Perché la Dad non è didattica
in Bollettino d’Ateneo – Università di Catania
25.4.2020
Un intervento molto sintetico e molto critico sulla cosiddetta Didattica a distanza, nel quale ho coniugato le analisi di altri studiosi con le riflessioni nate dalla concreta esperienza di una relazione educativa – quella di questo secondo semestre accademico – dentro la quale l’assenza dei corpimente nello spaziotempo genera una tonalità alienante, e questo nonostante la disponibilità e l’attenzione degli studenti e i miei sforzi di essere presente nelle loro stanze. Insegnare, infatti, non significa trasmettere nozioni ma condividere un mondo.
La redazione ha opportunamente diviso il breve testo in tre paragrafi:
-Scambiare saperi
-Tra diritto al sapere e digital divide
-La finzione dei bit
- Link all’articolo
- L’articolo è stato ripreso nella sezione corpi e sapere del sito corpi e politica
- Versione in pdf
Come immagine ho scelto uno degli splendidi dipinti di Vermeer (Allegoria della pittura, 1666) perché anche la relazione educativa ha bisogno dello spazio, degli oggetti, dei corpi che incontrandosi generano forme, movimento, armonia.
15 commenti
agbiuso
Soldi, regole a parte e politici: il virus delle università online
di Tomaso Montanari – Roars, 4.10.2024
Mutazione genetica degli atenei – “For profit”. I patron delle telematiche offrono cospicui finanziamenti alla destra e vengono “ricambiati” con provvedimenti (tasse e & c.) ad hoc: cortocircuito perfetto
La distanza delle ‘università a distanza’ dall’idea stessa di università è sempre più grande. E non solo perché “le università sono fra i pochi luoghi in cui le persone si incontrano ancora faccia a faccia, in cui giovani e studiosi possono capire quanto il progresso del sapere abbia bisogno di identità umane reali, e non virtuali” (Umberto Eco, 2013). Ma anche per la loro drastica mutazione genetica, innescata dal parere del Consiglio di Stato del 14 maggio 2019 che ha aperto le porte alla possibilità che le università possano appartenere a società di capitali. Poche settimane dopo, la telematica Pegaso si trasformava in una srl, e in quello stesso anno il fondo britannico CVC, con sede in Lussemburgo, entrava nella proprietà della società Multiversity di Danilo Iervolino (che possedeva Pegaso e Universitas Mercatorum), prendendone poi il controllo nel 2021, e formando, con l’acquisizione dell’Università telematica San Raffaele di Roma e dell’85% del Sole 24 Ore Formazione, il più grande polo universitario italiano in assoluto, con 140.000 iscritti (trentamila in più della Sapienza di Roma…), oggi presieduto da Luciano Violante. Un’idea dell’influenza di questo colosso for profit in mano a un fondo di investimento estero può essere data da alcuni dei nomi del suo advisory board: Pierluigi Ciocca, già vicedirettore generale di Bankitalia; l’ex capo della Polizia, e già ai vertici dei Servizi, Gianni De Gennaro; Monica Maggioni, già presidente Rai; Alessandro Pajno, presidente emerito del Consiglio di Stato; Giovanni Salvi, già pg della Cassazione. Non è difficile immaginare che anche per questo le università telematiche riescano di fatto a eludere i rigidi controlli che Ministero e Agenzia nazionale per la valutazione della ricerca impongono invece alle università in presenza. Come ha rilevato la FLC CGIL in un puntuale rapporto dell’aprile 2024, le telematiche praticano “soluzioni organizzative e dinamiche di funzionamento che snaturano la stessa funzione di verifica degli apprendimenti delineata dalla normativa italiana per gli esami di profitto… Ad esempio, diversi atenei nel corso del 2023 e anche del 2024 permettono di fare esami di profitto on line, sostenendo la prova da casa, o da altro luogo privato, tramite l’uso del pc o di altre piattaforme… anche se tale possibilità normativa è venuta meno il 31 marzo 2022, con la fine dello stato di emergenza”. E non sono solo gli esami: il rapporto medio studenti-docente negli atenei a distanza è di 384,8 a 1, mentre nelle università ‘vere’ è di 28,5 a 1 (dati 2022); e nella principale telematica l’83,5% dei docenti è a contratto. Che formazione è, questa? Eppure, una laurea su dieci è oggi a distanza: nate come funghi (ben 11, di cui 9 private) tra 2004 e 2006, in seguito a una legge del secondo governo Berlusconi, le telematiche intercettano l’11,5 % degli studenti italiani.
