Skip to content


Du côté de chez Swann

Du côté de chez Swann

La strada di Swann
di Marcel Proust
(Du côté de chez Swann, 1913)
Trad. di Natalia Ginzburg
Einaudi, 1978 (1964)
Pagine LXXIX- 491

Il massiccio edificio del reale si sgretola nella luce di una prosa, di un linguaggio, di un ritmo narrativo che è aurora e insieme è l’imbrunire. Ricchezza sempre eguale e sempre nuova di paesaggi, sfumature, ombre, amori, infanzie, viaggi. L’affresco di un’aristocrazia che è tale non soltanto per il ceto. Dipinti, scritti, sonate che diventano il tessuto dei giorni. La passione di Charles Swann per Odette de Crécy come archetipo di ogni innamorarsi.

Gli esseri ci sono di consueto così indifferenti che, quando collochiamo in uno di essi simili possibilità di sofferenza e di gioia, esso ci sembra appartenere a un altro universo, si aureola di poesia, fa della nostra vita come una commovente distesa in cui sarà più o meno vicino a noi. (p. 251)
[Les êtres nous sont d’habitude si indifférents que, quand nous avons mis dans l’un d’eux de telles possibilités de souffrance et de joie pour nous, il nous semble appartenir à un autre univers, il s’entoure de poésie, il fait de notre vie comme un étendue émouvante où il sera plus ou moins rapproché de nous. (À la recherche du temps perdu, Gallimard, Paris 1999, p. 194) ]

Innamorarsi significa vivere una meraviglia e un incanto senza pari, che hanno poco a che fare con la natura reale dell’Altro. Reale? Tutto avviene nella mente e quindi tutto è in qualche modo vero. È ben poco esperto di umanità chi, come la signora di Saint-Euverte, compatisce Swann -uomo molto intelligente- per essere tanto preso da «una persona di quel genere e che non è nemmeno interessante, poiché dicono sia idiota, -soggiunse con la saggezza di chi non è innamorato, che pensa che un uomo d’ingegno non dovrebbe essere infelice se non per una persona che ne mettesse conto; all’incirca è come stupire che ci si degni di soffrire del colera per opera d’un essere così piccolo come il bacillo virgola» (p. 363) [« “Je trouve ridicule au fond qu’un homme de son intelligence souffre pour une personne de ce genre et qui n’est même pas intéressante, car on la dit idiote”, ajouta-t-elle avec la sagesse des gens non amoureux qui trouvent qu’un homme d’esprit ne devrait être malheureux que pour une personne qui en valût la peine; c’est à peu près comme s’étonner qu’on daigne souffrir du choléra par le fait d’un être aussi petit que le bacille virgule» (Gallimard, pp. 275-276) ]

Germinazione, nascita, declino di vite e di storie, di eventi e di sogni, in uno sforzo immane di evocazione che ricrea il mondo. La Recherche, questa grande fenomenologia della vita, ha il suo nucleo pulsante nella dinamica di identità e differenza tra il passato e il presente, fra ciò che non è più e ciò che rimane ancora poiché tutto in realtà accade dentro di noi. Un umano è vivo sino a che altri restituiscono linfa alla sua persona, la linfa potente del ricordo.

Mi sembra molto ragionevole la credenza celtica secondo cui le anime di quelli che abbiamo perduto son prigioniere entro qualche essere inferiore, una bestia, un vegetale, una cosa inanimata, perdute di fatto per noi fino al giorno, che per molti non giunge mai, che ci troviamo a passare accanto all’albero, che veniamo in possesso dell’oggetto che le tiene prigioniere. Esse trasaliscono allora, ci chiamano e non appena le abbiamo riconosciute, l’incanto è rotto. Liberate da noi, hanno vinto la morte e ritornano a vivere con noi. (p. 49)
[Je trouve très raisonnable la croyance celtique que les âmes de ceux que nous avons perdus sont captives dans quelque être inférieur, dans une bête, un végétal, une chose inanimée, perdues en effet pour nous jusqu’au jour, qui pour beaucoup ne vient jamais, où nous nous trouvons passer près de l’arbre, entrer en possession de l’objet qui est leur prison. Alors elles tressaillent, nous appellent, et sitôt que nous les avons reconnues, l’enchantement est brisé. Délivrées par nous, elles ont vaincu la mort et reviennent vivre avec nous. (Gallimard, p. 44) ]

