È una delle tante parole polisemantiche della nostra bella lingua.
Disciplina indica infatti in italiano un ambito del sapere o dello sport; significa poi il rigore con il quale ci si approccia a una esperienza di vita; vuol dire infine ciò che un’autorità richiede ai suoi subordinati.
Il saggio dell’economista Giovanna Cracco che qui segnalo, dal titolo Contro il Green Pass. La posta in gioco: disciplina e sorveglianza, risponde a tutti e tre questi significati. L’autrice infatti, che dirige Paginauno (una delle riviste più indisciplinate dell’attuale panorama editoriale), mostra in questo testo una sicura competenza nella lettura dei dati, un approccio razionale e rigoroso alla questione, un’argomentata analisi della disciplina che i governi stanno cercando in tutti i modi di imporre al corpo collettivo.
Riporto qui alcuni brani dall’articolo, invitando a una sua lettura calma, diretta e integrale; si tratta infatti del testo più rigoroso e completo che conosca sul tema della gestione politica dell’epidemia e sul lasciapassare / green pass.
Queste pagine dimostrano che se si vuole capire si può capire; che se si è degli studiosi dotati degli strumenti analitici che il sapere contemporaneo pone a nostra disposizione si deve capire; che la strategia di una comprensione rigorosa di quanto sta accadendo -rimanendo liberi dalla violenza, dalla ripetitività, dal terrore, dalla menzogna e dalla banalità che giornali, televisione e social ogni giorno ammanniscono-, è l’unica capace di evitare di bollire. Utilizzo questo verbo nel significato della nota favola della rana bollita a temperature ogni giorno quasi impercettibilmente superiori al giorno prima, la quale si accorge che sta morendo soltanto quando il suo corpo è ormai a brandelli.
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Contro il Green Pass. La posta in gioco: disciplina e sorveglianza
in Paginauno, Numero 74 | Ottobre-Novembre 2021
- Articolo sul sito della rivista
- Pdf integrale del testo (con alcune mie evidenziazioni)
- Qui sotto una selezione di brani
Vaccinazione e Green Pass sono due atti differenti. La scelta di vaccinarsi contro il virus Sars-Cov-2 tocca aspetti intimi e personali quali le ataviche paure della malattia e della morte, a cui ciascuno risponde con le proprie, insindacabili, scelte. Quanto la martellante propaganda politica e mediatica abbia alimentato ad arte tutte le possibili paure umane in questi quasi due anni, è un discorso che esula dalla riflessione che si vuole qui affrontare: resta l’esistenza del sentimento con cui ognuno deve scendere a patti, e la vaccinazione è uno dei patti possibili.
Il vaccino tutela il vaccinato dal contrarre la malattia in forma grave e quindi, in teoria, dal ricovero ospedaliero e, si spera, dalla morte. L’ultimo studio al momento disponibile (21 luglio 2021) dell’Istituto Superiore di Sanità (2) analizza le caratteristiche dei 127.044 pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 (sono lo 0,21% della popolazione italiana, secondo i dati Istat): l’età media è 80 anni e, su un campione rappresentativo di ogni fascia di età, il numero medio di patologie presenti è 3,7. Sono numeri che, a distanza di 16 mesi dall’inizio dell’epidemia, confermano il dato che i decessi colpiscono gli anziani, prevalentemente con patologie, e le persone non anziane già compromesse da patologie.
Tirando le somme, il vaccino protegge se stessi dalla malattia grave ma non protegge in egual misura gli altri; pur diminuendo la diffusione del virus (forse per appena tre mesi), non ne blocca la circolazione – né l’eventuale creazione di varianti –; milioni di persone hanno inconsapevolmente già acquisito una immunità naturale che li pone sullo stesso piano dei vaccinati ed è durevole (a differenza di quella data dai vaccini, a quanto pare); gli asintomatici vaccinati hanno cariche virali simili a quelle dei non vaccinati, e questo incide nella trasmissibilità del virus; la mortalità per Covid-19 colpisce i ‘fragili’, ossia anziani (prevalentemente con patologie) e non anziani già compromessi da patologie.
Le conseguenze della scelta di non immunizzarsi con il siero ricadono unicamente sulla persona che opera tale scelta: l’altro, che ha optato per la vaccinazione, è protetto. Dunque, come è insindacabile la decisione personale di vaccinarsi, lo è quella contraria.
La scelta politica di mettere in atto una campagna vaccinale sull’intera popolazione sopra i 12 anni – mentre si sta studiando anche il siero per i bambini –: sulla base dei dati e dei fattori sopra analizzati, è una decisione che non ha alcun fondamento logico.
Vale la pena ricordare che l’EMA ha rilasciato a tutti i vaccini una “autorizzazione condizionata” (conditional marketing authorization) proprio per l’assenza delle informazioni relative ai rischi a lungo termine.
Ora, detta brutalmente: una persona anziana può a ragion veduta ritenere poco rilevanti gli eventuali effetti a lungo termine del vaccino, a fronte di un rischio molto più concreto di malattia grave Covid-19; un adolescente o un 50enne inverte i fattori dell’equazione.
La realtà che viviamo è nebulosa e illogica: nebulosa per tutto ciò che ancora non è chiaro, illogica per tutto ciò che già lo è.
Il Green Pass è un ricatto: esteso a università (1 settembre) e lavoro (15 ottobre) si configura come un obbligo vaccinale che discrimina chi non accetta un trattamento sanitario. […] Al momento, l’Italia è l’unico Paese al mondo che ha esteso il Green Pass ai luoghi di lavoro, mentre solo quattro Stati hanno imposto l’obbligo vaccinale direttamente per legge: Indonesia, Turkmenistan, Tagikistan e Micronesia.
Il Green Pass non rappresenta solo l’obbligo vaccinale. È insieme una tecnologia e una pratica di potere.
