Capire l’economia non è facile. Un articolo di Archimede Callaioli -pubblicato sul numero 309 di Diorama letterario, pp. 1/5- aiuta a comprendere meglio gli scenari macroeconomici del presente. Non tutto in questo testo è convincente, a partire da un eccessivo apprezzamento per il modello economico tedesco e dalla distinzione tra i lavoratori cinesi che lavorerebbero dieci ore al giorno per tutta la vita mentre quelli occidentali non aspetterebbero che di diventare “rentier”, godendo per molti anni di una pensione. Liquidazioni e pensioni non sono un regalo dei governi o delle aziende ma soldi che i lavoratori -soprattutto dipendenti- sono obbligati a versare proprio in vista della cessazione dell’attività lavorativa. Non solo: alla stregua di redditieri sarebbero da considerare tutti i salariati e gli stipendiati, tesi semplicemente bizzarra.
Al di là di questi limiti, l’analisi di Callaioli si rivela molto accurata e capace di spiegare bene ciò che sta accadendo all’economia globalizzata. L’Autore riferisce che il capo della Federal Reserve, Ben Bernanke, è uno dei maggiori studiosi delle politiche rooseveltiane, che si propone di ricalcare per uscire dalla crisi attuale. Una differenza clamorosa è però che mentre il New Deal impose la separazione tra le banche commerciali e quelle di investimento, i presidenti statunitensi da Reagan in poi hanno prima depotenziato e poi ufficialmente abolito tale distinzione, lasciando campo libero al dominio della speculazione finanziaria. Ma la differenza principale rispetto agli anni Trenta consiste nel fatto che «fu l’inflazione il vero fulcro dell’azione rooseveltiana, quella che permise di minimizzare i debiti e di ripartire praticamente da zero: le politiche espansive, la guerra e la ristrutturazione industriale ebbero effetto solo in quanto la loro ricaduta fu l’inflazione», la quale azzera i debiti ma anche le rendite. Proprio per questo essa non è più praticabile, poiché la massa dei percettori di rendite -pur se minime- è ormai tale che un loro azzeramento comporterebbe una catastrofe sociale: «una ondata inflattiva getterebbe sul lastrico quasi tutti i pensionati (decine di milioni di persone), con effetti che si possono facilmente immaginare, e che dobbiamo sforzarci di tenere presenti perché questo irresolubile dilemma è un ulteriore indizio del fatto che la crisi è la crisi definitiva di un sistema».
Importante è anche la critica che l’Autore rivolge al culto tributato al Prodotto Interno Lordo -che è «il valore monetario dei beni e dei servizi finali -consumi, investimenti fissi, variazioni sulle scorte, esportazioni- prodotte in un anno sul territorio nazionale al lordo degli ammortamenti», il quale «può forse misurare la ricchezza prodotta da un paese ma non è una rappresentazione attendibile del suo benessere. Infatti, se aumentano gli ammalati di malattie gravi che richiedono cure costose, aumenta il Pil, ma il benessere generale probabilmente diminuisce». In sistemi dove la sanità e i servizi essenziali sono a carico dei singoli, come quelli anglosassoni, il Pil risulta dunque sovrastimato e per essi «vale il noto aforisma che l’eroe del Pil americano è un malato di cancro che sta divorziando, probabilmente non l’immagine migliore di una persona felice».
Callaioli descrive due modelli assai diversi per uscire dalla crisi attraverso il cosiddetto “rigore”: quello statunitense e quello tedesco. Il primo è dogma della troika costituita dai responsabili dell’Unione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale, a proposito del quale «memorabile resta l’invettiva di Hugo Chávez: “su Marte c’era vita, poi ci ha pensato il Fondo Monetario Marziano”».Questo modello è «basato sulla massimizzazione della rendita finanziaria e sul sostegno delle politiche monetarie» in vista della «realizzazione della “owners society”, cioè di una società che, in via principale e generalizzata, vive della rendita delle proprie posizioni finanziarie anziché del proprio lavoro». Per tale modello «rigore significa esclusivamente tagli della spesa pubblica in vista di un riequilibrio dei conti pubblici che proprio quei tagli, deprimendo l’economia nazionale, contribuiscono ad allontanare, rendendo necessari nuovi tagli e così via, fino a giungere al collasso del sistema. È il paradigma greco». Il modello tedesco, invece, è «basato sulla ristrutturazione dell’economia per riconquistare competitività e quindi capacità di produrre ricchezza producendo e vendendo merci o servizi concorrenzialmente appetibili».
Dato che -come affermava Mao- il potere nasce dalla canna del fucile, gli Stati Uniti, che hanno sempre il fucile della loro potenza bellica puntato contro il mondo, continuano a imporre il loro modello nell’illusione di poter continuare a rifinanziare il proprio immenso debito pubblico cannibalizzando le economie degli altri Paesi. È il trionfo della teoria monetarista e ultraliberista di Milton Friedman e della Scuola di Chicago, un’autentica sciagura planetaria alla quale il keynesismo non riesce a opporsi. È questa sconfitta il vero significato dell’accettazione da parte della sinistra europea delle politiche liberiste, con i lavoratori dipendenti e i pensionati diventati ormai carne da macello. Questo è il senso del governo Monti-Napolitano in Italia.