Ma si può davvero parlare di ‘università’? Un ateneo for profit ha una natura diversa: non forma cittadini, ma vende a clienti; non ha come fine ultimo la ricerca e la cultura, ma il profitto dei padroni; deve stabilire una gerarchia tra l’interesse economico e la libertà accademica, e non è difficile capire come si risolva questa gerarchia; vive di un rapporto lobbistico con la politica che inquina alla radice il processo legislativo. La destra italiana ha una particolare simpatia per questa mutazione genetica: e non solo per ragioni, diciamo, di personale politico (per dire, il ministro Francesco Lollobrigida ha preso nel 2014, quarantaduenne, una laurea in giurisprudenza presso Unicusano di Stefano Bandecchi, il quale ora è entrato direttamente nella maggioranza di governo), ma anche per la cospicua entità dei finanziamenti (leciti, e in chiaro) che i patron delle telematiche versano alla destra e ai suoi vari partiti. È un fatto che il ministro della PA Paolo Zangrillo abbia esteso alle telematiche il provvedimento che addossa alle casse pubbliche il 50% delle tasse universitarie per i dipendenti pubblici che intendano laurearsi, per non parlare dello sfacciato vantaggio che è stato accordato alle università virtuali nel campo cruciale della formazione degli insegnanti. E non ci sarà un nesso con l’inerzia dei governi nel promuovere una vera attuazione del diritto allo studio investendo in mense e studentati, visto che uno degli argomenti più ricorrenti nella pubblicità delle telematiche è che “non dovrai pagare affitto, spese da fuori-sede né materiale didattico”? L’immaterialità delle telematiche comporta l’assenza di comunità studentesche capaci di manifestazioni di dissenso, e l’erogazione del ‘pezzo di carta’ (sul quale non è scritto, come invece dovrebbe essere, se lo si è preso in una università reale, o in una virtuale…) diventa di fatto l’unica missione, il profitto l’unico fine: per questo le ‘università’ virtuali sono la perfetta compagnia di un potere che odia il pensiero critico.
agbiuso
L’università nella società auspicata dal neocapitalismo
Francesco Erspamer, l’AniDiplomatico, 28.4.2024
Quei pochi che ancora studiano la storia forse si ricorderanno che la ristrutturazione urbanistica di Parigi nella seconda metà dell’ottocento, con i suoi grandi viali e le ampie piazze, fu fatta da Napoleone III e dal suo prefetto, Haussmann, per due motivi: per modernizzarne l’aspetto e così indurre una più rapida accettazione del sistema capitalista, e per impedire sommosse popolari rendendo impossibile la costruzione di barricate.
Il nostro tempo è molto simile a quello: entrambi sono dominati da un’infatuazione per il nuovo (consumismo), per il proprio piacere (edonismo) e per le facili e rassicuranti promesse della tecnologia (materialismo), in particolare nelle classi dirigenti, auto-esentatesi dai vincoli della morale e della tradizione in nome del diritto di realizzare la propria personale felicità (uno dei comandamenti dell’Illuminismo e della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti).
Basta guardare cosa sta accadendo nelle più prestigiose università americane, quelle che gli eterni esterofili italiani invidiano senza accorgersi che la loro eccellenza è determinata da parametri da esse stesse prescelti e comunque riguarda un ristretto numero di istituzioni, a mascherare una qualità media molto bassa.
Cosa sta succedendo? Lo avrete letto: repressione di qualsiasi opinione politicamente non corretta oppure non conforme agli interessi finanziari del sistema. Ma al di là dell’intervento della polizia (se tutto resta pacifico: altrimenti, come abitudine, chiamerebbero la cosiddetta «guardia nazionale»), quale è la soluzione ideale per prevenire assembramenti e proteste? Quella che è stata preparata negli ultimi decenni e che ha avuto un’enorme accelerazione con la scusa del Covid: abolire le lezioni in presenza e fare tutto a distanza. Ovviamente per garantire la sicurezza senza neppure bisogno di spianare quartieri e allargare le strade (che peraltro viene già fatto regolarmente per l’ansia di ammodernare e di agevolare il traffico).
È la società auspicata dal neocapitalismo: un insieme di individui poco inclini se non inadatti alla socialità e ai compromessi che richiede, e pertanto incapaci di coalizzarsi, organizzarsi e tanto meno lottare, il che comporterebbe preparazione e addirittura sacrifici, insomma un rifiuto dei dogmi correnti, l’utile, il successo, la comodità. Che è il motivo per cui i media non fanno che invitarvi allo «smart working» e all’«e-commerce» (anglicismi, dunque delle truffe), alla digitalizzazione, alla virtualità, all’intelligenza purché rigorosamente artificiale.