L’eccezionalità del Green Pass è infatti la sua caratteristica tecnica che lo rende uno strumento dinamico, il cui utilizzo potrà estendersi e arricchirsi nelle forme più diverse: potrà abilitare il soggetto in base a condotte di comportamento (oggi la vaccinazione, domani pagamenti…) o a status (residenza, occupazione, dichiarazione dei redditi, fedina penale… qualsiasi cosa).
Non solo. La struttura a blockchain permette una raccolta dei dati (potenzialmente infinita) che non è aggregata: la blockchain individualizza i dati, legandoli all’identità digitale creata, e come tali li conserva. Il Green Pass quindi sta attuando una schedatura di massa.
La privacy non è la nostra dimensione privata ma la relazione di potere tra individuo, Stato e mercato.
Potere che è in apparenza tanto meno ‘corporale’ quanto più è sapientemente ‘fisico’”. Spazi (luoghi in cui si può accedere solo con il Green Pass), sorveglianza verticale (Gateway e blockchain) e collaterale (il cameriere, il controllore sul treno, il bigliettaio del cinema, l’impiegato adibito al lavoro, a cui bisogna esibire il Pass): una rete di sguardi che quotidianamente controllano. Potere fisico non solo perché si impone sul corpo, ma perché il corpo è il primo ‘oggetto’ che viene investito dalla disciplina del lasciapassare: deve essere sottoposto a un trattamento sanitario (vaccino) o a un esame diagnostico (tampone).
Tirando le somme, il Green Pass ha corretto, normalizzato, diviso, sorvegliato e utilizzato i cittadini, disciplinandoli. È, a oggi, l’ultimo atto di una serie di pratiche politiche che hanno creato una popolazione docile perché impaurita, prima shockata e poi normalizzata in una nuova abitudine, che si affida al ‘sovrano’ per la sua salvezza, convinta che la propria vita dipenda da un trattamento sanitario a cui è disposta a sottoporsi annualmente, e da un lasciapassare politico che lo attesti e che le garantisca l’accesso a luoghi nei quali possa interagire solo con persone altrettanto verificate e controllate.
La situazione è nebulosa e illogica. Ma ciò che lascia sconcertati è che non ci siano – e non ci siano state – domande.
Non si può né sperare né attendere una chiamata strutturata e organizzata, da sinistra, per questo conflitto: salvo poche realtà o singoli individui, la sinistra movimentista che si riempie continuamente la bocca della parola ‘discriminazione’, dichiarando di volerla combattere, si è appiattita sulle posizioni governative spedendo il cervello in vacanza. Sta, dunque, a ciascuno di noi. Scegliere.
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agbiuso
Un altro magistrale intervento di Giovanna Cracco, stavolta a proposito delle inquietanti utopie totalitarie di quella forma particolarmente selvaggia di capitalismo che si fa chiamare anarco-capitalismo
Fonte: fonte: Paginauno , n. 80, dicembre 2022 – gennaio 2023.
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Da grande voglio fare lo Stato
di Giovanna Cracco
Tra anarco-capitalismo e blockchain, i miliardari della Silicon Valley stanno progettando le loro smart city con sovranità politica
Nel 2018 Jeffrey Berns ha messo sul tavolo 170 milioni di dollari e ha comprato 67.000 acri (270 km2 di nulla, in Nevada: terra arida, non edificata, disabitata. Berns, comunemente definito “il miliardario delle criptovalute”, fondatore e amministratore delegato di Blockchains – azienda specializzata nei sistemi crittografici impiegati nelle criptovalute – ha dichiarato nel 2020 che in quell’area sarebbe sorta Painted Rock, una smart city a base blockchain: 36.000 residenti programmati, case, scuole, spazi commerciali e aziende, una criptovaluta interna e servizi cittadini erogati su struttura blockchain. Perché funzioni, ha affermato Berns alla BBC, “è necessario un nuovo modello di governo locale”: istituzioni politiche autonome da quelle del Nevada (1). Nel febbraio 2021 il governatore Democratico dello Stato, Steve Sisolak, ha annunciato la proposta di legge Innovation Zones, destinata alle aziende dei settori Internet of Things, robotica, intelligenza artificiale, blockchain, tecnologia wireless e green: le società in possesso di almeno 50.000 acri di terreno non edificato e disabitato – all’interno di un’unica contea e al di fuori da città o paesi – con una disponibilità finanziaria di 250 milioni di dollari e un piano di investimento per un miliardo in dieci anni, avrebbero potuto costruire città e governarle autonomamente. “Le zone inizialmente opererebbero all’interno della contea locale in cui si trovano”, ha dichiarato Sisolak, “ma alla fine sarebbero in grado di assumerne le funzioni e diventare un ente governativo indipendente”: avrebbero un consiglio di sorveglianza di tre membri, scelti dall’azienda, con gli stessi poteri di un consiglio di commissari di contea, e il governo autonomo avrebbe l’autorità, “per esempio, di imporre tasse, formare distretti scolastici e tribunali di giustizia, e fornire servizi governativi” (2).
Il piano non è andato in porto: la proposta di legge si è insabbiata nel Parlamento del Nevada e il 30 settembre 2021 Berns ha ritirato il programma, lamentandosi del mancato supporto politico (3). Ma Painted Rock non è l’unico progetto in piedi.
Nel 2017 Bill Gates, tramite la Cascade Investment, ha pagato 80 milioni di dollari per quasi 25.000 acri (100 km2) di deserto disabitato, in Arizona. Obiettivo: costruire Belmont, una smart city pianificata per 200.000 abitanti, destinata a “una comunità lungimirante, con una spina dorsale di comunicazione e infrastruttura che abbraccia la tecnologia all’avanguardia, progettata attorno a reti digitali ad alta velocità (5G), data center, nuove tecnologie di produzione e modelli di distribuzione, veicoli autonomi e hub logistici autonomi”, interamente digitale, dai servizi governativi, ai trasporti urbani alla produzione alimentare; un funzionamento automatico complessivo che solo la bloc- kchain può garantire (4). A ottobre 2020 sono stati comprati altri 2.800 acri (5). Del progetto non si sa altro, perché dopo la fuoriuscita della notizia sull’acquisto del terreno le informazioni sono state tenute riservate. Lo stesso coinvolgimento di Gates è stato inizialmente taciuto, finché una ricerca giornalistica su dati societari e registri delle proprietà non l’ha svelato.
