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Sul tempo. Una prospettiva teatrale

Teatro Strehler – Milano
La grande magia
di Eduardo De Filippo
con: Luca De Filippo (Otto Marvuglia), Massimo De Matteo (Calogero Di Spelta), Carolina Rosi (Zaira), Nicola Di Pinto (Arturo Recchia e Gennarino Fucecchia), Giovanni Allocca (il brigadiere di polizia e Oreste Intrugli), Gianni Cannavacciuolo (Gervasio Penna e Matilde)
Scene e costumi Raimonda Gaetani
Regia di  Luca De Filippo
Produzione Compagnia di Teatro Luca De Filippo
Sino al 6 dicembre 2012
Video di presentazione

 

Calogero Di Spelta è assai geloso della moglie Marta. In vacanza all’Hotel Metropole, questo suo sentimento diventa l’oggetto dei pettegolezzi dell’intero albergo. In effetti Marta ha un amante, che però non riesce mai a incontrare proprio a causa dell’attenta gelosia del marito. Ma arriva l’occasione, incarnata dal mago di provincia Otto Marvuglia, con il quale la donna si mette d’accordo in modo che durante un suo spettacolo «la faccia sparire per un quarto d’ora». Ma l’amante Mariano la porta via con sé a Venezia e Marta quindi sparisce per davvero. A Calogero che chiede al mago di restituirgli la moglie, Marvuglia risponde che in realtà è stato proprio lui a farla sparire e che Marta si trova in una cassettina che gli consegna. Se il marito la aprirà credendo fermamente nella fedeltà della donna ella riapparirà, in caso contrario la magia non avrà più fine. Calogero crede a tutto pur di non ammettere a se stesso il tradimento di Marta. Quando la donna tornerà da lui, dopo quattro anni, rifiuterà di riconoscerla, convinto ormai che nessuno potrà separarlo da quella cassettina che non ha ancora aperto e dentro la quale è racchiusa tutta la sua passione.
Il paradosso e la tristezza dei sentimenti umani si esprimono qui al di là del dramma e della commedia. La gelosia è l’occasione per una complessa meditazione sul mondo interiore nel quale ciascuno vive, pensa, ama, soffre. Tutto è possibile all’immaginazione. Ciascuno si rinchiude nelle stanze della propria solitudine e da questo castello alto e desolato cerca di amministrare i feudi della disperazione. L’ipotesi che Otto Marvuglia presenta a Calogero Di Spelta è la stessa del film Matrix. Che cos’è realtà, che cosa è illusione? Apri la cassetta, prendi la pillola rossa, e ti troverai nel mondo vero. Tieni chiusa la cassetta, prendi la pillola azzurra, e continuerai a vivere in quell’illusione che tu chiami la verità del mondo.
Ma la svolta dentro questa vicenda tragica e grottesca è data dal tempo. Il mago, infatti, convince Calogero che il fluire degli istanti, delle ore, degli anni è soltanto «la traccia mnemonica di immagini ataviche»; che la sensazione dello scorrere dei giorni, l’imbiancare dei capelli, il raggrinzirsi della pelle è un inganno; che si trovano tutti sempre là, in quella serata all’hotel Metropole nella quale è cominciato il gioco dell’illusione, ha avuto inizio la grande magia.
Questa negazione della realtà del tempo ha in sé qualcosa di profondamente nichilistico. La percezione e la conoscenza del tempo costituiscono infatti il tratto fondamentale dell’identità umana, la consapevolezza istante per istante che la persona ha del fluire senza posa delle proprie sensazioni corporee, dell’esserci qui e ora. È anche questo elemento che distingue la corporeità vivente e vissuta dalla struttura organica che può essere percepita e conosciuta dall’esterno. Il sempre difficile e inquieto equilibrio psichico è profondamente coniugato con l’identità temporale. La malattia mentale consiste in gran parte in un rapporto distorto e sofferto con il tempo che si è, consiste per lo più in un voler fermare la freccia il cui scorrere coincide per il soggetto sofferente con una perdita irreversibile, sino al definitivo smarrimento del sé, la morte. L’accettazione del tempo è anche identificazione con l’intero della sua struttura, senza privilegiare alcuno dei suoi elementi. Né il passato che si ferma e sofferma sugli inevitabili traumi dell’infanzia, sulle perdite primordiali dei legami affettivi; né il presente ridotto alla negazione di ciò che si è vissuto e al timore di ciò che ha da venire; né il futuro del continuo differire la vita in un altrove che per definizione mai sarà. L’apertura al futuro come limite ultimo dell’essere che ora si è sul fondamento della memoria di ciò che è stato costituisce la “salute”. La quale viene rafforzata anche dalla pluralità di centri di interesse verso i quali il presente si dirige. La focalizzazione dell’esistenza su un solo oggetto -che sia un traguardo professionale, una cosa, una persona come nel caso di Calogero Di Spelta- concentra e abbrevia il flusso temporale.
Il divenire adulto di un umano consiste nell’accettazione piena della temporalità che si è e del tempo che è. L’identità infantile coincide invece con il dominio del presente, incapace di accettare la memoria della sofferenza e l’inquietudine che sempre accompagna il presentarsi di qualcosa di nuovo alla porta della vita. Il nucleo drammaturgico ed esistenziale di quest’opera di Eduardo si esprime nel discorso che il mago fa alla sua vittima quando cerca di convincerlo che il fluire del tempo sia un’apparenza perché «il tempo sei tu». È proprio questo che gli dice. Affermazione certamente vera, a condizione che non significhi il dominio umano sul tempo ma la costitutiva temporalità del nostro essere e della coscienza. Se quest’ultima ritiene di potersi collocare fuori dal flusso del tempo, piomba in realtà nella follia. All’inizio della sua Politica Aristotele afferma che l’essere umano è socievole per essenza e «quindi chi vive fuori dalla comunità per natura e non per caso è o un animale o qualcosa di superiore all’umano» (Libro I, cap. 2, 1253a). Si potrebbe aggiungere con ancora maggiore evidenza che l’essere umano è temporale per natura e quindi chi presume di vivere fuori dal tempo o è un dio oppure è un folle, come lo diventa il dolente protagonista della Grande Magia.
La messa in scena di Luca De Filippo esprime per intero la ricchezza dell’opera, tra comicità e tragedia, con un crescendo che nelle scene finali lascia attoniti per l’assoluta plausibilità che il delirio vi ha assunto.

2 commenti

  • agbiuso

    Novembre 25, 2012

    Grazie a te, caro Diego.
    È che di tempo siamo costruiti, come dice anche Borges, e quindi di fatto non esiste esperienza umana che non possa essere letta trovandovi all’inizio e al fondo una relazione intensa e intima con la materiatempo.

  • diego b

    Novembre 24, 2012

    come sempre acuto e originale, caro Alberto

    di solito questa bella opera di Eduardo, che io conosco solo per la buona edizione televisiva (mi ricordo su rai tre, qualche tempo fa), viene letta come una derivazione da Pirandello, che di certo c’è, ma la questione del tempo è davvero una lettura azzeccata

    ci torneremo su, grazie per ora

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