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L’odio dei buoni

L’odio dei buoni

Un odio politicamente corretto
in Diorama Letterario – numero 352 – novembre/dicembre 2019
pagine 26-29

Indice
(Introduzione)
Sovranismo e socialismo
Globalizzazione
Politicamente corretto, culturalmente barbarico
Linguaggi

L’abolizione del passato, l’annientamento della storia, il disprezzo verso ciò da cui siamo germinati, sono alcune caratteristiche proprie delle ideologie totalitarie. E sono elementi che si ritrovano anche nell’ideologia del politicamente corretto, la quale vede nel passato e nel suo linguaggio una preistoria intessuta di odio e discriminazioni.
Il Politically Correct è anche una modalità di trasformazione della politica da dispositivo mondano di gestione dei conflitti a struttura soteriologica tesa a salvare dai conflitti. È un tratto religioso che non soltanto disvela la maschera di “laicità” della storia contemporanea –il Novecento è stato un secolo di sostanziale religiosità politica– ma rappresenta anche un elemento che mette a rischio le effettive libertà individuali e collettive.
Una conferma del fatto che l’odio sia un sentimento pervasivo sta nel suo costituire la base psicologica di quanti in nome del politicamente corretto trasformano il loro odio in censura, insulto, esclusione, violenza nei confronti dell’altrui odio. Si tratta di una peculiare mescolanza di antropologia ottimistica e puritanesimo religioso, due dei fondamenti della civiltà statunitense le cui modalità hanno da tempo colonizzato la civiltà europea.
In questo articolo cerco di analizzare alcune delle radici e delle espressioni dell’odio politicamente corretto.

4 commenti

  • agbiuso

    Agosto 2, 2020

    La determinazione della Francia a porre fine alla libertà di espressione
    di Judith Bergman, 14 luglio 2020

    Testo in lingua originale inglese: France’s Determination to End Free Speech
    Traduzione di Angelita La Spada

    Le aziende private saranno ora obbligate ad agire come polizia del pensiero per conto dello Stato francese o incorreranno in pesanti sanzioni.

    “Con il pretesto di contrastare i contenuti ‘che incitano all’odio’ su Internet, [la legge Avia] crea un sistema di censura tanto efficace quanto pericoloso (…) ‘l’odio’ è il pretesto sistematicamente usato da coloro che vogliono mettere a tacere le opinioni discordanti. (….) Una democrazia degna del suo nome dovrebbe accettare la libertà di espressione.” – Guillaume Roquette, direttore editoriale di Le Figaro Magazine, 22 maggio 2020.

    “Cos’è l’odio? Si ha il diritto di non amare (…) si ha il diritto di amare, si ha il diritto di odiare. È un sentimento. (…) Non deve essere perseguito, non deve essere legiferato.” – Éric Zemmour, CNews, 13 maggio 2020.

    Chiedere alle aziende private – o al governo – di agire come polizia del pensiero è fuori luogo in uno Stato che afferma di rispettare lo Stato di diritto democratico. Purtroppo, la domanda da porsi non è se la Francia sarà l’ultimo Paese europeo a introdurre tali leggi sulla censura, ma quali altri Paesi saranno i prossimi a farlo.

    Con una nuova legge, il governo francese ha deciso di delegare il compito della censura di Stato alle piattaforme online come Facebook, Google, Twitter, YouTube, Instangram e Snapchat. Le aziende private saranno ora obbligate ad agire come polizia del pensiero per conto dello Stato francese o incorreranno in pesanti sanzioni. (Fonte delle immagini: iStock)
    Il 13 maggio, il Parlamento francese ha approvato una legge che impone alle piattaforme online come Facebook, Google, Twitter, YouTube, Instagram e Snapchat[1] di rimuovere entro 24 ore i “contenuti che incitano all’odio” ed entro un’ora i “contenuti di matrice terroristica”. La mancata osservanza della norma comporterebbe multe esorbitanti fino a 1,25 milioni di euro, pari al 4 per cento del fatturato globale della piattaforma, in caso di reiterata inosservanza dell’obbligo di rimozione del contenuto.

    L’ambito dei contenuti online ritenuti colpevoli di “incitare all’odio” ai sensi della cosiddetta “legge Avia” (dal nome della deputata che l’ha presentata in Parlamento) è, in linea con le normative europee sui discorsi di incitamento all’odio, ampiamente delimitato e include “l’incitamento all’odio o insulti a carattere discriminatorio per motivi di razza, religione, etnia, genere, orientamento sessuale o disabilità”.

    La legge francese è stata direttamente ispirata dalla controversa legge tedesca sulla censura, nota come NetzDG, varata nell’ottobre del 2017, che è esplicitamente menzionata nell’introduzione della legge Avia.

    “Questa proposta di legge mira a contrastare la diffusione su Internet dei discorsi di incitamento all’odio”, si afferma nell’introduzione della legge Avia.