Peter Thiel – creatore di Paypal, tra i primi investitori di Facebook e fondatore nel 2003 di Palantir, importante azienda di big data attiva nell’ambito militare e di sicurezza, ap- paltatrice di Pentagono, Cia e Dipartimento di Stato USA – ha invece investito quasi 9 milioni di dollari in Pronomos Capital, una società di venture capital che si concentra esclusivamente su startup come Bluebook Cities (6): fondata nel 2019, sta lavorando al progetto “Praxis”. Il sito (www.praxissociety.com/) dà l’idea della visione generale: con una narrazione epica si definisce un movimento di moderni pionieri che vogliono costruire una smart city, all’interno della quale una comunità di membri facoltosi – 10.000 nella prima fase, poi a crescere: “10.000 residenti con un tenore medio di vita di oltre 2 milioni di dollari rappresentano collettivamente oltre 20 miliardi di dollari di valore della città” – vivrà in uno Stato con sovranità politica, con una criptovaluta e una criptoeconomia a base blockchain. L’ubicazione è ancora da scegliere, potrebbe essere “da qualche parte nel Mediterraneo” (7): “collaboreremo con un governo ospitante” si legge sul sito, “per creare una giurisdizione speciale”.
Anche Elon Musk, a marzo 2021, ha dichiarato di voler costruire Star- base, una smart city che vuole inglobare e riprogettare il villaggio di Bo- ca Chica, nel Texas, dove attualmente ha sede la base spaziale Space X.
La stampa statunitense la definisce una “città privata con leggi proprie”, ma dalle informazioni a oggi disponibili sembra più un allargamento della struttura aziendale di Space X e meno una città vera e propria, aperta a residenti.
Infine c’è Telosa. Uscita nel 2021 dall’immaginazione di Marc Eric Lo- re, il miliardario “mago dell’e-com- merce” che ha portato Walmart a diventare il secondo sito di shopping online dopo Amazon, questa città del futuro dovrebbe essere costruita in una zona desertica degli Stati Uniti ancora da definire: “La prima fase di costruzione, che ospiterà 50.000 residenti su 1.500 acri, ha un costo stimato di 25 miliardi di dollari; l’intero progetto dovrebbe superare i 400 miliardi, con la città che raggiungerà 150.000 acri (600 km2, n.d.a. ) e la popolazione target di 5 milioni entro quarantanni”, si legge sul sito (www. cityoftelosa.com/). Interamente ecosostenibile e con una produzione alimentare autosufficiente, non è del tutto chiara la governance. Lore parla di “equitismo, una nuova e più giusta fase del capitalismo”: rispolverando una teoria economica del 1879 proposta da Henry George, propone “la creazione di una fondazione privata fondiaria, proprietaria del terreno, che utilizzerà il reddito generato dalla rivalutazione della terra stessa (grazie alla costruzione e vendita di case, infrastrutture, edifici ecc., n.d.a. ) per finanziare i servizi sociali della città”. Una sorta di nuovo contratto sociale, la cui cittadinanza dipende quindi dalla capacità economica dell’individuo di acquistare una casa. Questa condivisione della ricchezza generata dalla fondazione, afferma Lore, “ricalca il modello delle startup digitali, dove i dipendenti vengono pagati con stock option”. L’organo di governo della città sarà una sorta di “consiglio di amministrazione” eletto direttamente dai residenti tramite voto elettronico e blockchain. “Non stiamo solo costruendo una città, stiamo creando un nuovo modello per la società”, ha dichiarato Lore.
Folli visionari del Big Tech? Non proprio. È più una tendenza, che prova a muovere i primi passi su base locale. Anarco-capitalismo e nuove tecnologie, privatizzazioni ed esternalizzazio- ni di funzioni statali e cambiamento nella percezione collettiva dell’immagine e del ruolo delle imprese, sono il terreno su cui l’idea ha messo radici e la visione ha iniziato a concretizzarsi.
Anarco-capitalismo
Come tutti i pensieri politici, anche l’anarco-capitalismo ha correnti al proprio interno, che vanno dall’idea di uno Stato minimo fino a visioni più radicali. Se prendiamo queste ultime, e tralasciando il quadro economico e filosofico sui quali poggia storicamente e culturalmente, l’anarco- capitalismo è la dottrina secondo la quale una società capitalistica del tutto priva di Stato è economicamente efficiente e moralmente desiderabile. La società così strutturata non ha governo, parlamento, magistratura, polizia, forze armate né qualsivoglia istituzione pubblica: interamente basata sulla proprietà privata, vede le imprese competere sul libero mercato per offrire tutte le merci e tutti i servizi che la società stessa richiede.
Qualche dettaglio pratico.
Ciò che individuiamo come wel- fare pubblico (sanità, previdenza, disoccupazione, istruzione…) è venduto al singolo cittadino da aziende private, sotto forma di servizio o assicurazione; non esiste suolo pubblico, sia esso un terreno, un fiume, un lago… le infrastrutture (strade, piazze, ponti, acquedotti, aeroporti, rete digitale…) sono costruite da imprese private, che ne affittano alle singole persone il diritto di utilizzo, passaggio o sosta, oppure ne vendono la proprietà (anche in regime di comproprietà, come la strada che porta a un complesso abitativo acquistata dai proprietari degli appartamenti); polizia, tribunali e carceri sono gestiti da società private di sicurezza: fermo restando il diritto riconosciuto a ciascuno a difendere da solo la propria persona e la propria proprietà con ogni mezzo, il singolo individuo acquista servizi da una compagnia di sicurezza privata per prevenire o reprimere azioni a suo danno (funzione di polizia), e accetta di rimettersi alla stessa compagnia nel caso in cui si rendesse lui stesso colpevole di violenza contro persone o proprietà (funzioni di tribunale e carcere); queste stesse compagnie lo difenderanno anche in caso di attacchi da parte di entità straniere, svolgendo la funzione delle forze armate. Alla base di tutto, un ordine sociale strutturato su un diritto naturale oggettivo che postula nulla più del diritto alla proprietà privata e alla libertà individuale, propria e altrui; su tale diritto viene a costruirsi spontaneamente un corpus di leggi, date dal diritto consuetudinario e dalla giurisprudenza dei tribunali privati.
