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Dolcezza

Dolcezza

Dopo quattro ore di lezione telematica -ringrazio gli studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche per la maturità, la malinconia e la forza con le quali stanno vivendo questo momento– e dopo un pomeriggio di scrittura, ho fatto una passeggiata lungo le strade di Catania.
Traffico assai scarso, almeno in relazione alle abitudini della città. Negozi chiusi, tranne i pochi autorizzati. Persone che, non potendo sedersi al bar, si incontrano davanti ai panifici e alle tabaccherie. Molti con la mascherina. Auto della polizia qua e là.
Le luci di una splendida giornata di primavera riverberano nel silenzio delle strade. I palazzi sembrano respirare al posto degli umani. Ho osservato le facciate, i monumenti, gli angoli, affrancati dalla presenza costante dei loro abitatori. Ho visto quanto bella sia Catania. Ho avuto per qualche minuto l’impressione di vivere ciò che racconta il protagonista di Dissipatio H.G, l’impressione di una solitudine profonda e dolce, il mondo liberato dagli umani.

Tutto questo è però frutto dell’obbedienza del corpo collettivo all’enormità di ordini che prospettano gli arresti domiciliari di massa; che autorizzano i membri dell’esercito a «fermare i cittadini per controllare se rispettano le disposizioni previste dai decreti per l’emergenza coronavirus» (circolare del 12.3.2020 del Ministero degli Interni); che concedono a ogni vigile urbano, poliziotto e affini il potere di privare i cittadini della libertà di movimento, che soltanto la Magistratura sarebbe autorizzata a decretare.
Come quasi sempre, Manzoni ha colto a fondo queste dinamiche. In particolare là dove osserva che gruppi e movimenti sociali i quali non tollerano il minimo sacrificio della propria libertà -manifestando a gran voce–, a un certo punto rinunciano invece a tutta la loro libertà. Un corpo sociale spesso così attento ai propri diritti di varia natura, molti dei quali secondari, sta rinunciando con rassegnazione o persino con compiacimento alla sospensione delle fondamentali libertà costituzionali, compresa quella di movimento, che è tra le essenziali. Leggo di cittadini che invocano apertamente i carri armati nelle strade.
Il mio lavoro mi ha abituato da sempre a trascorrere intere giornate a casa, studiando e scrivendo. Ma quanto durerà la situazione descritta dal mio allievo Enrico Palma? «Sono curioso di constatare fino a che punto reggerà questa perfetta calma di dèi solitari prima di vedere scattiare qualcuno, o tutti quanti». In siciliano ‘scattiari’ vuol dire ‘andare fuori di testa’.
Di più: molti lavoratori continuano a percepire uno stipendio anche ad attività rallentate o annullate. Ma tanti altri, e sono milioni, che vivono di commercio, di attività a prestazione, di esercizi aperti al pubblico, in che modo continueranno a percepire le somme necessarie per vivere?
Se non si pone un freno alla psicosi di massa, si può prevedere che tra non molto i sentimenti di comprensione e solidarietà verso positivi al virus e malati (non sono la stessa cosa, è bene ricordarlo) si trasformeranno in altri atteggiamenti, assai più ostili. La Storia della colonna infame è un libro terribile e chiarissimo nel descrivere tali dinamiche. La peste porta sempre con sé, è inevitabile, gli untori. È un dispositivo socialmente e psicologicamente ben noto: per adesso sono coloro che non accettano gli arresti domiciliari di massa ma quando ci si pone sul piano inclinato del panico l’inevitabile risultato è la violenza verso colui/coloro che si ritiene portino in sé e con sé il pericolo per tutti gli altri. Significativo quanto ha dichiarato il responsabile della Protezione Civile, Borrelli: «Mantenere le distanze, anche in famiglia». Eccoci arrivati al controllo dei corpi tra le mura di casa. 1 metro, 2 metri, 3 metri? Ciascuno mangia in una stanza da solo? Pura biopolitica. Foucault ci guarderebbe con interesse.
Bisogna dire infatti con chiarezza che il coronavirus non è soltanto biologia. È anche politica, economia, spesa pubblica. L’emergenza –per un virus molto contagioso ma poco letale– sta nell’assenza di posti letto, di macchinari, di personale medico. E questo non l’ha voluto il virus ma l’hanno deciso il fanatismo liberista del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale, dell’Unione Europea. L’hanno voluto i mercati, anonime strutture finanziarie che uccidono le vite, le società, le libertà. Ora si vede che lo fanno alla lettera.
Non si tratta di ‘minimizzare’, si tratta di capire la complessità di ciò che accade e di affrontarlo con coraggio e lucidità, sine ira et studio, con equilibrio esistenziale e scientifico. Il contrario di ciò che informazione e politica praticano sul coronavirus come su tutto il resto.

