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Epistemologia / Ontologia

Epistemologia / Ontologia

Il mondo è più complesso di una formula matematica
il manifesto
28 agosto 2021
pagina 11

Il disegno che si vede qui sopra è di Albert Einstein. Si trova in una lettera da lui inviata il 7 maggio 1952 a Maurice Solovine. In Epistemologia storico-evolutiva e neo-realismo logico, un denso volume pubblicato da Olschki, Fabio Minazzi afferma che il disegno di Einstein delinea una «immagine ideale della scienza» (p. 187). In esso la linea orizzontale E indica il mondo della vita, l’esperienza immediata e ordinaria nella quale ciascuno di noi, scienziati ed epistemologi compresi, è immerso. Sopra questa linea si trova un punto A che rappresenta il luogo degli assiomi astratti della logica e della matematica. Nel mezzo  si susseguono le conseguenze specifiche che si deducono dal polo matematico: «S S’ S’’». L’elemento interessante del disegno è che tra la linea dell’esperienza ordinaria e quella degli assiomi astratti non si dà un percorso diretto. Anche le conseguenze dei principi generali sono staccate dal mondo della vita, fluttuando in una dimensione che indica il carattere intuitivo e creativo del lavoro scientifico.
Il «disegno tracciato dal tardo Einstein», scrive Minazzi, «vuole dunque esprimere la natura complessiva della scienza e giustamente Einstein sottolinea che ‘l’aspetto essenziale è qui il legame, eternamente problematico, fra il mondo delle idee e ciò che può essere sperimentato (l’esperienza sensibile)’» (p. 279).
Siamo dunque lontani da ogni forma di riduzionismo che pretende di esaurire la vita in alcuni «algoritmi di calcolo» (p. 282) e ridurre la scienza a un indiscutibile dogma. Riduzione che ovviamente nega lo statuto stesso del lavoro scientifico che procede sempre per prove ed errori, riduzione che è particolarmente evidente nella situazione fanatica e irrazionale in cui siamo precipitati, in un contesto che calunnia la scienza attribuendole procedure del tutto arbitrarie; protocolli negati; statistiche costruite ad hoc; tesi parziali contro le quali si esprimono scienziati che vengono insultati e tacitati; deduzioni e imposizioni del tutto e soltanto legali-amministrative poste tuttavia sotto l’egida di una scienza che si cerca di asservire al potere politico, come è accaduto in altri periodi oscuri della nostra storia.
Indagare la complessità dell’epistemologia e della storia della scienza è anche un modo per cercare di rimanere lucidi nella comprensione e liberi nei comportamenti.

5 commenti

  • Filippo Riscica Lizzio

    Agosto 31, 2021

    Gentile Professor Biuso,

    Ho letto con grande interesse la sua segnalazione del nuovo volume di Minazzi e i suoi brevi commenti al delicatissimo problema delle implicazioni ontologiche delle teorie scientifiche e matematiche. Tuttavia, devo esprimere il mio disaccordo riguardo le tesi che ne trae e la ricostruzione della breve lettera che Einstein mandò a Solovine. Parto proprio da quest’ultima, perché sintetizza benissimo il problema epistemologico e metodologico.

    Lei afferma che “le conseguenze dei principi generali sono staccate dal mondo della vita, fluttuando in una dimensione che indica il carattere intuitivo e creativo del lavoro scientifico”. In primo luogo, le conseguenze degli assiomi o dei principi generali di una teoria empiricamente verificabile non possono essere staccate da quello che lei chiama il mondo della vita, ma che Einstein chiama l’esperienza, proprio perché queste conseguenze hanno lo scopo di essere esatte. Proprio perché hanno questo scopo, esse si riferiscono all’esperienza in maniera diretta, stabilendo ipotesi e predizioni che possono essere confermate o smentite dall’esperienza stessa. Quello che Einstein nega è che il rapporto tra le conseguenze logiche degli assiomi e dei principi, dal un lato, e l’esperienza, dall’altro, sia privo di difficoltà logiche, metodologiche ed epistemiche. Non a caso, Einstein sottolinea, anche graficamente, la varietà di conseguenze che seguono logicamente da un insieme di assiomi. Queste conseguenze possono essere, in linea di principio, mutualmente incompatibili. Pertanto, si presenta il problema pragmatico e non logico di stabilire, per prove ed errori e non per deduzione, quale di questi S sia da applicarsi al caso concreto. Chiaramente, venendo a mancare un rapporto di dipendenza logica tra gli S e l’esperienza non è possibile dare un “algoritmo di calcolo” che risolva il problema della scelta. Non v’è, dunque, nessuna dimensione in cui le conseguenze fluttuano. Semmai, c’è la necessità di stabilire una relazione di giustificazione tra esperienze e conseguenze degli assiomi che non sia di tipo logico-deduttivo.