La memoria, immensa, ricostruisce la vita, la parola, il senso enigmatico della favola umana, in una fisicità intrisa di luce:

Ma, quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, soli, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo. (p. 52)
[Mais, quand d’un passé ancien rien ne subsiste, après la mort des êtres, après la destruction des choses, seules, plus frêles mais plus vivaces, plus immatérielles, plus persistantes, plus fidèles, l’odeur et la saveur restent encore longtemps, comme des âmes, à se rappeler, à attendre, à espérer, sur la ruine de toute le reste, à porter sans fléchir, sur leur gouttelette presque impalpable, l’édifice immense du souvenir. (Gallimard, p. 46) ]

La realtà non è il pratico e banale susseguirsi di istanti smarriti nel momento stesso in cui la vita fugge. La realtà è la scrittura che nell’infinito intrattenimento della memoria fonda l’esistere e il suo significato.

9 commenti

  • agbiuso

    Febbraio 16, 2017

    Negli archivi del Centre National du Cinéma di Parigi è stato trovato un filmato del 1904 nel quale appare Marcel Proust: https://www.youtube.com/watch?v=51COHIgjbYU
    Pochi secondi -dal 37 al 41- nei quali un uomo scende velocemente le scale sulla destra. È l’unico a essere da solo e vestito di grigio. Pochi secondi, sì, ma per chi ama la Recherche e il suo creatore, in ogni caso emozionanti.

  • Albertine disparue - agb

    Maggio 1, 2016

    […] mie riflessioni sugli altri sei volumi della Recherche si possono leggere qui: La strada di Swann, All’ombra delle fanciulle in fiore, I Guermantes, Sodoma e Gomorra, La prigioniera, Il […]

  • agbiuso

    Febbraio 20, 2015

    Da Le Scienze, 18.2.2015

    Nel lobo temporale i segni del ricordo proustiano

    I viaggi nel tempo mentali, in cui un ricordo si accompagna a molti particolari vividi, attivano la porzione posteriore di una regione cerebrale chiamata lobo temporale mediale, mentre i ricordi isolati sono correlati all’attività della porzione anteriore. È quanto risulta da un modello dell’elaborazione cerebrale della memoria, testato su un gruppo di pazienti(red)

    In un celebre passaggio di Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, il protagonista recupera alcuni vividi ricordi dell’infanzia grazie al sapore di una madeleine intinta nel tè. L’esperienza narrata dal romanziere francese può essere considerata il prototipo di una sorta di “viaggio mentale nel tempo”, in cui la memoria di un evento è arricchita da una costellazionei di dettagli.

    Un nuovo studio apparso sulla rivista “Journal of Neuroscience” e firmato da un gruppo di ricercatori della Vanderbilt University chiarisce in che modo il cervello elabora i diversi tipi di ricordi, grazie all’analisi dell’attività cerebrale di volontari impegnati in un semplice test di memoria.

    “Capire quali siano le differenti regioni cerebrali coinvolte in questi viaggi nel tempo è molto importante”, ha spiegato Sean Polyn, che ha coordinato lo studio. “Malattie come l’Alzheimer e l’epilessia sono devastanti per la memoria, e questa informazione potrebbe consentire di preservare la memoria dei pazienti e di identificare gli effetti indesiderati dei nuovi farmaci psicotropi sulla memoria dei pazienti”.