È evidente che nel pensiero anarco-capitalista l’unità di base è il singolo individuo e tutto si compra e si vende, nella convinzione che il comportamento interessato di soggetti egoisti produca una cooperazione spontanea, efficace e auto-regolatrice. È stabilita l’uguaglianza formale degli esseri umani sul piano giuridico, ma è altrettanto postulato il darwinismo sociale: non esistono reti a supporto, chi è privo di denaro, perisce. Al punto che pur ammettendo mecenatismo e beneficenza come meccanismi privati volontari di produzione di beni pubblici, si afferma l’illegittimità di ogni politica distributiva – le imposte statali sono considerate un furto – in base al diritto alla libertà individuale: l’obbligo di aiutare gli altri è coercitivo rispetto alla libertà individuale, dunque non può esistere.
Jeffrey Berns di Painted Rock, “il miliardario delle criptovalute” sopra citato, colui che apparentemente si è maggiormente avvicinato alla realizzazione in Nevada della sua smart city con sovranità politica e a base blockchain, ha dichiarato alla BBC: “Non sono antigovernativo, ma penso che il governo abbia ficcato troppo il naso nei nostri affari”. Aggiungendo che la struttura decentralizzata della blockchain può finalmente creare “un posto” dove lo Stato non possa avere il potere di “interferire” nella vita delle singole persone.
La blockchain è infatti stata il punto di svolta: ha segnato il passaggio dell’anarco-capitalismo dall’utopia (!) alla possibilità concreta.
Blockchain
L’anarco-capitalismo scorre nelle vene della Silicon Valley fin dall’insediamento della prima azienda tecnologica. Non è un caso che il progetto della rete blockchain e del bitcoin nasca nel 2008 all’interno della comunità hacker californiana, con il manifesto Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System a firma Satoshi Na- kamoto – uno pseudonimo di cui tuttora non si sa con certezza a chi corrisponda, nemmeno se si tratti di un singolo o un collettivo -; il documento contiene i principi e il codice di un software open source in grado di creare la prima criptovaluta digitale decentralizzata, che si sottrae al potere delle banche e al concetto politico di sovranità monetaria come monopolio statale (8).
Il punto debole dell’anarco-capi- talismo è sempre stato il presupposto di uno stato di natura più vicino a Locke che a Hobbes: non il bellum omnium contra omnes ma uomini predisposti alla giustizia e alla pace, dotati di una Ragione che insegna loro uguaglianza, indipendenza e rispetto dell’altrui libertà e proprietà. Certo l’innesto, nella visione politica, dell’egoismo economico di Adam Smith, ha dato maggiore solidità alla convinzione di un ordine sociale spontaneo pacificato – più di quanto potesse fare una lettura idilliaca della natura umana – ma non ha risolto il problema della fiducia/garanzia a tutela, su cui si basano le relazioni sociali: lo ha fatto la tecnologia digitale.
La blockchain va ben oltre la capacità di creare una criptovaluta: è in grado di eliminare la necessità di qualsivoglia istituzione o organizzazione, ufficialmente riconosciuta, che si ponga come garante di legittimità e legalità nelle più diverse attività sociali, si tratti di una banca centrale per la moneta a corso legale, di un ministero per la certificazione di una votazione, di una università per l’autenticazione di titoli accademici, di un pass digitale per accedere a luoghi, esercitare diritti ecc. Grazie alla crittografia, alla rete decentralizzata e alla struttura a blocchi, la blockchain elimina la possibilità di truffe, frodi, manomissioni varie: la fiducia creata da bit.
Da Painted Rock a Belmont a Pra- xis a Telosa, tutte le smart city progettate dai miliardari del Big Tech citano la blockchain come struttura portante, a ragion veduta: è l’innovazione tecnologica che consente loro di implementare un nuovo tipo di governance, orizzontale e non verticale. Una società che possa fare a meno di autorità centrali a garanzia, gerarchiche, sia politiche che finanziarie ed economiche.
Klaus Schwab, fondatore e direttore esecutivo del World Economic Forum di Davos, pubblica nel 2016 La quarta rivoluzione industriale. Nel prevedere “una fusione di tecnologie attraverso il mondo fisico, digitale e biologico”, una “trasformazione dell’umanità” grazie a blockchain, intelligenza artificiale, stampa 3D, robotica, computer quantistici e ingegneria genetica (“Non si tratta solo di cambiare ‘cosa’ e ‘come’ facciamo le cose, ma anche ‘chi’ siamo”), Schwab non tralascia l’aspetto politico: “I governi ( governments, le amministrazioni pubbliche in senso ampio, n.d.a.), nella loro forma attuale, saranno costretti a cambiare, poiché il loro ruolo centrale nella conduzione della politica diminuirà sempre più, a causa dei crescenti livelli di concorrenza e della redistribuzione e decentralizzazione del potere che le nuove tecnologie rendono possibile”; sopravviveranno solo se saranno in grado di farlo, afferma Schwab, abbracciando il cambiamento, ma in ogni caso “saranno completamente trasformati in una cellula di potere, molto più snella ed efficiente, all’interno di un ambiente di strutture di potere nuove e concorrenti”.
In questa visione, lo Stato è dunque avviato a perdere centralità. Tuttavia non si può dire che non abbia collaborato alla propria graduale mar- ginalizzazione.
