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Filosofia della scienza

Filosofia della scienza

Epistemologia e filosofia della scienza
Recensione a: John Losee, Filosofia della scienza. Un’introduzione
(A Historical Introduction to the Philosophy of Science, Oxford University Press 2001)
Traduzione di Piero Budinich
il Saggiatore, 2016
Pagine 410
in Vita pensata, n. 25, luglio 2021, pagine 94-96

Ciò che chiamiamo scienze -e la scienza in generale- è una delle massime imprese alle quali la specie umana possa giungere e sia giunta. Scienza è infatti una riflessione costante, rigorosa e asintotica sugli enti che si trovano nel mondo (ontologia), sul modo nel quale essi possono essere conosciuti (gnoseologia), sulle condizioni, possibilità e limiti del rapporto tra gli enti che ci sono e il modo nel quale vengono appresi (epistemologia). ἐπιστήμη vuol dire in greco una conoscenza oggettiva, universale e condivisa; diversa dunque rispetto alla semplice δόξα, intesa come l’idea che ciascuno si fa del mondo sulla base della propria individuale percezione di esso.
Al di là delle loro pretese più o meno dogmatiche, il fecondo lavoro delle scienze è inseparabile dal più vasto orizzonte delle culture umane nelle quali le scienze sorgono, operano, si pongono obiettivi, li raggiungono, riconoscono i loro limiti, mutano.

3 commenti

  • Marco Christian Santonocito

    Agosto 10, 2021

    La ringrazio molto per il chiarimento.

  • Marco Christian Santonocito

    Agosto 9, 2021

    Gentile Prof. Biuso,
    gli autori da lei citati, Poincaré Duhem e Feyerabend, sostengono con una forza logica difficilmente confutabile la natura inevitabilmente convenzionale di ogni verità scientifica. Questo approccio al metodo scientifico è radicato, anche se non direttamente derivato, dall’ermeneutica heideggeriana e gadameriana.
    Ma credo che il solo Heidegger abbia tenuto aperta una finestra sulla realtà dell’Essere, fuori da ogni interpretazione umana. In altro modo, Wittgenstein fece lo stesso. La scienza moderna e contemporanea non riesce a fare altrettanto, in tal senso non è quindi episteme in senso greco e aristotelico. L’interpretazione è umana, cioè soggettiva, e si rivolge ad un oggetto esterno, ‘reale’. L’unico realismo accettabile tuttavia mi sembra che sia non quello che postula un mondo esterno al soggetto, bensì quello che sostiene la non rappresentabilità del Reale-Essere in termini di soggetto e oggetto. Il Geviert di Heidegger, l’insistenza dello stesso sulla necessità di superare il soggettivismo occidentale, mi pare confermare che il soggetto che interpreta debba abdicare in favore dell’Essere, della Realtà. La rappresentazione, come descrive Bergson, è una istantanea scattata sul divenire e, come tale, ci appare dotata di sostanza durevole. Questo è l’errore fatale del pensiero razionale e scientifico, compreso quello rivolto alle leggi del mondo.
    La filosofia orientale, indiana in particolare, ha da sempre cercato di guardare al di là delle nostre costruzioni concettuali, ma il solo buddhismo mi sembra sia riuscito a intravedere (e a darne una spiegazione ‘razionale’, a dispetto delle numerose dichiarazioni di insondabilità della Realtà così com’è) attraverso il velo delle interpretazioni, vedendo una realtà in perenne divenire, non statica e non dualistica. A tal proposito, Nietzsche, che ammiro immensamente, non ha portato fino in fondo il suo sguardo, non vedendo che il Nulla assoluto stagliarsi dietro le nostre interpretazioni (da qui l’accusa di estremo soggettivismo di Heidegger).
    Il compito, difficilissimo (al punto da apparirmi irrealizzabile) consisterebbe allora nell’armonizzare il pensiero convenzionale, che sia quello del senso comune o della ristretta comunità scientifica, con il Pensiero non duale dell’Essere-Reale, altrettanto difficile da realizzare. Il primo non è eliminabile ma non è solo, il secondo non deve essere trascurato.
    Pensare l’ente insieme all’Essere, cioè nel suo essere, significherebbe pensarlo nella sua vera realtà di ente-essere temporale, ovvero elaborare una metafisica del tempo, come quella che lei, per fortuna, ci sta proponendo.
    Mi perdoni la lunghezza e le eventuali imprecisioni di questo intervento.
    Come sempre, grazie.
    Marco

    • agbiuso

      Agosto 10, 2021

      Caro Marco, la ringrazio per questo commento così ricco e assai denso.
      Come sa, ritengo fondamentale un approccio che riconosca (più che postulare) la piena esistenza di “un mondo esterno al soggetto”. Ritengo anzi che sia arrivato il momento di abbandonare il dualismo tra soggetto e oggetto come quello tra pensiero e mondo. Il pensare è una modalità dell’essere, semplicemente e direi ovviamente.
      La fecondità di una filosofia consiste anche nel ricordare sempre -a se stessa e a tutti- la necessità di tale modestia.
      Credo che molte posizioni di filosofia della scienza siano senz’altro guidate da questa consapevolezza, comprese quelle che lei ha ricordato all’inizio del suo intervento.

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