    Nel lobo temporale i segni del ricordo proustiano
    Una regione temporale coinvolta nell’elaborazione dei ricordi è quella del lobo temporale mediale: danni a carico di questa regione determinano infatti amnesia e altri problemi correlati alla memoria. I ricordi tuttavia non sono tutti uguali: oltre ai viaggi nel tempo “proustiani”, esistono anche ricordi ben definiti di una specifica situazione, ma non collegati ad altri ricordi di eventi molto vicini temporalmente a quella situazione.

    Polyn e colleghi hanno sviluppato un modello che rende conto di come le strutture del lobo temporale mediale supportano il recupero dei ricordi. Secondo questo modello, l’attivazione della porzione anteriore di questa regione segnala che un ricordo è stato recuperato, ma non indica quanto sia dettagliato; per contro, quando si attiva la porzione posteriore, significa che il soggetto sta sperimentando un “viaggio nel tempo”, con ricordi accompagnati da un numero notevole di dettagli.

    Per verificare come vengano elaborati dal cervello i due tipi opposti di ricordi, i ricercatori hanno effettuato scansioni di risonanza magnetica funzionale per verificare l’attività delle diverse aree cerebrali su 20 soggetti tra i 18 e i 35 anni, impegnati in test di memorizzazione di una lista di nomi. I dati hanno dimostrato che quando un soggetto era sicuro di aver visto un certo nome, era più probabile che ricordasse anche il successivo nella lista.

    Questo dimostra che il cervello imprime i ricordi con un “codice temporale” che collega suoni, profumi emozioni e altre informazioni presenti al tempo di quell’esperienza. “I viaggi nel tempo permettono al cervello di recuperare il codice temporale, che rende accessibili i ricordi collegati”, ha concluso Polyn.

    In sostanza il codice temporale è un po’ come l’insieme dei metadati, come la data e l’ora, che in un computer sono associati a ciascun file, e che consentono di recuperare tutti i file salvati entro un certo intervallo di tempo. Secondo lo studio, il cervello può fare lo stesso, anche se in un modo più flessibile rispetto al computer.

  • agbiuso

    Gennaio 10, 2013

    Grazie!
    Benvenuta e a presto.

  • gelsobianco

    Gennaio 10, 2013

    Ho scoperto ora questo blog!
    Con grande piacere.

    Ritornerò spesso.
    Con un sorriso
    gb

  • Paolina Campo

    Gennaio 4, 2013

    Sto leggendo con grande coinvolgimento la Recherche: un regalo da parte delle mie figlie che mi emoziona ad ogni pagina, ogni rigo perchè la scrittura diventa davvero un modo per catturare immagini, sensazioni, storie. Una sorta di ragnatela per condividere ricordi, sollecitare la memoria e scoprire che, nell’intreccio dei ricordi, sogno e realtà spesso convivono insieme. Così, quel “…mi sembrava d’essere io stesso quello di cui il libro si occupava…” ti stupisce perchè c’è per ognuno una strada, un percorso che segna un particolare momento della vita dove ogni cosa sembra che parli e testimoni di quel tempo immenso che ognuno si porta dietro e che è custodito dalla memoria.
    Tanti auguri e grazie.

  • diego b

    Gennaio 1, 2013

    Naturalmente auguri di buon anno, caro Alberto. In effetti, quale suggerimento di lettura più perfetto di questo, quando si riflette sul tempo passato, sugli anni che si aggiungono al laboratorio interiore del ricordo. Probabilmente è un testo che quasi tutti abbiamo letto, ma che vale la pena di rileggere, anche più volte.

  • agbiuso

    Gennaio 1, 2013

    Grazie, cara Adriana.
    Auguro anche a lei, e a tutti gli amici che danno senso a questo spazio, che il nuovo tempo ci porti un po’ più di giustizia e di decenza.

  • Adriana Bolfo

    Gennaio 1, 2013

    OT, ma in tema con la giornata:

    Auguri a lei e a tutti quelli che scrivono qui.

Inserisci un commento

Vai alla barra degli strumenti