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London

London

La rapina perfetta
(The Bank Job)
di Roger Donaldson
USA, 2008
Con: Jason Statham (Terry), Saffron Burrows (Martine), Stephen Campbell Moore (Kevin), Daniel Mays (Dave)
Trailer del film

Nei bassifondi di Londra. Un luogo che è tutto un bassofondo. Anche e soprattutto nei palazzi e nelle sedi dove si riuniscono il Parlamento e vive la cosiddetta ‘famiglia reale’. Il film narra un evento realmente accaduto in questa città.
Nel 1971 in un’agenzia della Lloyd Bank avvenne una rapina durante la quale vennero svuotate le cassette di sicurezza del caveau tramite il tradizionale, ma evidentemente efficace, strumento di un tunnel scavato sotto la banca. Dopo pochi giorni dalla clamorosa notizia non si parlò più della rapina e dei suoi esecutori. Silenzio. Cosa tanto più singolare in quanto i protagonisti del fatto, lo si comprese subito, non erano dei professionisti ma dei banali ladruncoli. La censura mediatica scattò immediatamente. Con il tempo si venne a sapere perché. La ragione stava nel fatto che la rapina era stata attuata da ignari e ignoti personaggi ma era stata ispirata e organizzata dai Servizi Segreti Britannici (MI5) per trafugare da una delle cassette di sicurezza le foto di Sua Altezza Reale Margaret, contessa di Snowdon, sorella della Regina Elisabetta II. Le foto rappresentavano l’Altezza Reale impegnata in un’orgia. Foto scattate e utilizzate da un «attivista dei diritti dei neri», che era un criminale, un pappone e uno spacciatore, il quale però non veniva mai inquisito o se arrivava in tribunale veniva regolarmente assolto. Numerosi poliziotti di Scotland Yard erano ulteriormente messi a tacere tramite donazioni di altri criminali legati allo stesso ambiente. Varie cassette di sicurezza della stessa banca contenevano le foto di ministri e personaggi del Governo Britannico impegnati in pratiche sadomaso, alcuni dei quali si dimisero discretamente dalle loro cariche pubbliche mentre numerosi poliziotti vennero inquisiti per corruzione.
The Bank Job racconta questi eventi con ovvia libertà sui particolari dell’intreccio ma con la chiara consapevolezza politica, e non soltanto spettacolare, di come corrotto e violento sia il potere nello Stato britannico (non solo in esso, ovviamente), di quanto dannosa sia l’esistenza e la presenza dell’istituzione monarchica, i cui membri – lo hanno confermato le vicende della prima moglie e dei figli dell’attuale sovrano Carlo III Windsor – conducono esistenze sfarzose, parassite e spesso depravate. Allo stesso modo, è noto che un figlio dell’attuale presidente Usa è coinvolto in traffici criminali e in pratiche pedofile (le foto si trovano in rete, costoro non si nascondono più di tanto, sicuri dell’impunità).
Il potere anglosassone è un esempio di che cosa siano o siano diventate le cosiddette «democrazie liberali», strutture politiche alle quali il resto dell’Occidente affida la leadership, generando i fenomeni raccontati da questo thriller e già in atto da decenni: controllo sulla vita dei cittadini e sull’informazione; censura completa attuata su eventi, personaggi e situazioni dei quali non si deve sapere nulla; pratiche di corruzione a tutti i livelli, che oggi – 2023 – toccano soprattutto gli ambiti ecologico e sanitario/farmaceutico, oltre quello – tradizionale – dell’industria militare. Ogni tanto anche un’opera pop come The Bank Job svolge il compito che Foscolo attribuisce alla filosofia politica di Machiavelli: «sfrondare» le apparenze filantropiche delle autorità e mostrare invece «di che lagrime grondi e di che sangue» il potere tra gli umani (Dei Sepolcri, vv. 157-158).
Credere che le decisioni e gli ordini delle autorità costituite siano prese per la salvaguardia del corpo sociale è una favola alla quale soltanto dei cittadini-infanti possono continuare a credere. Il cuore dell’autorità è sempre Heart of Darkness.

[Foto di GR Stocks su Unsplash]

2 commenti

  • michele del vecchio

    Novembre 3, 2023

    Leggo con piacere le tue recensioni cinematografiche che sono sempre tecnicamente impostate e organizzate come presentazione critica di un’opera creata per il grande schermo. Tuttavia le tue recensioni hanno lo spessore e la “ratio” argomentativa propria della presentazione di un lavoro intellettuale di alto profilo, quasi si trattasse di affrontare le impegnative pagine di un’opera letteraria. Infatti il cinema è per te una occasione importante di riflessione e di testimonianza come un buon libro. Nelle tue recensioni, con sapiente maestria, sai riconoscere e indicare al lettore-spettatore della “settima arte” le modalità narrative, estetiche, interpretative e recitative in cui essa si è costituita, in cui ha preso corpo l’opera cinematografica oggetto della tua recensione. Detto altrimenti: sai mostrare i diversi registri, i diversi livelli in cui la sintassi del racconto cinematografico ha disposto ed attuato la sua comunicazione diretta al pubblico. Sai individuare e indicare, al lettore-spettatore, il registro e la funzione primaria del film che è oggetto della tua recensione. Funzione che può costituirsi e realizzarsi come film di “testo/testimonianza” che rivela allo spettatore i caratteri di un’epoca; oppure in quella di “documento” che presenta sullo schermo il reale e veritiero svolgimento di un fatto, di un evento, di un accadimento; oppure in quella di racconto che proietta sul grande schermo personaggi, figure, protagonisti che entrano poi a pieno titolo nell’immaginario collettivo di una comunità. Ecco i “fondamentali”, secondo la mia modesta opinione, del tuo imperdibile modo di invitarci al cinema.

    • agbiuso

      Novembre 3, 2023

      Grazie ancora una volta, Michele. Quello che descrivi con generosità è esattamente il tentativo di parlare del cinema per quello che è: uno degli ultimi luoghi dove, a volte, è ancora ben viva la dimensione epica, alla quale la letteratura sembra sempre più rinunciare ma che sta al cuore di ogni narrare.
      Un “invito al cinema”, sì, è quello che vorrei fossero questi miei testi. Grazie davvero.

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