È uscito il numero 14 di Vita pensata, Rivista di filosofia
[Miei contributi]
Editoriale: Cinema/Mondo (con Giusy Randazzo), p. 4
Van Gogh, Gauguin, il viaggio (con Giusy Randazzo), pp. 48-49
Artemisia (con Giusy Randazzo), pp. 50-51
Melancholia pp. 52-53
Santa Giovanna dei macelli pp. 58-61
Beckett/Proust pp. 73-75
Indice (in formato pdf)
- Tags:
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- Cinema,
- filosofia,
- fotografia,
- Giusy Randazzo,
- percezione,
- Proust,
- Vita pensata
5 commenti
agbiuso
Segnalo un articolo di Cristine Tedesco –Imagens de Artemísia Lomi Gentileschi: autorretrato, rebeldia e inovação na pintura barroca– che riprende e commenta anche l’articolo mio e di Giusy Randazzo dedicato all’opera di Artemisia Gentileschi.
diegob
mi permetto, con la mia consueta temeraria inconsapevolezza della complessità del tema, di segnalare la mia riflessione a partire da un interessante articolo della rivista.
agbiuso
Caro Diego, hai ben compreso che cosa sia per Proust la letteratura, che cosa la parola. Nel Tempo ritrovato afferma che «la vita vera, la vita finalmente scoperta e tratta alla luce, la sola vita quindi realmente vissuta, è la letteratura».
Ti ringrazio della stima che sempre mi confermi ma, pur essendo un lettore e uno studioso di Proust, non ho gli strumenti filologici e critici adeguati per scrivere un libro su di lui. Ne parlo, comunque, ogni volta che posso. Anche in questo sito.
diego b
ho letto, e riletto, la densa recensione sul testo di beckett
caro alberto, è sempre il tema del tempo, il nodo fondamentale sia di proust che della tua filosofia
mi pare che la chiave per leggere proust qui proposta è quella di un ribaltamento delle concezioni banali riguardo la letteratura
invece di concepire la letteratura come svolazzante arabesco di pagine che tenta di narrare la vita e la realtà, qui la realtà è, per la sua stessa essenza, inafferrabile, continuamente lacerata dal vortice del tempo, ed è la scrittura, la letteratura, il punto fermo, il molo solido dove ancorare il vascello dell’esistenza
caro alberto, spero un giorno esca un libro tuo su proust, perchè per un filosofo della tua caratura, non serve l’aiuto di beckett
diegob
questo numero della rivista è addirittura esageratamente ricco di letture di grande interesse
fra le molte, vorrei rilevare il grande interesse che in me ha suscitato l’intervista-dibattito con nicola emery, perchè sono anch’io convinto (seppur nella scarsità delle mie nozioni sull’argomento), che l’architettura è un’attività, un sapere, una disciplina, nella quale sono intrecciati aspetti cruciali della civiltà umana
anzitutto, se potessi mostrare la mia copia de «la società dello spettacolo», si vedrebbe sottolineato e rimarcato più volte proprio quel passaggio ove si afferma che città e campagna muoiono assieme, a causa dello sfilacciarsi della città
secondo me, anche alla luce dell’articolo, il punto chiave per l’architettura è il suo rapporto con il potere
e questo anche per un fatto se vogliamo banale: per scrivere un libro basta un computer, ma per costruire un edificio, una strada, un quartiere, occorre molto denaro, occorre sempre e comunque un rapporto con il potere
in fondo un filosofo puo’ anche scrivere contro il potere (e molto spesso lo fai tu, caro alberto, con sagacia e anche forza), ma un architetto, come fa ad essere contro il potere?
è vero che puo’ scrivere e giudicare, valutare e divulgare, ma edificare, costruire col cemento e con l’acciaio, richiede delle energie economiche che non possono non aver comunque rapporto, magari dialettico, con un potere
ecco, ho questo dubbio, non c’è il rischio che un architetto critico e per così dire non allineato finisca per essere una bella voce, ma non un architetto?
mi scuso per la brutale semplificazione, ma è quel che mi frulla in testa, leggendo l’articolo