Meno Stato più mercato
Il pensiero neoliberista ha dominato per trent’anni e ha ridisegnato la società e il rapporto pubblico-privato. Privatizzazioni ed esternalizzazioni hanno progressivamente svuotato lo Stato del proprio ruolo – soprattutto in Europa, dove avevamo conosciuto i ‘trenta gloriosi’. Oggi il welfare è principalmente di natura privata (in regime di accreditamento o meno) e sta prendendo piede quello aziendale; le guerre e le ‘missioni di pace’ le combattono i contractor delle Società Militari e di Sicurezza Private ( Private Military and Security Compa- nies, PMSC), chiamate sempre più a occuparsi anche di sicurezza interna (9); la corsa alla Luna e allo Spazio, le comunicazioni satellitari e le stazioni spaziali – ambiti sia commerciali che militari, come ci ha recentemente mostrato la guerra in Ucraina – sono sempre più dominate dai privati, da Elon Musk a Jeff Bezos (10); la tecnologia sta sgretolato monopoli statali – quello della moneta, reso obsoleto da blockchain e criptovalute – o ne sta sottraendo il reale controllo: algoritmi proprietari, di cui solo l’azienda privata fornitrice conosce il funzionamento (big data elaborati e logica di calcolo), sono già entrati nei tribunali, ‘dettano’ le sentenze e affiancano i giudici nelle decisioni dibattimentali (11), mentre intelligenza artificiale, algoritmi predittivi e telecamere a riconoscimento facciale disseminate in ogni angolo delle città stanno trasformando il modus operandi delle forze dell’ordine: non più la gestione di un evento criminale ma la prevenzione del crimine, attraverso l’identificazione di modelli, luoghi, attività e individui sospetti (12) – il pensiero va inevitabilmente a Mi- nority Report di Philip Dick.
Lo Stato ha ceduto al capitalismo parte della propria sovranità e storica legittimità – il contratto sociale e il monopolio delle forza – ben prima che i visionari anarco-capitalisti della Silicon Valley iniziassero a progettare le proprie smart city.
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L’impresa responsabile
Nell’accettazione di un cambiamento sociale, il passaggio simbolico è fondamentale: ai cittadini deve essere consegnata una nuova narrazione, che per essere introiettata e divenire dominate deve essere pervasiva e totalizzante, occupare ogni spazio pubblico.
Fino a non molto tempo fa, un’azienda era un’azienda, nulla più, e così era percepita: gli affari sono affari . Le persone vi si relazionavano nella consapevolezza che l’unico obiettivo di un’impresa è il conseguimento di profitti economici; le pubblicità rivendicavano la qualità dei prodotti e vendevano promesse di letizia o uno status sociale, entrambi indirizzati al singolo individuo ; il patto sottaciuto tra il consumatore e l’azienda era: tu acquisti e sei felice, io faccio soldi aumentando fatturato e utili.
Da qualche anno, slogan, dichiarazioni e marketing pubblicitario hanno al centro questioni etiche e sociali, collettive : il cambiamento climatico, l’ambientalismo, il bene comune, le diseguaglianze di genere e/o razziali ecc. Producono documenti nei quali affermano che l’azienda deve creare benefici non solo per gli azionisti ma per tutti gli stakeholder : dipendenti, fornitori, clienti e soprattutto la comunità circostante. Promuovono fondazioni filantropiche che finanziano strutture e servizi sociali, escludendo i circuiti statali – come, abbiamo visto, contempla il pensiero anarco-capitalista. Una rivendicata efficienza delle imprese private contro la lenta ed elefantiaca macchina pubblica, antagonismo già utilizzato per sostenere le privatizzazioni neolibe- riste, viene ora messa al servizio di una comunicazione aziendale a favore di politiche sociali e ambientali. Si tratta certamente, anche, di banale marketing volto ad aumentare l’apprezzamento del brand e dunque vendite e profitti; ciò non toglie che la nuova narrazione sia riuscita a mutare l’immagine pubblica dell’impresa e la percezione del cittadino del suo ruolo: non solo un’entità produttiva e finanziaria, squisitamente economica, anche una realtà portatrice di valori. In una parola, una realtà politica. Al patto sottaciuto individuale si è dunque affiancato quello collettivo, che consegna all’immaginario la visione di un mondo futuro, un modello politico di società: più giusto, più equo, più responsabile. L’azienda si fa tutto.
Confini
La fabbrica, la società, la vita: il Capitale non può avere confini, il suo ciclo vitale è segnato dall’espansione. Deve alimentare costantemente l’accumulazione, fagocitare ogni spazio disponibile, mettere a valore ogni cosa. Sussumerà anche lo Stato? Forse non avrà, in realtà, la convenienza a farlo: svuotare progressivamente il potere politico fino a lasciarne solo un vuoto involucro utile a rappresentazioni di proscenio, può risultare economicamente e socialmente più proficuo; senza per questo rinunciare alla creazione di smart city private, riservate a facoltosi residenti. Per ora, lo Stato – borghese, direbbe Marx – conserva un’importante funzione: salvare il capitalismo dalle sue ontologiche crisi. Iniezioni di denaro pubblico e architettura legislativa su misura sono gli atti politici che consentono al sistema capitalistico di sopravvivere alle sue curve discendenti, e permettono il rinnovo tecnologico necessario alla continuità dei profitti: la crisi pandemica e quella energetica, la transizione ecologica e digitale, sono solo gli esempi più recenti (13). Tuttavia la visione marxiana struttura/sovrastruttura inizia a veder sfumare il confine. Non è un cambiamento di poco conto.
