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Costruire

Costruire

10 architetture italiane
Palazzo della Triennale – Milano
A cura di Matteo Ghidoni, Enrico Molteni e Vittorio Pizzigoni
Sino al 29 gennaio 2023

Opportuna e significativa è la decisione di presentare progetti che sono già diventati spazio e materia o che sono in via di realizzazione. Opportuna perché l’architettura o diventa luogo oppure ha poco senso. Significativa perché questa piccola rassegna dimostra che è possibile creare spazi belli da abitare, qualunque sia l’idea formale che li ispira, il contesto nel quale si collocano, i materiali utilizzati.
I curatori scrivono che «ognuno dei dieci progetti tre ville, un polo ricettivo, un teatro, una galleria, un negozio, un portale, una loggia e un giardino pubblico è rappresentato attraverso un modello, con l’intento di offrire uno sguardo sul presente dell’architettura nazionale». I luoghi vanno dall’Albania e dalla Spagna a Firenze e Roma, dall’Olanda e dal Marocco a Terni (immagine di apertura) e alla Val d’Arno, con una villa in costruzione in Sicilia, in Val di Noto (immagine qui sotto).
Ovunque accada e qualunque sia la sua tipologia, il costruire e l’abitare appaiono nella relazione che Heidegger ha individuato con la consueta lucidità: «Il costruire non è soltanto mezzo e via per l’abitare, il costruire è già in se stesso un abitare. […] Il modo in cui tu sei e io sono, il modo in cui noi uomini siamo sulla terra, è il Buan, l’abitare. Esser uomo significa: essere sulla terra come mortale; e cioè: abitare»; «Solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire».
Lo si dice alle pagine 97 e 107 del testo più profondo e disvelatore che conosca sul significato e il senso dell’architettura. Si intitola «Costruire abitare pensare» e fa parte del volume Saggi e discorsi, a cura di G. Vattimo, Mursia 1976.

2 commenti

  • Michele Del Vecchio

    Gennaio 7, 2023

    Vorrei lasciare un breve commento su “Costruire”, il testo di A. Biuso dedicato alla esposizione al pubblico di dieci progetti di architettura contemporanea in corso al palazzo della Triennale di Milano, capolavoro di Giovanni Muzio e della architettura italiana degli anni Trenta. Intendo soffermarmi su tre affermazioni contenute nel testo perché hanno una portata critica rilevante per le discipline architettoniche.
    La prima si trova nelle righe iniziali,in quel punto in cui l’autore afferma che l’architettura deve diventare “un luogo” altrimenti si riduce a poca cosa. Sembra una affermazione ovvia ma non lo è per una disciplina in cui il contributo del “non costruito” all’ effettivamente costruito è stato sempre importante. Sono pienamente d’accordo che il progetto architettonico che rimane sulla carta o sul foglio da disegno attesta un compimento mancato e quindi un limite, un insuccesso. Tuttavia sono convinto che anche un progetto rimasto soltanto un abbozzo o poco più abbia spesso avuto modo di “realizzarsi” attraverso le misteriose vie delle.influenze e delle suggestioni. L’architettura è una disciplina eminentemente creativa e i codici formali sono, da sempre, continuamente violati e sottoposti a interpretazioni molto spesso sorprendenti.
    La seconda affermazione è quella in cui l’autore sostiene che la “bella architettura” prescinde dalle forme, dai materiali, dai contesti ambientali,dalle funzioni specifiche del manufatto. Concordo pienamente. E la storia della architettura lo dimostra in modo lampante. Infine, la terza affermazione ripropone una celebre tesi di Heidegger. Ebbene: ciò che il filosofo tedesco sostiene -e che l’ autore condivide- ossia che il costruire dipende dall’ abitare, anzi, che il costruire è già un abitare, mi sembra una affermazione non solo vera ma carica di una saggezza e di una sapienza ammirevoli.

    • agbiuso

      Gennaio 7, 2023

      Grazie, Michele, per delle osservazioni così puntuali a proposito del mio breve testo.
      La tua affermazione per la quale «il contributo del “non costruito” all’effettivamente costruito è stato sempre importante» corrisponde per intero a verità.
      Sono stato un po’ troppo sintetico, volendo sottolineare il fatto che lo splendore dell’architettura – a volte ai miei occhi di profano una vera e propria “magia” – si realizza quando l’opera esiste, è stata edificata, si può entrare o abitare in essa. Cosa che non esclude, come giustamente affermi, che anche molti progetti mai realizzati abbiano contribuito ad arricchire l’abitare umano.

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