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Due commenti a Lenin
in Il Covile
anno XVI, numero 711
8 dicembre 2024
Pagine 1-8
Ringrazio la rivista il Covile per aver voluto ripubblicare un mio breve testo dedicato a Materialismo ed empiriocriticismo, uscito lo scorso febbraio su Il Pensiero Storico. Tanto più per averlo voluto affiancare alla analisi critica che nel 1933 Simone Weil rivolse allo stesso libro.
In realtà, l’articolo di Weil è dedicato a questioni più generali di epistemologia, che emergono in modo limpido ed efficace nella seconda parte del suo scritto. Una epistemologia con la quale concordo pienamente quando rileva che «si dovrà riconoscere l’esistenza, e di un mondo che è oltre il pensiero, e di un pensiero che, lungi dal riflettere passivamente il mondo, si esercita su di lui per conoscerlo e trasformarlo», come ho anch’io ribadito nel mio testo. Concordo poi sulla critica a una pratica scientifica, in particolare della fisica, diventata di fatto esoterica e pericolosamente vicina alle pratiche di fede, «al punto che l’oscurità, e finanche l’assurdità, appaiono oggi, in una teoria scientifica, come segni di profondità. […] In questo senso, la bella espressione di Marx a proposito della critica della religione come condizione primaria di ogni critica deve essere estesa anche alla scienza moderna».
Assai meno condivisibile è la breve prima parte dell’articolo, incentrata su Lenin, e questo per varie ragioni.
La prima è che in essa Weil ribadisce di fatto una posizione intramata di cartesianesimo e di idealismo, la quale a proposito della ovvia struttura materica del corpomente umano, compreso il cervello, parla ironicamente di «inesplicabile caso» e di «Provvidenza» per le teorie epistemologiche realistiche che affermano la continuità (che non è certo identità e non è opposizione) tra come è fatto il mondo e come la mente umana (o di qualsiasi altro animale) lo apprende.
Ma il limite più grave è di natura polemico-politica. La filosofa pubblicò infatti questo scritto su una rivista militante, come La Critique Sociale, e si nota subito che l’obiettivo non è soltanto e neppure principalmente epistemologico ma tende a sminuire Lenin filosofo allo scopo di accusarlo, come in modo nettissimo fa, di dogmatismo anche politico, scrivendo ad esempio che «un tale metodo di pensiero non è quello di un uomo libero. Come tuttavia avrebbe potuto ragionare altrimenti? […] Molto tempo prima di strappare la libertà di pensiero alla Russia tutta intera, il partito bolscevico l’aveva già tolta al proprio capo».
Weil scriveva nel pieno dello stalinismo e delle polemiche interne al movimento comunista. Possiamo dunque comprendere la riduzione allo stalinismo che Weil opera di un libro militante (l’ho rilevato con chiarezza nella mia analisi) ma certamente anche del tutto filosofico qual è Materialismo ed empiriocriticismo.
Sulle ragioni specifiche – epistemologiche e teoretiche – per le quali non condivido in nessun modo la lettura che Weil fa del libro di Lenin non aggiungo nulla poiché esse sono indicate e discusse nel mio articolo.
2 commenti
Michele Del Vecchio
Leggo ora, per la prima volta, il tuo articolo su “Materialismo ed empiriocriticismo”. Esposizione-come sempre- molto chiara, cadenzata da una rigorosa sequenza di enunciati. Conoscevo il testo di Lenin per averlo malamente letto nei primi anni Settanta e per avere seguito un corso di lezioni proprio su quell’opera del leader comunista. Chi, allora, lo spiegava era infinitamente meno profondo di quanto lo sia stato tu ora. Tuttavia ritorno su un paio di passaggi del tuo scritto sui quali mi resta qualche incertezza. La prima: affermi che il concetto di materialismo in Lenin ha soltanto lo scopo di affermare l’indipendenza della realtà oggettiva dalla sovranità della coscienza del soggetto. Non so se l’obiettivo di Lenin fosse solo questo o non anche quello di aprire la strada ad un dogmatismo di segno opposto: non più idealista ma materialista e dialettico. Scrivi poi che “a un secolo dalla morte del suo autore, credo che “Materialismo ed Empiriocriticismo” sia un testo dalla chiarezza esemplare nell’indicare la nudità del sovrano idealista, soggettivista…”. Ho qualche perplessità sulla “esemplarità” di “Materialismo ed empiriocriticismo”. Credo che la filosofia europea del Novecento abbia tentato, indicato, avviato percorsi diversi da quelli prefigurati dal leader comunista al quale, ovviamente, riconosco una dimensione intellettuale-politica di eccezionale levatura. Convergo convintamente sulla tua conclusione dove riconosci pienamente la indipendenza irriducibile della materia-tempo dalla soggettività e, al tempo stesso, metti in campo anche le specifiche modalità di conoscenza del soggetto. E così chiudi la strada che porta diritti alla riformulazione della erronea teoria del rispecchiamento.
agbiuso
Caro Michele, provo sinteticamente a rispondere:
«affermi che il concetto di materialismo in Lenin ha soltanto lo scopo di affermare l’indipendenza della realtà oggettiva dalla sovranità della coscienza del soggetto. Non so se l’obiettivo di Lenin fosse solo questo o non anche quello di aprire la strada ad un dogmatismo di segno opposto: non più idealista ma materialista e dialettico».
Questo pericolo c’è sempre nel pensare umano. Siamo infatti tutti molto affezionati a ciò che è nostro, comprese le nostre idee. La natura anche militante di Materialismo ed empiriocriticismo accresce tale rischio.
E tuttavia i dogmatismi hanno per fortuna una vita relativamente breve. Quello sostenuto da Lenin è finito. Molto più pericoloso, dall’Ottocento a oggi, è il dogmatismo positivista/scientista che ha avuto una sua spettrale manifestazione nel modo in cui la medicina, una pratica empirica priva di qualunque legge fisica certa che non sia quella appunto dei corpi materiali -gravità, massa, inerzia-, si è trasformata in una superstizione durante la vicenda Covid. Almeno Lenin era un politico-filosofo e non un affarista di case farmaceutiche o un politicante o giornalista al loro servizio.
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«Ho qualche perplessità sulla “esemplarità” di “Materialismo ed empiriocriticismo”. Credo che la filosofia europea del Novecento abbia tentato, indicato, avviato percorsi diversi da quelli prefigurati dal leader comunista».
Certamente, ma la semplicità, chiarezza, capacità argomentativa con le quali Lenin sostiene il realismo metafisico mi sembrano di grande valore e significato, una vera e propria boccata di fresca aria teoretica nella nebbia dei soggettivismi idealistici, linguistici, psicologistici, epistemologici con i quali e dentro i quali tenta di affermarsi l’antropocentrismo contemporaneo, la patetica idea che l’umano e la sua mente stiano al centro del cosmo…
Un mito teoretico invalidante dal quale facciamo proprio fatica a liberarci.