Note
1 https://www.bbc.com/news/world-us-canada-56409924
2 https://www.reviewjournal.com/news/politics-and-government/2021-legislature/bill- would-allow-tech-companies-to-create-local-governments-2272887/
3 Cfr. https://thenevadaindependent.com/article/blockchains-withdraws-plan-for-innova-
tion-zone-legislation-citing-lack-of-support-from-state-governor
4) https://www.dezeen.com/2017/11/13/bill-gates-plans-smart-city-arizona-desert-bel- mont-partners/# e https://hwy.co/bill-gates-smart-city-in-arizona/
5) Cfr. https://www.globest.com/2020/03/05/an-update-on-bill-gates-new-smart-city-in-a- rizona/
6) Cfr.https://nypost.com/2021/05/10/tech-bros-next-move-private-cities-without-govern- ment-control/
7) https://www.curbed.com/article/inside-the-peter-thielbacked-praxis.html
8) Il fatto che il bitcoin sia stato strutturato come una criptovaluta speculativa nulla toglie alla potenzialità della blockchain di creare una moneta mezzo di scambio. Per la storia del bitcoin e il funzionamento della blockchain, cfr. Giovanna Cracco, Bitcoin, tra tecnologia e politica, Paginauno n. 56, febbraio-marzo 2018
9) Per un approfondimento sul tema cfr. Giovanna Cracco, Contractor e diritti umani. Dalla guerra alla pace, la privatizzazione della violenza, 20° Rapporto sui Diritti Globali curato da Associazione Società Informazione, Milieu Edizioni, dicembre 2022
10) Per maggiori dettagli: Marcello Spagnulo, L’invisibile battaglia spaziale nella guerra d’Ucraina, Limes n. 7/2022, volume “La guerra grande”, luglio 2022; e volume “Lo spazio serve a farci la guerra”, Limes, dicembre 2021
11) Cfr. Giovanna Baer, USA: giustizia artificiale. Big data, IA e algoritmi predittivi nei tribunali , Paginauno n. 65, dicembre 2019/gennaio 2020
12) Cfr. Kate Crawford, Né intelligente né artificiale. Il lato oscuro delle IA, Il Mulino, 2021
13) Cfr. Giovanna Cracco, Capitalismo e ambientalismo. La transizione (non) ecologica , Paginauno n. 78, giugno/settembre 2022 13)
agbiuso
Inclusivi?
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“Prof! Ma oggi non torna in classe?”.
Ieri, 1° aprile, diversi docenti tamponati si sono recati a scuola dopo una lunga assenza forzata, pronti ad affrontare qualsiasi pesce in faccia e trattamento discriminatorio che la loro nuova definizione “inidoneo” implicasse. Nell’indifferenza generale, davanti agli sguardi curiosi dei propri alunni, sono stati registrati nel libretto dei visitatori, messi ad aspettare in stanzette, sgabuzzini, infine sistemati alla bell’e meglio in biblioteche e aule remote, di modo da “evitare ogni contatto”. E via sette ore (e dodici minuti) di isolamento, durante le quali, nell’incertezza sulle nuove mansioni da svolgere, qualche coraggioso si è avvicinato a parlarti, pur a distanza.
“36 ore? Mah”, “Beh, almeno torni a scuola”, “Però è equo così”, “Quasi quasi faccio come te per prendere una pausa dagli alunni”…
E poi ci sono gli alunni.
Anche solo uno di loro appare sbigottito. “La prof. di ora non mi piace, rivogliamo lei!”, “Ma perché non può entrare?”.
Già, come spiegarlo? Caro alunno, siamo inidonei a insegnare per questo governo.
Prima “novax”, poi “inadempiente”, ora “inidoneo”. Temporaneamente.
E così una nota ministeriale può, di punto in bianco, stracciare contratti, cancellare concorsi, anni di studio e dedizione, cambiare le sorti di migliaia di docenti, rei di aver portato avanti una decisione sul proprio corpo.
L’idoneità di un insegnante non sempre va di pari passo con la virtuosità delle proprie azioni, anzi. Si può essere ottimi insegnanti nella propria materia ma non bravi educatori. O viceversa. Si può predicare in maniera impeccabile ma al tempo stesso essere esempio di ipocrisia e mediocrità nel reale. O magari non predicare affatto e lasciare che le proprie azioni parlino.
Che si creda o no a questo vaccino, oggi, non ha quasi più importanza. A contare è l’impalcatura legislativa che ne è scaturita, atta a premiare uno e punire l’altro. Impalcatura che oggi, davanti a tamponi, multe e demansionamenti nonostante l’emergenza finita, emerge in tutta la sua inconsistenza e miserabilità. E’ certo che nessun docente che abbia esercitato una semplice libera scelta intendesse gridarla a gran voce, ma oggi si trova a difendere con unghie e denti gli articoli sacrosanti della nostra Costituzione e i contratti di lavoro. Per sé e per chi dei suoi colleghi non vorrà o non potrà più stare alle direttive del governo.
Fa da apripista in pubblica piazza.
Che questa storia rimanga impressa.
Che la sua presenza scomoda a scuola funga da monito o ispirazione, in tutti i sensi.
Che il trattamento e l’accanimento subito da questo governo, nella tacita collaborazione di colleghi e dirigenti, costituisca un fardello da appendere al muro di quella che suole chiamarsi “scuola inclusiva”.
A ognuno la riflessione sulle proprie vergogne e sui propri meriti che hanno portato a questa situazione incresciosa e indecente.
Quel che è certo è che solo pochi docenti potranno ancora permettersi il lusso di citare le parole di Voltaire:
“Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”.
Saranno i singoli alunni, piccoli uomini e donne, spettatori passivi di quanto accade, a trarre le proprie personali lezioni di vita.
(WI)
agbiuso
Una tirannide inutile, una tirannide infame.
The pointless tyranny of Italy’s Covid pass
agbiuso
LA MIA GIORNATA DELLA MEMORIA
Voglio ricordare, oggi, Mattia, 12 anni, che non può più giocare a calcio con i suoi compagni di squadra, pur essendo capace di gioire di ogni goal come gli altri, perché non ha il Greenpass.
Voglio ricordare, oggi, Caterina, 19 anni, che non può frequentare Medicina all’Università, pur avendo passato il test d’ingresso col massimo del punteggio, perché non ha il Greenpass.