Quanto e come si tornerà indietro rispetto alla dittatura sanitaria, alla gravissima limitazione delle libertà costituzionali, alla militarizzazione del territorio e delle relazioni, al deserto relazionale, sociale, culturale dato dallo spegnimento di ogni luogo di aggregazione: teatri, cinema, convegni, attività sportive e tanto, tanto altro?
È solo la paura a indurre alla passività. Un sentimento che il potere ha sempre utilizzato, con sistematica efficacia. La paura di base, la paura di fondo, la paura totale, la paura di morire. Una paura che paralizza il pensiero, la critica, la lucidità. Che spinge a giudicare criminale, superficiale, pazzo chi diffida di questo unanimismo del panico. Che invoca la censura verso coloro che muovono anche la minima critica al dispositivo di controllo sociale totale che sta dilagando senza alcuna opposizione. Come ha scritto l’amico Giuseppe Nanni: «Non state fermi adesso perché poi sarà più difficile muovere il cervello (siamo al terzo giro di vite in quattro giorni, l’appetito del Leviatano vien mangiando)». E come affermano i compagni di A Rivista anarchica: «Stiamo vivendo tempi allucinanti, caratterizzati da un’eclissi della ragione, tra prove tecniche di controllo sociale e dissennate reazioni di ampi settori della popolazione».

Tutto questo è frutto, nella sua dimensione biologica e non biopolitica, di un’entità invisibile, microscopica, inafferrabile, temibile: un virus. Noi, che ci crediamo i padroni del cosmo, siamo alla mercé di un’infima parte del reale. Ma non impareremo neppure stavolta. Troppo grande e radicata è la ὕβρις che intesse l’antropocentrismo biblico e la civiltà del capitale. Ma Γῆ, la Terra Madre, ucciderà l’Homo sapiens prima che lui uccida la Terra. Questo è sicuro.
E quando rimarrà soltanto ciò di cui oggi ho goduto al Monastero e tra le strade -l’azzurro del cielo, il cinguettio dei passeri, il movimento delle palme e degli ulivi– lo spazio sarà pieno di calma, il tempo sarà colmo di dolcezza. La dolcezza di Catania oggi al tramonto.

43 commenti

  • agbiuso

    Aprile 5, 2020

    A proposito delle immagini di “città affollate”, un articolo molto chiaro, tecnicamente e politicamente.
    La miseria dell’informazione è in Italia un autentico flagello.
    Qui l’articolo completo:
    Sul terrore a mezzo stampa, 2 | Le foto delle vie piene di untori
    Giap, 5.4.2020

    La nuova passione dei giornali italiani a reti unificate e dei governatori sceriffi sono le fotografie di «assembramenti». Funziona così: prendi una via lunga tipo seicento metri, con qualche bancarella di ortofrutta, una farmacia e un piccolo supermercato. Sabato mattina, possibilmente. Ti piazzi a un estremo e scatti col teleobiettivo a 800 mm, o con lo zoom digitale, in modo che la prospettiva risulti schiacciata, il palazzo là in fondo è come se ce l’avessi davanti alla faccia, e le trenta persone che ci sono – e in seicento metri stanno alla giusta distanza – le schiacci e comprimi in una scatola di acciughe, con un effetto ottico che te le fa sembrare una folla.