    “Nessuno può contestare l’esacerbazione dei discorsi di incitamento all’odio nella nostra società (…) gli attacchi compiuti contro terzi per quello che sono, a causa delle loro origini, della loro religione, del loro genere o del loro orientamento sessuale (…) sono qualcosa che ricordano le ore più buie della nostra storia (…) la lotta contro l’odio e l’antisemitismo su Internet è un obiettivo d’interesse pubblico che giustifica (…) disposizioni forti ed efficaci (…) questo strumento di apertura [Internet] sul mondo, di accesso alle informazioni, alla cultura, alla comunicazione può diventare un vero inferno per coloro che diventano bersaglio di ‘haters’ o di molestatori che si nascondono dietro schermi e pseudonimi. Secondo un sondaggio condotto nel maggio del 2016, il 58 per cento dei nostri concittadini ritiene che Internet sia il luogo principale dei discorsi di incitamento all’odio. Più del 70 per cento afferma di aver già dovuto far fronte a discorsi di incitamento all’odio sui social network. Per i più giovani, in particolare, le molestie informatiche possono essere devastanti. (…) Tuttavia (…) Vengono presentate poche denunce, poche indagini vengono concluse con successo, poche condanne vengono pronunciate: e questo crea un circolo vizioso.”

    Avendo riconosciuto che “l’odio” online è difficile da perseguire in base alle leggi esistenti perché “vengono presentate poche denunce, poche indagini vengono concluse con successo, poche condanne vengono pronunciate”, ma avendo comunque stabilito che la censura è la panacea ai problemi rilevati, il governo francese ha deciso di delegare il compito della censura alle stesse piattaforme online. Le aziende private saranno ora obbligate ad agire come polizia del pensiero per conto dello Stato francese o incorreranno in pesanti sanzioni. Come in Germania, tale legislazione porterà le piattaforme online a mostrare eccesso di zelo nel rimuovere o bloccare qualsiasi cosa possa essere percepita come un “incitamento all’odio” per evitare di essere multate.

    La ratio legis – lo scopo della legge – sembra essere duplice: non solo la normativa intende ottenere la reale censura dei discorsi di incitamento all’odio rimuovendo o bloccando i post online, ma è finalizzata anche a raggiungere effetti (inevitabilmente) agghiaccianti della censura sul dibattito online in generale. “Le persone ci penseranno due volte prima di oltrepassare la linea rossa se sapranno che c’è un’alta probabilità di essere ritenute responsabili”, ha affermato il ministro della Giustizia francese Nicole Belloubet, in una dichiarazione inquietante per un rappresentante del governo di un Paese che ancora sostiene di essere democratico.

    Fin dall’inizio, quando il presidente francese Emmanuel Macron ha incaricato il gruppo guidato da Laetitia Avia di preparare la legge, la proposta ha ricevuto critiche da parte di numerosi gruppi e organizzazioni. La Commissione nazionale consultiva francese dei diritti dell’uomo ha criticato la proposta di legge perché aumenta il rischio di censura e La Quadrature du Net, un’organizzazione che opera contro la censura e la sorveglianza online, ha ammonito che “tempi rapidi di rimozione e multe salate per inosservanza incentivano ulteriormente le piattaforme a rimuovere eccessivamente i contenuti”. Article 19, l’organizzazione londinese che si batte per la libertà di espressione, ha commentato che la legge minaccia la libertà di parola in Francia. Secondo Gabrielle Guillemin, consigliere legale di Article 19:

    “La legge Avia consentirà efficacemente allo Stato francese di delegare la censura online alle aziende informatiche dominanti, che dovranno agire da giudici e giurati nel determinare quali siano i contenuti ‘palesemente’ illegali. La legge copre un’ampia gamma di contenuti, pertanto, non sarà sempre una decisione semplice.

    “Dati i tempi entro i quali le aziende devono rispondere, possiamo aspettarci che commettano errori in fatto di cautela, quando si tratta di decidere se i contenuti siano legali o meno. Dovranno anche ricorrere all’uso di filtri che porteranno inevitabilmente alla rimozione eccessiva dei contenuti.

    “Il governo francese ha ignorato le preoccupazioni sollevate dai diritti digitali e dai gruppi che si battono per la libertà di parola, e il risultato sarà un effetto agghiacciante sulla libertà di espressione online in Francia”.

    Anche la legge approvata è stata accolta con disapprovazione in Francia. Il 22 maggio, Guillaume Roquette, direttore editoriale di Le Figaro Magazine, ha scritto:

    “Con il pretesto di contrastare i contenuti ‘che incitano all’odio’ su Internet, [la legge Avia] crea un sistema di censura tanto efficace quanto pericoloso (…) ‘l’odio’ è il pretesto sistematicamente usato da coloro che vogliono mettere a tacere le opinioni discordanti.

    “Questo testo [legge] è pericoloso perché, secondo l’avvocato François Sureau, ‘introduce la punizione penale (…) della coscienza’. È pericoloso (…) perché delega la regolamentazione del dibattito pubblico (…) su Internet alle multinazionali americane. Una democrazia degna del suo nome dovrebbe accettare la libertà di espressione”.