Voglio ricordare Francesco, negoziante, che ha anticipato i tempi affiggendo il cartello “qui TUTTI i clienti sono uguali”
ed Erika, ristoratrice, che ha già collezionato un discreto numero di varbali per non aver voluto chiedere il Greenpass all’ingresso.
Voglio ricordare il signore di 80 anni che, avendo scordato il Greenpass a casa, è stato costretto a pisciare per strada, vergognandosi come un ladro ma il ladro non era lui, perché non l’hanno fatto entrare nel bagno bar più vicino.
Voglio ricordare i recentemente “reclusi” sulle isole italiane ché non avendo il Greenpass non potevano predere il traghetto per raggiungere la terraferma. Ma il sequestro di persona non era un crimine?
Voglio ricordare tutti i ragazzi che, pur non volendosi vaccinare, hanno dovuto farlo per poter salire sull’autobus che li porta a scuola. Non basta più pagare il biglietto, ci vuole il Greenpass.
Voglio ricordare i milioni di lavoratori e lavoratrici che, pur non condividendo ne’ a livello etico né a livello sanitario l’adozione di un Greenpass, dopo essere andati avanti per mesi a pagarsi di tasca propria tre tamponi a settimana, sono infine stati OBBLIGATI a vaccinarsi per poter portare a casa uno stipendio senza il quale sarebbero finiti alla Caritas. Dove, per ricevere un piatto caldo, ci vuole cmq il Greenpass.
E infine voglio ricordare a tutti gli ipocriti per cui “le leggi sono leggi e vanno rispettate” che anche all’epoca delle leggi razziali la gente si nascondeva dietro questa frase mentre gente innocente veniva discriminata e sterminata e che non si può essere garantisti a metà, democratici a giorni alterni, libertari per favorire alcuni sì ed altri no.
Perché i “ricordi” ideali per nuovi, futuri “giorni della memoria”, si creano così, un passo alla volta, indifferenza dopo indifferenza, una parola d’odio e un atto di discriminazione dopo l’altro.
E se non capite di cosa io stia parlando, oggi, per ricordare, riguardatevi “Una giornata particolare” di Ettore Scola. Oppure, più semplicemente, guardatevi intorno.
(Roberta Ceudek)
agbiuso
Una scelta civile.
agbiuso
“Dove inizia/finisce la libertà di qualcuno? chi stabilisce il confine? in base a quale criterio? si tratta di un limite rigido o negoziabile? quali rinunce comporta, se le comporta? chi dirime le controversie? ecc. ecc. Lungi dallo sciogliere le riserve dei dubbiosi, l’affermazione porterebbe lontano e per una strada impervia, ma di questo i media e i loro sentenziosi ospiti non si curano, perché questa frase a effetto serve egregiamente a sostituire la libertà con il suo fantasma.
[…]
Assistere alla trasformazione di un bene come la salute nella sua ossessione o, peggio ancora, in strumento per fomentare il conflitto sociale è inaccettabile e però è ciò che accade ogni giorno senza destare nei più preoccupazione alcuna. È evidente che la situazione attuale è esplosa per effetto della pandemia ma ciò che l’ha resa disastrosa non dipende dal dissenso di irresponsabili nemici della salute pubblica ma dal modello socio-economico che non è stato in grado né di resistere all’urto né si è mostrato desideroso di cambiare rotta.
[…]
La progressiva sostituzione dello stato di diritto con la retorica moralista quando, in assenza dell’obbligo vaccinale, si disconoscono i princìpi di universalità, uguaglianza ed equità sui quali si basa il servizio sanitario nazionale, sostenendo che (solo) i non vaccinati occupano immeritatamente e a spese della collettività i reparti di terapia intensiva. Non dovrebbe applicarsi la stessa logica per gli evasori fiscali? Fra un non-vax, fedele contribuente, e un no-tax vaccinato a chi dovrebbe esser data precedenza? E che dire delle malattie causate da abitudini alimentari dannose, da vizi e dipendenze, o conseguenti a comportamenti irresponsabili? Perché mai i cittadini “buoni e giusti” dovrebbero contribuire alle spese per soccorrere e curare gli artefici del proprio male? E se si ha la fortuna di non beneficiare in modo consistente della spesa sanitaria pubblica, non sarebbe giusto vedere restituita a ciascuno la parte di denaro versato e non goduto?
[…]
Nonostante i disastri evidenti, il modello neoliberista “Britannia 1992″ si ripresenta oggi supportato non più dai maldestri tentativi di riforme costituzionali ma dal fondamentalismo religioso dell’Unica Vera Scienza con la sua casta sacerdotale, la sua liturgia, i suoi santini, le sue eresie e gli autodafé. E naturalmente, con il suo capro espiatorio”.
La versione integrale (ma sempre breve) di questa lucida riflessione di Marta Mancini si può leggere su Aldous, 22.1.2022: Il fantasma della libertà
agbiuso
Una società fondata sul ricatto non ha bisogno di nessun virus.
È già una società morta.
agbiuso
O il processo viene arrestato subito, oppure non ne usciremo più
di Andrea Zhok – L’AntiDiplomatico, 6.1.2022
La situazione è la seguente
Sul piano sanitario l’attuale diffusione di una variante virale paucisintomatica, assai contagiosa e capace di creare protezione trasversale sarebbe una benedizione, consentendo un’endemizzazione rapida e indolore.
Se il governo, invece che angariare gli italiani sul tema, avesse fatto vacanza, con questi tassi diffusivi tra un mese avremmo raggiunto l’immunità di gregge (non ottenibile via inoculazione), saremmo usciti dalla pandemia e potremmo tornare ad una vita normale.
Ma questo non è nell’interesse del governo. Il suo interesse primario, per legittimare a posteriori quanto fatto, sta nel tenere ferma fino in fondo la narrazione su cui ha scommesso tutto, per cui l’inoculazione, e solo essa, è La Soluzione.