    Se usassero la stessa tecnica nella corsia di un supermercato, anche lì rileverebbero un assembramento da paura, e per di più al chiuso. Ma non lo fanno, perché non possono mettersi a far la morale sui supermercati, dove la gente fa la fila fuori e sa com’è la situazione, mentre magari la viuzza la conosce solo chi ci abita, chi la frequenta, e si può creare un piccolo caso sulla ressa di via Sestri a Genova, gli indisciplinati di Spaccanapoli, gli irresponsabili del Quadrilatero di Bulaggna…

  • agbiuso

    Aprile 4, 2020

    Due risposte di Alain Damasio a Nicolas Celnik
    Libération
    Qui l’intervista completa:
    LA POLIZIA NON DEVE ESSERE IL BRACCIO ARMATO D’UNA INCOMPETENZA SANITARIA

    Quindi percepisce l’isolamento come una misura più autoritaria che sanitaria?

    «Ciò che percepisco, molto semplicemente, come cittadino, è che la medicina non è, o non dovrebbe essere, un compito della polizia. Occuparsi di una pandemia, lo affermano tutti i medici, è innanzitutto identificare i casi contaminati, quindi eseguire test, poi isolare i pazienti che sono stati sottoposti a screening e curarli. In Francia, all’inizio siamo stati fottuti dal predisporre test su larga scala. No comment. Non sapevamo come identificare e isolare i malati, quindi isoliamo tutti, in massa, oplà, circolare! eh … no, in effetti, non circolate, restate a casa, il tempo che troviamo le mascherine, di rendere operative le nostre strutture di test e di ricreare questi posti letto che abbiamo distrutto dall’ignominia di bilancio. Per quanto riguarda la cura, beh, perché anticipare o essere reattivi? Perché testare farmaci esistenti che possono funzionare per vedere se funzionano? “Isolatevi, è la fine del mondo!” avrebbe detto Coluche. Per me, nessuna epidemia, nessuna causa di morte, specialmente così poco letale nella realtà come il Covid, giustificherà mai il fatto che si utilizzi un alibi per distruggere le nostre libertà fondamentali. L’emergenza o il panico non giustificano nulla e nessuno. Al contrario, dovrebbero richiamare al discernimento, al senno di poi, alla sobrietà legale. Isolare 70 milioni di persone è già un’aberrazione che dimostra il nostro livello di impreparazione sanitaria, la nostra incapacità di prevenire, testare, curare. Mettere in scena l’ansia, stimolarla con statistiche parziali e cumulative, appellarsi all’influenza che è così facile da massimizzare che è la paura, diffonderla intensamente attraverso l’inflazione oscena dei media è una strategia classica per far mandare giù il rafforzamento della sicurezza. Ridurre le uscite a un chilometro da casa, vietare gli spazi naturali (senza alcun rischio di contaminazione), proibire qualsiasi piacere per quanto innocuo e sanzionare le cosiddette inciviltà virali è un’indicazione tenue ma convincente di una volontà a stento dissimulata di (formattare) spiare le popolazioni. Lo stupore dà inizio alla paura, che si trasforma rapidamente in torpore. Ora queste misure devono accendere una piccola luce rossa nelle nostre teste. A differenza di molti, credo che bisogna avere fiducia nelle persone e nella loro umanità originaria. Fiducia nella loro comprensione delle situazioni. Gli idioti e gli incoscienti sono una piccola minoranza. Le persone s’informano, capiscono, agiscono, si rispettano. Dopo aver colpito, ferito e mutilato migliaia di persone nel 2019, la polizia non deve stabilire nel 2020 chi può uscire, chi può spostarsi, quanto lontano e come. Non deve essere il braccio armato di un’enorme incompetenza sanitaria. Spetta quindi a noi organizzarci, attivare la nostra solidarietà, sostenere i nostri operatori sanitari, decidere come dovrebbe essere la nostra sanità domani. Domani? Tra circa sei settimane. E dipenderà da noi liberarci, poi, tutti insieme, di quello che afferma di essere il nostro “fantoccio coronapoleone”. Non vedo l’ora, e lei?».

