di quel perfetto monolite nero al quale ogni spettatore può attribuire significati differenti Quando David morente indica dal proprio letto la grande pietra, la cinepresa entra in essa e l’uomo ricompare nella forma di feto astrale. Lo spazio del monolite è diventato il tempo dell’esserci.
L’Ouverture a schermo spento dei primi minuti del film è scandita da Atmosphères (1961) di György Ligeti, brano che viene ripreso durante il viaggio di David verso Giove e oltre, l’infinito.
«Atmosphères è scritto per una grande orchestra. È visto come un pezzo fondamentale nella produzione del compositore ungherese, poiché contiene molte delle innovazioni che avrebbe esplorato nel corso degli anni ‘60. Effettivamente abbandona melodia, armonia e ritmo, per concentrarsi invece puramente sul timbro del suono prodotto, una tecnica conosciuta come sound mass. Apre con i maggiori cluster mai scritti – viene suonata ogni nota di una scala cromatica nell’intervallo di cinque ottave. Il pezzo sembra poi perdere il suo massiccio accordo iniziale, ma molto lentamente, con un continuo mutare di struttura.
Ligeti coniò il termine “micropolifonia” per la tecnica di composizione usata in AtmosphèresApparitions e in altri suoi lavori del periodo. Spiegò così la micropolifonia: “La complessa polifonia di ciascuna parte è incorporata in un flusso armonico-musicale nel quale le armonie non cambiano improvvisamente, ma si fondono l’una nell’altra; una combinazione distinguibile di intervalli sfuma gradualmente, e da questa nebulosità si scopre che una nuova combinazione di intervalli prende forma”» [Fonte: Wikipedia]

Propongo l’ascolto di questa composizione tanto impegnativa quanto potente.

[audio:Ligeti. Atmosphères fur grosses Orchester ohne Schlagzeug.mp3]

2 commenti

  • Corpo sonoro - agb

    Maggio 1, 2016

    […] Sator ho parlato qui già più volte: Acusmatici, elettronici, concreti; 2001. Sinfonia nello spazio; Musica / Numeri. La nuova occasione è il primo concerto dell’edizione 2016 di Inner_Spaces. […]

  • Laura Caponetto

    Febbraio 19, 2013

    La musica dell’avvenire è – per sua stessa definizione – sperimentazione. Affinché essa possa realmente dirsi tale deve inventare nuove soluzioni armoniche, melodiche, ritmiche, timbriche e formali. E’ in quest’ambito che viene a crearsi – soprattutto nel secondo dopoguerra – una nuova concezione della forma musicale, vista non più come somma di sezioni perfettamente identificabili (la forma-sonata ABA, il rondò ABACADA…), ma come risultante di un processo (dinamico) di espansione di una o più cellule embrionali (che H. Schenker chiama “livello profondo” della composizione).
    In Atmosphères, Ligeti crea una fitta trama di relazioni tra dettagli e forma globale, tra struttura interna e superficie udibile. La micro-polifonia (che è anche micro-tonalità) è un reticolo di linee addensate in un tessuto ricco e variopinto. E anche se le singole linee non sono percepibili, ognuna di esse contribuisce a creare l’impasto sonoro, la sound mass, il corpo della musica.

    Per un’idea più completa della musica di György Ligeti, propongo l’ascolto di Musica ricercata 1 per pianoforte, brano interamente basato sulla nota la (solo l’ultimo suono non è la, ma re … finalmente la tonica dopo una lunga dominante?), apoteosi del ritmo, ma anche emblema della ricerca timbrica novecentesca (nello spazio di meno di 3 minuti si passa dal pp al sfff accompagnato dalle indicazioni tutta la forza e ferocissimo).

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