L’intento del governo è dunque quello di agire in modo da intestarsi il merito del miglioramento che avverrà comunque a primavera, attribuendolo alla “fermezza” con cui ha proceduto nel costringere alle inoculazioni.
Se questa narrazione, integralmente campata in aria dal punto di vista delle basi scientifiche, avrà successo (e con i media a gettone che abbiamo le possibilità sono alte), questo sarà il chiodo definitivo sulla bara delle nostre libertà future.
Questo perché con un virus che comunque continuerà a circolare e mutare, come l’influenza, l’estate prossima potrà ripartire la medesima carovana della scorsa estate. Avremo un preallarme, che chiederà di “non abbassare la guardia” in vista dell’inverno (l’attesa dell’emergenza è essa stessa emergenza) e si insisterà sull’inoculazione compulsiva (intanto Pfizer produrrà un qualche ‘aggiornamento’, che verrà pompato come la nuova “soluzione”).
E così avanti all’infinito, tenendo la popolazione a catena corta con una certificazione d’accesso ai propri diritti, estendibile o revocabile a piacimento.
Arrivati a questo punto, o il processo viene arrestato subito, oppure non ne usciremo più.
Con grande sofferenza, avendo sempre nutrito un profondo senso dello stato, sono giunto alla conclusione che ora solo atti di (pacifica) disobbedienza civile potranno porre un argine al processo in corso.
Deve certamente avviarsi un progetto politico (nel medio termine sarà essenziale), ma deve innanzitutto e subito essere posto un limite all’attuale regno dell’arbitrio incarnato dal governo, e ciò può avvenire solo non accondiscendendo.
agbiuso
Un Paese umiliato, una massa resa fanatica dai media, la sofferenza che dilaga, la salute collettiva distrutta.
I responsabili di tutto questo meriterebbero davvero una Norimberga.
agbiuso
Un saggio consiglio.
agbiuso
Un’immagine e un testo come questi illustrano in modo plastico, efficace e certo che cosa si intenda per ondate di follia collettiva e di fanatismo securitario. Qui non si tratta più di società, politica, virus. Qui si tratta di pura e semplice psichiatria.
agbiuso
Segnalo questo articolo firmato da tre giuristi, pur nella consapevolezza che sul terreno giuridico i governi Conte e Draghi hanno fatto tabula rasa, che non esiste più alcuna garanzia, che la Costituzione è stata cancellata.
agbiuso
La menzogna dei vaccini sta a poco a poco tramontando: Italia e Grecia chiudono le frontiere ai vaccinati senza tampone. Chi si è vaccinato «per viaggiare liberamente» sta avendo un brutto e inevitabile risveglio.
Durante una tirannide nessuna libertà è garantita, nessun diritto è acquisito. A dominare sono arbitrio e insensatezza.
È così da sempre.
agbiuso
Oggi, 15.12.2021, è un giorno tragico per la scuola italiana e per la Costituzione. Molti insegnanti, maestri, docenti vengono espulsi dalle istituzioni educative vengono esclusi dal lavoro, perdono il loro stipendio, senza che abbiano fatto nulla, semplicemente per decreto del governo. Lo stesso accade ad altri lavoratori.
È di una gravità inaudita che tali discriminazione ed esclusione avvengano su base somatica, in relazione a una determinata condizione del corpo, al rifiuto di un vaccino. Tecnicamente si tratta di un dispositivo neonazista.
agbiuso
Ad Adrano, un paese etneo flagellato dalla criminalità, i carabinieri aspettano al varco un pullman di linea, controllano tutti i passeggeri e ne multano alcuni per mancato possesso del lasciapassare. I veri delinquenti sorridono.
agbiuso
Dalle discussioni in Assemblea Costituente, dichiarazione di Aldo Moro, 3.12.1946:
“Moro non entra nella disputa sottile e interessante se la sovranità spetti al popolo o allo Stato, ma non può essere d’accordo con l’onorevole Grassi quando ritiene non necessaria la specificazione dei limiti giuridici e politici in cui si esplica la sovranità dello Stato. Dopo venti anni di arbitrio del potere esecutivo che avevano portato alla creazione di una dottrina per la quale la sovranità dello Stato consisteva nell’assoluta potenza, o prepotenza, si deve affermare nella Costituzione che il potere dello Stato è un potere giuridico, e che lo Stato comanda nei limiti della Costituzione e delle leggi ad essa conformi. Questa precisazione è tanto più necessaria in relazione all’articolo 3 formulato dall’onorevole Dossetti, nel quale si precisa come al singolo, o alla collettività, spetti la resistenza contro lo Stato, se esso avvalendosi della sua veste di sovranità, tenta di menomare i diritti sanciti dalla Costituzione e dalle leggi. Solo dopo aver dichiarato che la sovranità dello Stato è nell’ambito dell’ordinamento giuridico, si ha la possibilità di sancire nella Costituzione il diritto di resistenza contro gli atti di arbitrio dello Stato.”
Fonte: La nascita della Costituzione
agbiuso
Tirannide.
Marco Christian Santonocito
Lo farò con piacere e impegno. Ovviamente tutto quello che scrive merita di essere diffuso il più possibile. Tenterò in questo senso, in modo particolare, con i colleghi che insegnano filosofia.
Grazie ancora.
Marco
Marco Christian Santonocito
Gentile Professore,
vorrei ringraziarla nuovamente per i validissimi contributi, suoi e di altri studiosi, che propone con regolarità su questi temi.
Cerco tra l’altro sempre di condividerli su chat private, ma non comunico mai direttamente il link del suo sito a persone, per altro in apparenza ineccepibili, di cui non posso garantire la reale affidabilità. Non so se sbaglio.
Marco Christian Santonocito
agbiuso
Caro Marco, la ringrazio anche per il fatto che condivide con altri quanto legge in questo spazio.
Il sito è personale ma la sua fruizione è pubblica; se vuole può quindi comunicare a qualunque persona i link ai testi che ritiene lo meritino.