    Cosa si impara dall’isolamento delle popolazioni, sulla capacità della tecnologia a sostituire le relazioni umane in carne e ossa?

    «Non bisogna mentirci a vicenda. Le tecnologie di comunicazione restano, da un punto di vista relazionale, un surrogato. Vale a dire qualcosa che sostituisce l’originale, ma in peggio. Meno ampio, meno intenso, molto meno coinvolgente, il che può anche rivelarsi estremamente confortevole, perché ciò che disturba qualsiasi relazione con l’altro viene filtrato da questo “tecno-bozzolo”. Gli studi hanno dimostrato che in uno scambio faccia a faccia il 70% delle cose che si passano dall’uno all’altro rientrano nel non verbale. Il che significa che in fondo uno scambio via messaggi, per chat, per conversazione privata o per email trasmette a malapena solo un terzo di ciò che può comunicare un vero dialogo. Mancano i sorrisi, le espressioni facciali, le inflessioni di una voce, il fascino, la tensione. Si può controbattere che le app video compensino parte di questa mancanza; ma il video rovina anche le tre dimensioni, appiattisce i volti, altera la voce, elimina i profumi, il tocco, il calore, rimuove il magnetismo di una presenza. Ci comportiamo come se il fatto di poter veicolare il contenuto informativo di uno scambio bastasse a garantire lo scambio, più o meno. E, sostanzialmente, per sostituirlo. Ma la tecnologia non sostituisce nulla: simula. Effettua la simulazione di una relazione mediante artefatti digitali, una simulazione a cui il nostro cervello cerca di credere e glielo chiediamo per compensare il deficit fisico. Ciò che rimane non è vuoto, ovviamente, non è sempre deludente. Ma questo spesso non assume significato e spessore solo perché conosciamo già molto bene nel mondo reale, la persona con cui interagiamo e perché trasferiamo e soddisfiamo, attraverso questa presenza memorizzata, la freddezza delle parole scambiate o la piattezza dell’immagine che si agita debolmente sullo schermo».

  • agbiuso

    Aprile 4, 2020

    Le gravi responsabilità della stampa incompetente e terrorizzante, meritevole di denuncia per procurato allarme:
    Sul terrore a mezzo stampa: «Il virus è nell’aria», un titolo che farà molti danni
    Giap, 3.4.2020

  • agbiuso

    Aprile 2, 2020

    -Non credo ci sia alcun complotto nella diffusione del virus, che è un evento biologico il quale è stato favorito da: a) condizioni ambientali di inquinamento (come in Lombardia e a Milano, città dove vivo);b) velocità di spostamento consentite dai viaggi contemporanei.
    -Biologi, virologi, medici e statistici sono tra di loro molto in disaccordo; dunque e per fortuna non c’è una scienza assoluta che possieda il monopolio delle interpretazioni e delle soluzioni; non esiste la medicina ma esistono molti medici che hanno opinioni diverse.
    -Si può morire, e si muore, di virus ma si può morire, e si morrà, di miseria economica e relazionale. In generale non si può comprimere a lungo una società senza ucciderla. Così è fatta la socialità umana.
    -In una situazione come questa, la filosofia deve svolgere con coraggio il suo compito critico.

