Idealismo e transumanesimo
Materia e transumanesimo in Giovanni Gentile
in Dialoghi Mediterranei
n. 70, novembre-dicembre 2024
pagine 540-545
Indice
-Attualismo e idealismo
-Gentile, l’estetica
-Gentile, il realismo, la materia
-Idealismo e transumanesimo
La struttura storica dell’umano e di ogni suo prodotto costituisce una conferma dei limiti della nostra specie, del non poter mai tale animale aspirare a un Assoluto posto fuori dallo spaziotempo. La filosofia di Gentile è probabilmente l’ultima espressione tradizionale di tale pretesa, che però nel presente sembra riapparire nelle forme certo ben mascherate ma sempre visibili del cosiddetto transumano.
Il transumanesimo è un’evidente forma di ὕβρις, fondata sulla volontà di espansione della soggettività umana. Anche per questo alcuni dei concetti centrali di ogni idealismo, compreso quello di Gentile, quali l’‘assoluto’, sono in realtà poco più che intuizioni e metafore con le quali una parte della materia dotata di coscienza coglie il tempo come un tutto ora, come il tutto che era prima, come il tutto che sarà poi.
Perché il sempre non è una forma statica ma è proprio questo eventuarsi senza posa della materia, ora e in ogni istante del suo accadere.
Uno dei paradossali meriti dell’attualismo gentiliano è la chiarezza con la quale la pretesa antropocentrica si esprime e dunque precipita e fallisce. Anche da Gentile scaturisce pertanto la necessità di abbandonare ogni antropocentrismo e ogni dualismo/contrapposizione tra l’umano e il cosmo nel quale l’umano è posto nei modi più diversi come signore.
Signore di che cosa? Non decidiamo di nascere, né come e dove nasciamo né siamo padroni delle nostre vite e del morire, perché in questo caso saremmo tutti dei felici signori del tempo. E invece del tempo siamo soltanto una necessaria espressione e ciò che chiamiamo morire è la formula del limite umano incapace di cogliere la permanenza della materia al di là delle sue contingenti espressioni.
La radice e l’espressione immanentistica dell’attualismo gentiliano costituiscono alla fine una distanza da ogni transumanesimo, nonostante il contributo che l’idealismo possa offrire e abbia offerto alle tesi transumane.
3 commenti
agbiuso
Cari Michele e Luca, vi ringrazio delle vostre riflessioni che confermano come Giovanni Gentile sia un filosofo vivo, con il quale è fecondo confrontarsi anche – come nel mio caso – per marcare distanze teoretiche profonde.
Il pensiero di Gentile mostra, sì, «la distanza abissale tra questo “ideale” di grande cultura e l’attuale rovistio citazionista ed ipermoralista che nulla abbraccia e tutto respinge se non rientra nel corretto ammesso e che mai esercita autocritica e nel quale ogni possibilità di dialogo e quindi reale confronto viene distrutta».
Sta qui una delle ragioni dello stato miserando dell’Europa contemporanea.
Luca
Ricordo un intervento dell’attuale Ministro della Giustizia sulle pagine del Messaggero in cui proclamava Croce quale più grande filosofo italiano del Novecento o addirittura di sempre. Affermazione che non mi trova affatto concorde, sebbene l’apporto di Croce alla “cultura” (non alla filosofia sola) italiana sia in certa misura anche inaggirabile persino a tutt’oggi. Aggiungo il mio modesto placet a quanto sostenuto da Del Vecchio. Sulla scorta delle dense pagine del Professore vado rileggendo l’ultima opera di Gentile Genesi e struttura della società e mi danno molto da pensare, tra molto altro, queste poche righe dedicate alla cultura: “Si può, restando nelle astrazioni, essere dotti e incolti. Sapere molto e non farne sangue, e non capire più dell’ignorante. La cultura è sapere che forma l’uomo schiarendo e allargando la coscienza che ogni uomo deve avere di sé, ed esercitando perciò la riflessione sul contenuto del suo carattere, su quel che egli può e deve fare per andare incontro al proprio destino. Tale la cultura a cui lo Stato mira in quanto esso stesso coscienza che l’uomo ha di sé e della via per cui tale coscienza si sviluppa. La quale cultura tutto abbraccia e nulla respinge, se il sapere s’informa a questa coscienza di sé, che è l’unità e il centro di tutta la sfera del sapere” (Milano, 1954, p. 131). L’antropocentrismo è lampante, ma è non meno lampante la distanza abissale tra questo “ideale” di grande cultura e l’attuale rovistio citazionista ed ipermoralista che nulla abbraccia e tutto respinge se non rientra nel corretto ammesso e che mai esercita autocritica e nel quale ogni possibilità di dialogo e quindi reale confronto viene distrutta. Luca Carbone
Michele Del Vecchio
Ho seguito con sincera e profonda soddisfazione intellettuale e anche personale -avendo letto alcuni testi di Giovanni Gentile che certamente hanno contribuito all’ampliamento del mio orizzonte culturale- questo tuo bell’intervento sul fondatore dell’attualismo che considero non solo il più importante filosofo italiano del Novecento ma anche il solo dotato di una indubbia dimensione europea, come aveva giustamente scritto alcuni decenni or sono Salvatore Natoli in uno dei primi libri del nostro secondo dopoguerra in cui veniva ripreso il confronto con il “filosofo dell’atto puro”. Condivido molti passaggi teorici del tuo articolo, anche quelli in cui avanzi un pertinente accenno critico verso il panlogismo gentiliano: troppo idealistico, troppo attivistico e fiducioso nel potere quasi taumaturgico della filosofia. In definitiva: troppo antropocentrico. Hai messo bene in luce ciò che di Gentile è ancora oggi meritevole di attenzione critica, chiarendo alcuni passaggi delicati dell’attualismo: il rapporto tra pensiero ed essere, il valore della sua riflessione sull’arte, il complesso ruolo del “sentimento”. E anche per avere scritto che Gentile non è un tardo epigono di Hegel. Sulla questione del Transumanesimo, questione che ancora non ho approfondito più di tanto, condivido la tua obiezione sul carattere marcatamente e insopportabilmente antropocentrico di questa nuova dottrina.