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Die Rache

Die Rache

La vendetta di un uomo tranquillo
(Tarde para la ira)
di Raúl Arévalo
Spagna, 2016
Con: Antonio de la Torre (José), Luis Callejo (Curro), Ruth Díaz (Ana)
Trailer del film

Il titolo originale non anticipa il senso e gli sviluppi della vicenda, quello italiano indica qualcosa. Ma in ogni caso nulla si perde di un racconto cinematograficamente esemplare, dove fatti, oscurità, memorie, ambiguità, si sciolgono e si svelano a poco a poco mostrando quanto determinata può essere la volontà di una persona alla quale è stata rubata la vita attraverso le vite dei suoi affetti e che esiste ormai soltanto per restituire a quelle spente vite un barlume di giustizia. E questo, come la tragedia e l’epica greca ampiamente mostrano, è possibile alla fine soltanto attraverso il sangue.
Un’accurata e insieme impulsiva preparazione conduce quindi il protagonista prima ad attendere il tempo necessario – otto anni – affinché possa conoscere i nomi e i luoghi di coloro che gli hanno fatto del male, molto male, e poi eliminarli uno a uno nonostante la loro forza, nonostante il loro implorare, nonostante persino l’amicizia nel frattempo inconsapevolmente maturata. Solo a quel punto i morti e i vivi avranno giustizia e colui che non aveva più niente da perdere avrà riacquistato il diritto alla propria solitudine, al proprio dolore, al posto che occupa nella trama inemendabile degli eventi.
«So gehört ursprünglich die Rache in den Bereich der Gerechtigkeit, sie ist ein Austausch; ‘la vendetta appartiene quindi originariamente all’ambito della giustizia, consiste in uno scambio’» (Nietzsche, Umano, troppo umano, I, af. 92), che permette di far tornare l’equilibrio dove esso è stato infranto da una decisione e da una azione miope, chiusa nei propri interessi, o anche semplicemente stupida. Esattamente queste  sono infatti le caratteristiche dell’evento del quale il protagonista si vendica: azioni miopi, profondamente sciocche, chiuse in una evidente sproporzione tra il vantaggio che si può ottenere e il danno che si infligge.
Bene fa quindi quest’uomo  a vendicarsi, a non lasciare scampo, a spegnere i superflui, i dannosi, gli stupidi. E bene fa il regista a dipanare i fatti insieme ai pensieri, a intramare eros e violenza, a rendere plausibile la metamorfosi di un uomo tranquillo in un dispositivo spietato. E a stendere su tutto questo una profonda tonalità di poesia. Come seppero fare anche i Greci.

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