  • agbiuso

    Marzo 29, 2020

    La madre di una mia amica ha chiamato la guardia medica ma è arrivata l’ambulanza che l’ha portata in ospedale. Nessun tampone (quei pochi che ci sono stanno finendo), è rimasta a contatto con malati conclamati, è tornata a casa e spera. Come si narra nei Promessi Sposi, non arriva il medico ma i monatti. Gli ospedali, infatti, sono luoghi di infezione, ogni giorno di più. E sono allo stremo.
    A questo ci ha ridotto l’Unione Europea, con la complicità di Forza Italia, del Partito Democratico, degli ‘europeisti’, di Monti, di Cottarelli, «commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica» (governo Letta) e «direttore esecutivo nel Board del Fondo Monetario Internazionale» (governo Renzi) , i quali si vantavano di essere bravi a tagliare i fondi per la sanità. E infatti costoro e i loro complici hanno distrutto il Servizio Sanitario Nazionale. Consiglio chi vuole odiare qualcuno di non insultare chi cammina per le strade ma di andare sotto le case di gente come Monti e Cottarelli.
    La Germania di Angela Dorothea Merkel stampa 550 miliardi di € per le esigenze sanitarie ed economiche. Gli altri non possono o non vogliono stampare nulla. Ursula Gertrud von der Leyen ribadisce la rigidità del MES, perinde ac cadaver. Amo la Germania e la sua cultura ma è la terza volta in cento anni che la loro miopia diventa un rischio per l’Europa. È che banchieri e burocrati dell’UE sono dei cyborg. Nei loro corpi non c’è carne ma titoli, banconote, azioni, derivati.
    Forse ora è più chiara una delle ragioni per le quali odio l’UE. Sono degli assassini, alla lettera. Quanto sta accadendo in questi giorni dimostra che la cosiddetta ‘Unione’ è morta, perché non è mai nata. Un aborto. Prima finirà questa illusione e meno danni ci saranno.

  • agbiuso

    Marzo 28, 2020

    “La natura ha creato il virus ma è il sistema tecnologico che l’ha trasformato in un’epidemia.
    Così ci pone oggi il suo estremo ricatto: sacrificare la nuda vita oppure accelerare verso la distopia”.

    La società iatrogena
    di Raffaele Alberto Ventura
    Not – 27.3.2020

  • agbiuso

    Marzo 28, 2020

    Riflessioni sulla peste
    di Giorgio Agamben
    27 marzo 2020
    Fonte: https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-riflessioni-sulla-peste

    Le riflessioni che seguono non riguardano l’epidemia, ma ciò che possiamo capire dalle reazioni degli uomini ad essa. Si tratta, cioè, di riflettere sulla facilità con cui un’intera società ha accettato di sentirsi appestata, di isolarsi in casa e di sospendere le sue normali condizioni di vita, i suoi rapporti di lavoro, di amicizia, di amore e perfino le sue convinzioni religiose e politiche. Perché non ci sono state, come pure era possibile immaginare e come di solito avviene in questi casi, proteste e opposizioni? L’ipotesi che vorrei suggerire è che in qualche modo, sia pure inconsapevolmente, la peste c’era già, che, evidentemente, le condizioni di vita della gente erano diventate tali, che è bastato un segno improvviso perché esse apparissero per quello che erano – cioè intollerabili, come una peste appunto. E questo, in un certo senso, è il solo dato positivo che si possa trarre dalla situazione presente: è possibile che, più tardi, la gente cominci a chiedersi se il modo in cui viveva era giusto.
    E ciò su cui occorre non meno riflettere è il bisogno di religione che la situazione fa apparire. Ne è indizio, nel discorso martellante dei media, la terminologia presa in prestito dal vocabolario escatologico che, per descrivere il fenomeno, ricorre ossessivamente, soprattutto sulla stampa americana, alla parola «apocalisse» e evoca, spesso esplicitamente, la fine del mondo. È come se il bisogno religioso, che la Chiesa non è più in grado di soddisfare, cercasse a tastoni un altro luogo in cui consistere e lo trovasse in quella che è ormai di fatto diventata la religione del nostro tempo: la scienza. Questa, come ogni religione, può produrre superstizione e paura o, comunque, essere usata per diffonderle. Mai come oggi si è assistito allo spettacolo, tipico delle religioni nei momenti di crisi, di pareri e prescrizioni diversi e contraddittori, che vanno dalla posizione eretica minoritaria (pure rappresentata da scienziati prestigiosi) di chi nega la gravità del fenomeno al discorso ortodosso dominante che l’afferma e, tuttavia, diverge spesso radicalmente quanto alle modalità di affrontarlo. E, come sempre in questi casi, alcuni esperti o sedicenti tali riescono ad assicurarsi il favore del monarca, che, come ai tempi delle dispute religiose che dividevano la cristianità, prende partito secondo i propri interessi per una corrente o per l’altra e impone le sue misure.
    Un’altra cosa che dà da pensare è l’evidente crollo di ogni convinzione e fede comune. Si direbbe che gli uomini non credono più a nulla – tranne che alla nuda esistenza biologica che occorre a qualunque costo salvare. Ma sulla paura di perdere la vita si può fondare solo una tirannia, solo il mostruoso Leviatano con la sua spada sguainata.
    Per questo – una volta che l’emergenza, la peste, sarà dichiarata finita, se lo sarà – non credo che, almeno per chi ha conservato un minimo di lucidità, sarà possibile tornare a vivere come prima. E questa è forse oggi la cosa più disperante – anche se, com’è stato detto, «solo per chi non ha più speranza è stata data la speranza».

