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Luce che si fa struttura

Luce che si fa struttura

Georges de La Tour
L’Europa della luce

A cura di Francesca Cappelletti
Palazzo Reale – Milano
Sino al 27 settembre 2020

Non ci sarebbe stato, naturalmente, senza Caravaggio. Ma non ci sarebbe stato neppure senza i fiamminghi antichi e i più recenti, come i maestri di Utrecht. Non ci sarebbe stato senza l’intera pittura nordeuropea della prima metà del Seicento. E soprattutto non ci sarebbe stato senza la luce. La luce della notte e la luce della sua mente. La mente di Georges de La Tour (1593-1652). Quella che emerge nella penombra dei suoi spazi; nei trapezi e nei rettangoli dei suoi abiti; nell’energia dei suoi mendicanti; nel riverbero incredibile e soffuso delle candele.
La mostra milanese accompagna ai dipinti di de La Tour quelli di alcuni dei suoi contemporanei: prima di tutto il sempre vivace e ammaliante van Honthorst, con una splendida Vanitas (1618, qui a destra, anche se la foto -ahimè- non rende) nella quale la bellezza di una donna diventa specchio, morte, giustizia, arcano; poi un pittore senza nome, chiamato Maestro del Lume di Candela, poiché una candela è sempre il centro dal quale si dipartono i corpi, gli eventi, le situazioni; infine altri artisti nelle cui tele si diffonde una polvere di luce.
Tra i dipinti di de La Tour esposti a Palazzo Reale ci sono alcune opere della prima fase – Il denaro versato; La rissa tra musici mendicanti – nelle quali esplode una violenza che sembra tanto antica quanto naturale, nelle quali il denaro condiziona, plasma e deforma i volti degli umani. Le opere più mature – I giocatori di dadi (in alto), Educazione della vergine – acquistano significati e forme del tutto nuove e potenti, con figure sempre più nette, geometriche, astratte dallo spaziotempo, dentro la luce che si fa struttura. Queste opere e Giobbe deriso dalla moglie (1650, a sinistra) stanno al confine tra la pittura italiana e quella dell’Europa del Nord. Nel Giobbe una figura grande, dominante sino al divino, surclassa un uomo nudo e vago, il cui sguardo è, rispetto alla potenza di lei, una lacrima tenace. Uno degli ultimi dipinti – San Giovanni Battista nel deserto (sotto)– raffigura una solitudine ai confini delle tenebre, del nulla.
Di lui Roberto Longhi disse: «È un pittore sorprendente. Non abbiamo strumenti per misurare il suo genio; ma sento che il talento di de La Tour spezzerebbe più di un manometro».
Dentro Caravaggio ma al di là di Caravaggio, Georges de La Tour incarna un ideale matematico-platonico, un espressionismo esoterico, arcaico e modernissimo dove tutto sembra vibrare di immobilità sospesa, enigmatica, luminosa.

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