    Jean Yves Camus di Charlie Hebdo ha definito la legge “un placebo per combattere l’odio” e ha rilevato che “l’iper-focalizzazione sull’odio online” maschera il vero pericolo:

    “Non è l’odio online che ha ucciso Ilan Halimi, Sarah Halimi, Mireille Knoll, le vittime del Bataclan, dell’Hyper Cacher e di Charlie; è un’ideologia chiamata antisemitismo e/o islamismo. (…) Chi stabilisce cos’è l’odio e la sua [differenza dalla] critica? Un vaso di Pandora è stato appena aperto. (…) C’è il rischio di una marcia lenta ma inesorabile verso un linguaggio digitale iper-normativizzato dalla correttezza politica, come definito dalle minoranze attive”.

    “Cos’è l’odio?” si è chiesto retoricamente lo scrittore francese Éric Zemmour. “Non lo sappiamo! Si ha il diritto di non amare (…) si ha il diritto di amare, si ha il diritto di odiare. È un sentimento. (…) Non deve essere perseguito, non deve essere legiferato”.

    Tuttavia, questo è ciò che fanno le leggi finalizzate a contrastare i discorsi di incitamento all’odio, sia nella sfera digitale sia in quella non digitale. Chiedere alle aziende private – o al governo – di agire come polizia del pensiero è fuori luogo in uno Stato che afferma di rispettare lo Stato di diritto democratico.

    Purtroppo, la domanda da porsi non è se la Francia sarà l’ultimo Paese europeo a introdurre tali leggi sulla censura, ma quali altri Paesi saranno i prossimi a farlo.

    Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica. È Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.

    [1] Oltre ad altre piattaforme online e ai motori di ricerca che raggiungono una determinata soglia di attività in Francia (tale soglia sarà specificata con decreto in data successiva).

  • agbiuso

    Giugno 27, 2020

    Il politicamente corretto (con un misto di whisky e coca).

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    L’Oréal supprime les mots «blanc», «blanchissant» et «clair» de ses produits
    Cette décision intervient dans un contexte mondial de manifestations anti-racistes.
    Le Figaro
    27.6.2020

    L’Oréal vient à s’ajouter à la liste des entreprises qui transforme leur stratégie marketing
    Le groupe L’Oréal a décidé de retirer certains mots, tels que «blanc» ou «blanchissant», de la description de ses produits cosmétiques sur ses emballages, dans un contexte mondial de manifestations anti-racistes.
    «Le groupe L’Oréal a décidé de retirer les mots blanc/blanchissant, clair de tous ses produits destinés à uniformiser la peau», indique le géant français des cosmétiques dans un communiqué publié en anglais samedi 27 juin, sans plus de détails, notamment sur un retrait immédiat ou non des rayons.
    Cette décision vient après celle de la filiale indienne d’Unilever, qui a choisi de rebaptiser sa crème éclaircissante pour la peau commercialisée sous le nom de «Fair & Lovely». L’entreprise anglo-néerlandaise a promis de ne plus recourir au mot «Fair» («clair») car la marque se dit «engagée à célébrer tous les tons de peau».

  • agbiuso

    Giugno 24, 2020

    Non sono contento che dei fanatici scatenati contro l’arte, la storia, la bellezza, il complesso mondo dei simboli, mi stiano dando continuamente ragione:

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    Rimuovere San Michele che schiaccia Satana perché ricorda l’uccisione di George Floyd

    Rimuovere l’immagine di San Michele che schiaccia il demonio perché ricorda l’uccisione di George Floyd a Minneapolis. È la petizione lanciata dagli attivisti su Change.org che ha raggiunto 2000 firme in poche ore, come riportato dal Guardian.

    Gli attivisti hanno coinvolto la corona britannica perché l’Ordine di San Michele e di San Giorgio è una delle massime onorificenze diplomatiche che la regina concede ad ambasciatori e diplomatici e alti funzionari del Ministero degli Esteri che hanno prestato servizio all’estero.

    La petizione, avviata da Tracy Reeve, afferma: “Questa è un’immagine altamente offensiva, ricorda anche il recente omicidio di George Floyd da parte del poliziotto bianco allo stesso modo presentato qui in questa medaglia. Noi sottoscritti chiediamo che questa medaglia venga completamente ridisegnata in un modo più appropriato e che vengano fornite scuse ufficiali”

  • agbiuso

    Giugno 23, 2020

    Denis Collin ha scritto un’appassionata difesa dell’Europa e della sua civiltà rispetto alle follie ideologiche che rischiano di travolgerla. Si intitola Défendre la civilisation contre les barbares (Difendere la civiltà conto i barbari); la si può leggere cliccando sul titolo e anche nel pdf che allego qui.
    Collin inizia da una questione nella quale il politicamente corretto va mostrando la propria follia: “Il razzismo ha assunto la maschera dell’antirazzismo e quanti combattevano ieri contro l’apartheid vogliono adesso delle università riservate alle ‘persone di colore’, delle statistiche etniche e ogni genere di ancor peggiore assurdità”.
    Défendre la civilisation contre les barbares.

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