Le conclusioni dell’analisi sono drammatiche:
Venti anni fa, la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda, ma anche l’Italia e forse la intera Europa sarebbero state tranquillamente abbandonate al fallimento, per poi trasformarsi in un facile terreno di preda per le aziende americane eventualmente interessate a qualche asset (imprese, immobili, suoli) del luogo; l’Europa sarebbe stata sudamericanizzata senza problemi. Oggi, Obama deve impegnarsi a salvare tutto e tutti, regalando denaro a destra e a manca, purché il sistema non si inceppi. Non ripeteremo mai abbastanza quanto questo comportamento sia stupido, perché pretende di guarire un alcolizzato dandogli da bere, ma non è questo il punto. Il punto è invece che oggi il sistema economico-finanziario occidentale non può permettersi di perdere nemmeno un pezzo, per quanto piccolo esso sia, senza andare tutto in frantumi. Il punto è che oggi quel sistema è diventato a tal punto virtuale da non consentire che vi faccia ingresso la realtà; e la realtà è quella di un sistema che si è mangiato decenni di futuro, e non è oggi nemmeno in grado di far fronte al presente. Per questo il sistema è, nelle condizioni ora descritte, irriformabile e destinato al tracollo.
[…]
La degenerazione del falansterio finanziario è una semplice conseguenza di questo straniamento da se stessi, irresponsabile, colpevole, irredimibile, ma ancora pervicacemente perseguito.
4 commenti
agbiuso
L’estremismo liberista ha ormai portato la Grecia alla fame e alla guerra civile ma in Italia e in altri Paesi d’Europa è il silenzio:
Non far sapere agli italiani quel che succede in Grecia
Biuso
Dal Manifesto di ieri un commento di Alessandro Robecchi sulle presidenziali negli USA.
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Naturalmente sono virili manifestazioni di abilità anche la caccia alle balene e le scommesse sui combattimenti di galli, ma credo che il migliore e più edificante spettacolo dell’uomo – insieme ai bombardamenti a tappeto – siano le convention repubblicane americane.
È sempre un piacere speciale vedere alcune centinaia di uomini bianchi ricchi sostenere la supremazia dell’uomo bianco ricco sul resto del genere umano e animale. Come sempre, il programma è entusiasmante: meno stato e più pezzi di merda armati di fucili a pompa. Più pistole per tutti, così se un pazzo entra al cinema a fare una strage, gli spettatori possono rispondere al fuoco, e si riscoprono le vere radici americane. Meno welfare e più darwinismo sociale. E anzi (argomento che piace al candidato vicepresidente Paul Ryan), basta con l’assistenza sociale, che ha rammollito la solida tempra dei pionieri e dei cow-boys. Un po’ come se le mamme consigliassero ai bambini di leccare i marciapiedi per fabbricarsi solidi anticorpi.
Poi, durante la toccante cerimonia, alcune decine di milionari con mogli bionde, prendono ad agitare la Bibbia, a sostenere che tutto è stato creato in sei giorni, che l’individuo, se ha buoni muscoli, volontà, intraprendenza, una Colt ben oliata e soprattutto un padre miliardario, può andare lontano. Il candidato presidente, il mormone Romney guida le danze. Il vice Ryan porta i devoti baciapile del tea party. Qualche altro imbecille si occupa di temi etici, come il fatto che se una donna rimane incinta dello stupratore vuol dire che non era stupro, ma che lei ci stava e dunque non può abortire. Poi c’è Condoleezza Rice, quella i cui tailleur tanto eccitavano Carlo Rossella, una capace di perdere malamente la guerra dicendo che la sta vincendo.
Insomma, un bel campionario di squilibrati che si candida a guidare la seconda potenza mondiale, e di cui ora per un paio di mesi ci verranno narrate le gesta da alcuni acuti osservatori, atei devoti, baciapile di complemento, bianchi e ricchi pure loro, che ci ammoniranno col ditino alzato: «Voi non capite l’America».
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diego b
mentre il New Deal impose la separazione tra le banche commerciali e quelle di investimento, i presidenti statunitensi da Reagan in poi hanno prima depotenziato e poi ufficialmente abolito tale distinzione, lasciando campo libero al dominio della speculazione finanziaria
su questo punto, mi pare tutti gli studiosi, gli economisti e anche gli stessi operatori del mondo finanziario, concordano
secondo l’ottimo economista vladimiro giacchè, questa deregulation fu imboccata nella speranza di evitare una crisi «classica» del capitalismo comunque incipiente, una sorta di diversivo che non risolveva la crisi ma semplicemente la rimandava
difatti abbiamo quel mostruoso castello di economia fasulla
che fare?
io non sono un economista ma così, col buon senso, direi che l’unica soluzione è «passarci dentro» a questa crisi, però cercando, in modo anche empirico, di renderla il più possibile indolore a chi è già in miseria o c’è vicino
in sostanza: togliere ai ricchi, anche senza il loro gioviale consenso
un post interessante, caro alberto, che rende comunque la complessità dei problemi, immediati e nel contempo epocali
condivido con altri lettori del tuo bellissimo blog il problema che i caratteri bianchi su fondo nero sono un po’ più faticosi da leggere
E. De la Paix
Eccezionalmente vero. In particolare aggiungo anche che il modello economico attuale resta cieco nella ricerca di continua di utili stratosferici, spremono all’osso situazioni che evidenziano una spregiudicata ricerca del guadagno di fronte ad un mercato che non ce la fa piu’.
Soluzioni, le piu’ disparate: da Hong Kong, Singapore, Asia, India: la cannibalizzazione e continua, fino a che non resterà un soldo da ragrannellare sulla terra.
E’ proprio vera che una vecchia voce eccheggia ancora nel deserto: sostenibilità é un concetto antico come il mondo, ma non va proprio d’accordo con il prurito di riempirsi le proprie tasche.
Quando sento parlare di stream-line quali compliance, social responsability penso che ci vorrebbe una WORLD & FUTURE Responsability…ma a partire dal singolo, a partire dall’uomo. Ci vuole una rivoluzione. Ma ce ne vorrebbe una genetica, perché é la natura dell’uomo che dobbiamo rivoluzionare.
E speriamo si arrivi nel fondo del baratro, cosi’ che cada questa finta realtà che maschera il mondo di oggi.