  • agbiuso

    Marzo 26, 2020

    Una riflessione critica di Tomaso Montanari sulla teledidattica.

  • agbiuso

    Marzo 25, 2020

    Sto cercando di rendere quanto più vive e interattive le lezioni telematiche ma più passano i giorni più sento la povertà di questo modo di comunicare, di queste lezioni sospese nel gelo del virtuale.
    Insegnare non vuol dire trasmettere soltanto dati, informazioni, conoscenze, immagini, schemi.
    Insegnare significa scambiare con gli studenti domande, sguardi, gesti.
    Insegnare significa corpimente che condividono lo spaziotempo per crescere insieme.
    Sono un docente, non un autore di documentari.
    Per fortuna la piattaforma che stiamo utilizzando (pur assai poco amichevole e anzi confusa), permette di
    dare voce agli studenti in audiovideo e per iscritto.
    Ma insegnare è un’altra cosa. Spero che torneremo presto nelle nostre aule.

  • agbiuso

    Marzo 24, 2020

    Nuda vita e dissoluzione dell’umano, della relazione in cui l’umano consiste.
    Giorgio Agamben accenna anche alla questione della teledidattica.
    Fonte: https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-chiarimenti

    ============
    Un giornalista italiano si è applicato, secondo il buon uso della sua professione, a distorcere e falsificare le mie considerazioni sulla confusione etica in cui l’epidemia sta gettando il paese, in cui non si ha più riguardo nemmeno per i morti. Così come non mette conto di citare il suo nome, così nemmeno vale la pena di rettificare le scontate manipolazioni. Chi vuole può leggere il mio testo Contagio sul sito della casa editrice Quodlibet. Piuttosto pubblico qui delle altre riflessioni, che, malgrado la loro chiarezza, saranno presumibilmente anch’esse falsificate.