    Tutto ciò è, ne sono abbastanza sicuro, un tema su cui epistemologi, scienziati e filosofi della scienza concordano da parecchi decenni. Proprio per questo mi sorprendono i due pericoli di cui parla subito dopo e di cui afferma essere vittime la fisica e la cosmologia. In primo luogo, bisogna distinguere una interpretazione non realista della scienza dall’uso dei formalismi. Se fosse come lei sembra dire, la scienza non sarebbe una teoria empirica, ma una branca della logica: la teoria formale della dimostrazione. Solo lì si ha uno studio dei simboli e delle loro manipolazioni senza alcun riferimento alle loro possibili interpretazioni. Anche assumendo una interpretazione non realista delle teorie scientifiche, i simboli di cui esse fanno strumentalmente uso sarebbero interpretati sulle esperienze, sui risultati degli esperimenti e via dicendo. Avrebbero, dunque, una interpretazione e un significato. Quello che queste tesi sostengono è che, pur avendo le teorie scientifiche un grande successo predittivo, non segue da ciò che la realtà che predicono sia come esse la descrivono. Ossia, non segue che lì dove una teoria scientifica postula la presenza di un oggetto con certe proprietà esista una entità di tal fatta. Questa è una tesi ben diversa dal formalismo privo di significato. Bisogna, inoltre, ricordare che questa è solo una delle posizioni che sono sostenute e non è per niente detto che sia quella favorita dalla comunità scientifica. Proprio per questi motivi mi sorprende leggere che la fisica e la cosmologia si accontentano di descrivere il mondo “a partire da un linguaggio puramente formale”. Semmai, la problematicità del rapporto epistemologico tra teorie e realtà induce certi autori a negare le implicazioni ontologiche di queste teorie, ma sicuramente non perché queste discipline fanno uso di un linguaggio puramente formale.

    Allo stesso modo mi sorprende leggere che “il mondo è più complesso di qualunque formula matematica e teoria scientifica”. Abbiamo sicuramente buoni motivi per credere che il mondo sia più complesso di una teoria matematico-scientifica esprimibile attraverso un linguaggio le cui conseguenze sono effettivamente computabili. Altrettanto sicuramente, però, la matematica stessa non è riducibile a tale teoria. Perché, dunque, la matematica non avrebbe, di principio, gli strumenti concettuali per descrivere il mondo dell’esperienza o la realtà stessa nella sua totalità?

    Cordialmente,
    Filippo Riscica Lizzio

    P.S. per quanto riguarda la lettera di Einstein ho fatto riferimento al volume: Letters to Solovine, 1906-1955, Open Road, 2015, pp. 149-150.

    • agbiuso

      Agosto 31, 2021

      Gentile Filippo, la ringrazio per l’attenzione.
      Anch’io mi sorprendo di una certa ingenuità epistemologica che emerge dal suo commento, sempre che l’abbia ben compreso, cosa della quale non sono certo.
      Comunque, per quanto riguarda la lettera di Einstein, la rinvio al volume di Fabio Minazzi; mi sono infatti limitato a riprendere le tesi esposte dal collega.

      Sulla questione invece del rapporto tra cosmologia, fisica e formalismo matematico, assai convincenti mi sembrano le argomentazioni di Lee Smolin, espresse sia in La rinascita del tempo. Dalla crisi della fisica l futuro dell’universo (volume del quale può trovare qui una breve presentazione: Fisica) sia nel più recente La rivoluzione incompiuta di Einstein. La ricerca di ciò che c’è al di là dei quanti (Einaudi 2021).
      Sullo stesso tema è molto significativo Quale universo? Come la fisica fondamentale ha smarrito la strada, di David Lindley (Einaudi 2021).