In Italia ci sono ancora comunità, piazze, stradine, negozi, uffici, occasioni di socialità. Chi le considera dei valori deve cominciare immediatamente a resistere alla deriva liberista e liberal, benché promossa all’unisono dalla finta destra meloniana e dalla finta sinistra schleiniana.
agbiuso
Il gruppo di corpi e politica (e molti altri) lo dice da mesi. Nella cosiddetta “didattica a distanza” non vige alcun rispetto della riservatezza e dei diritti; grandi profitti invece delle multinazionali, Microsoft e altre, che accumulano danaro e soprattutto dati, senza alcuna garanzia per i fruitori delle loro piattaforme.
Che Unict si sia legata mani e piedi a Microsoft Teams è un grave errore.
Che dai calendari delle lauree spariscano i nomi dei laureandi «per ragioni di privacy» e poi si lavori per interi semestri su piattaforme proprietarie, le quali registrano i dati di tutti noi e si appropriano dei contenuti delle lezioni, è una delle tante contraddizioni di questo nostro tempo.
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Perché l’università delle piattaforme è la fine dell’università
di Redazione ROARS – 18.12.2020
agbiuso
Il numero 350 (settembre 2020) della rivista dell’Associazione Altroconsumo presenta un’inchiesta dedicata alla soddisfazione delle famiglie di bambini che frequentano le scuole elementari in merito alla Didattica a distanza.
Vi si leggono, tra le altre, le seguenti affermazioni (pp. 30-33):
“Ma i dati che emergono dalla nostra inchiesta sulla scuola primaria parlano chiaro: la riapertura è necessaria a tutti. Ai bambini, ai genitori, all’intero Paese. […]
Sì, perché la scuola non è fatta solo di lezioni, a cui si può sopperire guardando online un video sugli avverbi o sull’homo sapiens. La scuola è fatta di contatti umani. E nel tempo sospeso del lockdown la scuola non è stata scuola pienamente. […]
Fuori dalle aule, le differenze tra le famiglie (livelli di istruzione, diseguaglianze economiche, disponibilità di connessione e apparecchi) pesano come macigni sull’apprendimento e la socializzazione dei bambini. Non deve più accadere: la scuola è pane per l’anima. Di tutti i bambini”.
agbiuso
Eh sì, la “didattica a distanza” è bella ed efficace. Ma forse lo è meno per degli studenti costretti a rinviare l’esame perché “non sono riusciti a collegarsi”. O forse è questo che volevano?
agbiuso
Un articolo di Piergaetano Marchetti e Nuccio Ordine sulle implicazioni e i danni della cosiddetta didattica a distanza.
Corriere della sera, 14.7.2020
Il futuro delle università
agbiuso
Una categoria di professionisti che trasforma il proprio lavoro in una forma di volontariato si dissolve da sé. In questo caso, con l’interessata approvazione delle politiche economiche ultraliberiste.
E gli effetti sono quelli indicati nell’articolo di Fernanda Mazzoli: L’insegnamento: una missione?
Roars, 9.7.2020
“Un docente che rinuncia a ciò che fa la peculiarità della sua professione- la centralità del rapporto con la disciplina, con i suoi contenuti e metodi- è un docente svuotato, fragile, liquido, disposto a diventare un tuttologo e un tuttofare, un animatore e un generico operatore sociale.
Un insegnante dimidiato nella sua specificità professionale è pronto ad esserlo anche nella sua figura giuridica, a maggior ragione una volta invischiato nelle sabbie mobili della didattica a distanza”.
agbiuso
La didattica a distanza come causa di esclusione sociale e culturale.
agbiuso
Le parole di Giorgio Agamben confermano una delle ragioni che hanno dato vita a corpi e politica: la difesa della civiltà del sapere di fronte al montare della barbarie. Il sapere umano è infatti inseparabile dai corpi, dallo spazio e dal tempo condivisi.
Faremo in ogni caso di tutto affinché il Requiem che Agamben prevede e paventa non debba essere pronunciato, affinché il canto della conoscenza continui a risuonare nelle aule.
Requiem per gli studenti
di Giorgio Agamben
(23.5.2020)
agbiuso
Segnali di vita.
agbiuso
Il solo fatto che l’ipotesi che qui viene analizzata e giustamente rifiutata -chiudere le Università sino al gennaio 2021- sia invece ritenuta plausibile da alcuni Rettori, fa dell’epidemia Covid19 una sorta di cuore di tenebra intorno al quale vanno cristallizzandosi le spinte più barbariche e criminali -oltre che irrazionali- della società italiana e dei suoi ceti dirigenti.
L’Università non può essere altro che un luogo fisico
di Emanuele Conte
(Roars / corpi e politica – 21.5.2020)
agbiuso
Le domande del collega De Angelis hanno la forza dell’esperienza concreta, reale, quotidiana e hanno la semplicità degli interrogativi che gli stessi bambini potrebbero rivolgere ai dotti, ai didatticisti, ai tecnici di un grande Ministero. Sono domande le cui risposte risultano inevitabili e chiare. Basta pensarci per qualche secondo.