    La paura è una cattiva consigliera, ma fa apparire molte cose che si fingeva di non vedere. La prima cosa che l’ondata di panico che ha paralizzato il paese mostra con evidenza è che la nostra società non crede più in nulla se non nella nuda vita. È evidente che gli italiani sono disposti a sacrificare praticamente tutto, le condizioni normali di vita, i rapporti sociali, il lavoro, perfino le amicizie, gli affetti e le convinzioni religiose e politiche al pericolo di ammalarsi. La nuda vita – e la paura di perderla – non è qualcosa che unisce gli uomini, ma li acceca e separa. Gli altri esseri umani, come nella pestilenza descritta da Manzoni, sono ora visti soltanto come possibili untori che occorre a ogni costo evitare e da cui bisogna tenersi alla distanza almeno di un metro. I morti – i nostri morti – non hanno diritto a un funerale e non è chiaro che cosa avvenga dei cadaveri delle persone che ci sono care. Il nostro prossimo è stato cancellato ed è curioso che le chiese tacciano in proposito. Che cosa diventano i rapporti umani in un paese che si abitua a vivere in questo modo non si sa per quanto tempo? E che cosa è una società che non ha altro valore che la sopravvivenza?
    L’altra cosa, non meno inquietante della prima, che l’epidemia fa apparire con chiarezza è che lo stato di eccezione, a cui i governi ci hanno abituati da tempo, è veramente diventato la condizione normale. Ci sono state in passato epidemie più gravi, ma nessuno aveva mai pensato a dichiarare per questo uno stato di emergenza come quello attuale, che ci impedisce perfino di muoverci. Gli uomini si sono così abituati a vivere in condizioni di crisi perenne e di perenne emergenza che non sembrano accorgersi che la loro vita è stata ridotta a una condizione puramente biologica e ha perso ogni dimensione non solo sociale e politica, ma persino umana e affettiva. Una società che vive in un perenne stato di emergenza non può essere una società libera. Noi di fatto viviamo in una società che ha sacrificato la libertà alle cosiddette “ragioni di sicurezza” e si è condannata per questo a vivere in un perenne stato di paura e di insicurezza.
    Non stupisce che per il virus si parli di guerra. I provvedimenti di emergenza ci obbligano di fatto a vivere in condizioni di coprifuoco. Ma una guerra con un nemico invisibile che può annidarsi in ciascun altro uomo è la più assurda delle guerre. È, in verità, una guerra civile. Il nemico non è fuori, è dentro di noi.
    Quello che preoccupa è non tanto o non solo il presente, ma il dopo. Così come le guerre hanno lasciato in eredità alla pace una serie di tecnologie nefaste, dai fili spinati alle centrali nucleari, così è molto probabile che si cercherà di continuare anche dopo l’emergenza sanitaria gli esperimenti che i governi non erano riusciti prima a realizzare: che si chiudano le università e le scuole e si facciano lezioni solo on line, che si smetta una buona volta di riunirsi e di parlare per ragioni politiche o culturali e ci si scambino soltanto messaggi digitali, che ovunque è possibile le macchine sostituiscano ogni contatto – ogni contagio – fra gli esseri umani.

    17 marzo 2020
    Giorgio Agamben

  • agbiuso

    Marzo 23, 2020

    Il piano inclinato del controllo diventa sempre più soffocante.

  • agbiuso

    Marzo 22, 2020

    A chi vorrà leggere un testo pubblicato oggi su wumingfoundation.com -la testimonianza di un cittadino e l’opinione di un giurista- pongo la seguente domanda: come definirebbero uno Stato nel quale accade un episodio come quello qui raccontato?

    «È colpa di quelli come te se c’è il contagio!» Abusi in divisa e strategia del capro espiatorio nei giorni del coronavirus

    Grazie.

  • agbiuso

    Marzo 22, 2020

    Il coronavirus come naufragio del liberismo.

    =========
    L’épidémie du Covid-19 (ou Covid-2) a ruiné en quelques semaines la plupart des dogmes libéraux.
    Les Allemands ont bloqué toute expor­ta­tion de maté­riel (mas­ques, etc.) et le seul secours qu’ont reçu les Italiens est venu de Chine.
    « Socialisme ou bar­ba­rie », disait Rosa Luxemburg. Nous y sommes.
    =========

    Condivido pienamente queste parole di Denis Collin.
    Il resto si può leggere qui:
    Réfléchir en temps d’épidémie. Sur la faillite d’un système et d’une idéologie

  • Tina Messineo

    Marzo 22, 2020

    Caro Alberto, interrompo i tuoi puntuali commenti ma solo per dirti che quello che penso in questi giorni è che i ‘Pensatori’ non sono mai stati ascoltati dalla politica!
    Siamo dunque senza speranza anche perché la consapevolezza che il re è nudo, è possibile solo attraverso una conoscenza non intrisa di servitù volontaria…e tanto altro!