      In generale, forse c’è un equivoco nel suo commento: io infatti critico l’interpretazione di Copenahgen della fisica quantistica e condivido invece il realismo di Einstein e di altri fisici. Lei invece sembra attribuirmi la posizione esattamente opposta.

      • Filippo Riscica Lizzio

        Agosto 31, 2021

        Gentile Professore,

        Onde evitare equivoci, non le sto attribuendo una posizione non realista riguardo la fisica quantistica. Semmai, da quello che ha scritto, mi è parso che lei abbia attribuito questa posizione alla comunità dei fisici. Per questo motivo, avevo dato per scontato che lei stesse facendo riferimento, almeno in parte, al dibattito riguardante il realismo e l’anti-realismo in filosofia della scienza. Inoltre, ho cercato di spiegare come, anche assumendo la posizione che lei critica, non sia corretto parlare di linguaggi puramente formali nei contesti della ricerca fisica.

        Per quanto riguarda i testi che lei riporta, ho conoscenza diretta del primo e in quel caso, se ho ben capito Smolin, il problema del rapporto tra teorie fisiche e matematica può essere articolato su due fronti. Il primo, la corretta interpretazione della fisica quantistica. Su ciò, ho già parlato, indirettamente, nel commento precedente. In questo caso è scorretto parlare di un linguaggio puramente formale. Il secondo, il ruolo dei modelli matematici nella spiegazione scientifica. In questo caso, Smolin, facendo riferimento anche a casi diversi dalla fisica, come l’economia e la biologia, illustra i limiti di semplici modelli matematici, che in alcuni casi danno grande risalto all’eleganza matematica e non riescono a catturare in pieno i fenomeni che descrivono. Tuttavia, anche in questi casi, è scorretto parlare di “linguaggio puramente formale” per i motivi di cui è già parlato. Sicuramente, però, non segue da questi fallimenti l’impossibilità di principio di una descrizione matematica della realtà che sia anche completa. Ciò, senza considerare il problema epistemologico di stabilire quando e se questa descrizione sia stata raggiunta.

        Per quanto riguarda l’ultimo libro che cita, lì il problema riguarda non il fatto che si usino teorie puramente formali, ma quello che, secondo alcuni ricercatori, alcune branche della fisica teorica contemporanea hanno dato priorità all’eleganza dei loro modelli matematici a scapito della loro verificabilità sperimentale. Questo è, quindi, un problema ben diverso da quello delle implicazioni ontologiche delle teorie fisiche espresse attraverso i modelli matematici. Ammetto, però, che trovo difficile parlare di un tema ostico come quello delle relazioni tra modelli matematici per fenomeni empirici, implicazioni ontologiche di questi e linguaggi formali a partire da testi divulgativi.

        Mi dispiace lei abbia trovato delle ingenuità epistemologiche nel mio commento e che non sia sicuro di averlo ben compreso. Se mi indicasse le ingenuità presenti o i punti poco chiari, sarò felice di fornire delucidazioni.

        Cordiali saluti,
        Filippo

  • Riccardo

    Agosto 30, 2021

    Egregio prof., sono uno studente prossimo al secondo anno di filosofia.
    Mi auguro sia lei il docente di filosofia della scienza, stante la profondità e la non allineata posizione intellettuale che dal presente articolo emerge, lampante e illuminante.

    Subito però mi taccio, volendo solo allegare un link ad un video, nel quale un narratore legge un passo di Günter Anders a proposito della tecnocrazia: le parole del filosofo dello scorso secolo, mi pare, evochino esattamente quel mondo distopico efficacemente da lei, nel suddetto articolo, criticato.

    Questo il video: https://youtu.be/_TNAjtuE2i8

    Cordiali saluti.

    Riccardo Sambataro

    • agbiuso

      Agosto 31, 2021

      Gentile Riccardo, la ringrazio per la stima e per questo suo intervento.
      Günter Anders è un filosofo che -come Guy Debord- ha descritto gli eventi che stanno accadendo molto tempo prima che si presentassero. E non soltanto gli eventi ma soprattutto la Stimmung, la tonalità emotiva alienante e autoritaria del XXI secolo.
      È probabile che sua moglie, Hannah Arendt, abbia maturato le proprie profonde analisi del totalitarismo anche dal confronto con il marito. In effetti, siamo esattamente di fronte a ciò che le parole di Anders descrivono.

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