La scuola del futuro… l’anti didattica a distanza
Girodivite.it, 8.5.2020
Che l’attuale ministra dell’istruzione si sia laureata al Disum di Catania è un’onta della quale ci vergogniamo un poco.
Ma sappiamo bene che certe proposte non sono sue, gorgogliano dalla «classe dirigente» e dai «tecnici della didattica». Lei semmai non è in grado di correggerle. Ma, certo, la responsabilità politica di una proposta, e ancor più di una decisione, rimane del soggetto in carica, ministro o altro che sia.
agbiuso
Altri due interventi di studenti a proposito della didattica a distanza, pubblicati in corpi e politica.
“Interpretando la parte dello studente, quale attore sociale immerso in un continuo flusso di contatto sia corporeo che teoretico con gli altri attori sociali, quali i docenti o altri studenti, vivo tutto questo come una sorta di tradimento del rapporto con gli altri attori. Spero anch’io che non salti in mente a nessuno di voler in qualche modo continuare questa esperienza della didattica online”, scrive B.C. il quale descrive poi “esami di studenti che sarebbe generoso considerare una farsa” e i gravi rischi di cyberbullismo che la Dad va mostrando.
Esami a distanza. Il tradimento del patto docente/studente (testo integrale)
Simona Lorenzano delinea efficacemente il valore di “una lezione reale [che], al contrario, riesce a sradicarci da questo mondo ovattato, permette di metterci in gioco, di uscire fuori da noi stessi e di proiettarci in una dimensione di crescita” rispetto a una situazione “caratterizzata da professori a metà, da studenti a metà, da musicisti a metà, da artisti a metà, da operai a metà. È facile rendersi conto, ora più che mai, di quanto ognuno abbia bisogno dell’altro, di quanto l’uomo sia un animale sociale e di quanto l’individualismo dia in cambio soddisfazioni assai modeste. L’arte è monca se non c’è nessuno che può godere della sua bellezza e il lavoro svolto è vano se non c’è qualcuno che possa godere a pieno dei suoi frutti. Un professore è un professore a metà senza i suoi studenti e uno studente è uno studente a metà senza un confronto con gli altri studenti e con i suoi professori”.
Il presente a metà (testo integrale)
agbiuso
Il sito corpi e politica ha pubblicato alcuni interventi di studenti sul tema della Didattica a distanza.
Elisabetta Romano scrive che “nella trasformazione in pixel del suono e delle immagini si perdono componenti fondamentali del processo educativo. Per trasmettere qualcosa ci vuole un contatto, che significa appunto cum tangere, toccarsi vicendevolmente, scambiare un rapporto che non sia univoco. E a tal fine sono necessarie la vicinanza e la partecipazione reale di docente e alunni, e questa trasmissione funziona un po’ come la conduzione elettrica: occorre che i corpi siano vicini nella loro fisicità, che le particelle sonore della nostra voce incontrino fisicamente (e dunque realmente) quelle dell’orecchio degli altri componenti dell’aula e così reciprocamente gli uni con gli altri”.
È stata formativa, ma non è stata una didattica (testo integrale)
Davide Amato inquadra la questione in un contesto politico più generale e conclude osservando che “la lezione è dunque un unicum irripetibile, un’esperienza di socialità che deve educare il cittadino a vivere in comunità oltre che ad affacciarsi al mondo del sapere”.
Didattica nella caverna (testo integrale)
agbiuso
“Dal 20 febbraio, in concomitanza della chiusura di tutte le attività universitarie in presenza, è iniziata la didattica a distanza. Si riteneva che tale metodo innovativo fosse determinato dalla sopravvenuta situazione di emergenza, da utilizzare per il tempo necessario, fino a un ritorno alla normalità. Ma mai si era pensato – almeno credo io – che la didattica sarebbe stata guidata, oltre che nei suoi metodi, anche nei contenuti. Infatti, a parte le università telematiche che fanno dell’e-learning la ragione stessa della loro esistenza, tutte le altre ero convinto dovessero procedere secondo una pratica didattica ancorata a quella in presenza.”
Il Coronavirus accelera la trasformazione dell’università? (testo integrale)
di Antonio Violante
Roars, 1.5.2020
Violante conclude giustamente il suo preoccupato intervento riferendosi all’art. 33 della Costituzione repubblicana, un baluardo che nessun decreto rettorale e nessun “consiglio” degli uffici tecnici può scalfire. Basta non tener conto di tutta la paccottiglia burocratica relativa alla cosiddetta “Didattica a distanza.”