    • agbiuso

      Marzo 22, 2020

      Cara Tina, hai fatto benissimo a interrompere il mio soliloquio.
      I decisori politici non ascoltano chi cerca di esprimersi con razionalità, certo. È una storia antica, della quale anche i rapporti di Siracusa con Platone costituiscono una testimonianza.
      E tuttavia ascolteranno per forza il disagio psicologico che una reclusione lunga e forzata porterà con sé. Le folle impazzite sono un pericolo per il potere. A meno che non vengano iniettate nel corpo sociale dosi sempre più massicce di terrore. Cosa che non escludo.

  • agbiuso

    Marzo 22, 2020

    Una domanda molto semplice: è così difficile capire che uscire di casa e fare quattro passi è per i corpi umani necessario al mantenimento della salute psicofisica? È così difficile capire che vietare di farlo è un rischio per la salute pubblica? Per la salute anche mentale?

  • agbiuso

    Marzo 21, 2020

    VIRUS: SCATTA LA COLPEVOLIZZAZIONE DEI CITTADINI
    di Marco Bersani – 20.3.2020

    Una delle strategie più efficaci messe in campo dai poteri forti durante ogni emergenza consiste nella colpevolizzazione delle persone, per ottenere dalle stesse l’interiorizzazione della narrazione dominante su ciò che accade, al fine di evitare qualsiasi ribellione verso l’ordine costituito.
    É una strategia ampiamente messa in campo nell’ultimo decennio con lo shock del debito pubblico, presentato alle persone come la conseguenza di vite dissennate, vissute al di sopra delle proprie possibilità, senza alcuna responsabilità verso le generazioni future.
    Lo scopo era evitare che la frustrazione per il peggioramento delle condizioni di vita di ampie fasce di popolazione si trasformasse in rabbia verso un modello che aveva anteposto gli interessi delle lobby finanziarie e delle banche ai diritti delle persone.
    É una strategia che si sta ora dispiegando nella fase più critica dell’epidemia prodotta dal virus Covid19.
    L’epidemia ha reso il re nudo e ha dimostrato tutti gli inganni della dottrina liberista.
    Un sistema sanitario come quello italiano, fino a un decennio fa tra i migliori al mondo, è stato fatto precipitare sull’altare del patto di stabilità: tagli da 37 miliardi complessivi e una drastica riduzione del personale (-46.500 fra medici e infermieri), con il brillante risultato di aver perso più di 70.000 posti letto, che, per quanto riguarda la terapia intensiva di drammatica attualità, significa essere passati dai 922 posti letto ogni 100mila abitanti nel 1980 ai 275 nel 2015.
    Tutto questo dentro un sistema sanitario progressivamente privatizzato e, quando anche pubblico, sottoposto ad una torsione aziendalista con l’ossessione del pareggio di bilancio.
    É quasi paradigmatico che il re sia visto nudo a partire dalla Lombardia, considerata l’eccellenza sanitaria italiana e ora messa alle corde da un’epidemia che, nella drammaticità di queste settimane, ha dimostrato l’intrinseca fragilità di un modello economico-sociale interamente fondato sulla priorità dei profitti d’impresa e sulla preminenza dell’iniziativa privata.
    Può essere messo in discussione questo modello, con il rischio che, a cascata, l’intero castello di carte della dottrina liberista crolli? Dal punto di vista dei poteri forti, è inaccettabile.
    Ed ecco scattare la fase della colpevolizzazione dei cittadini.
    Non è il sistema sanitario, de-finanziato e privatizzato, a non funzionare; non sono i folli decreti che, da una parte, tengono aperte le fabbriche (e addirittura incentivano con un bonus la presenza sul lavoro), e dall’altra riducono i trasporti, facendo diventare le une e gli altri luoghi di propagazione del virus; sono i cittadini irresponsabili che si comportano male, uscendo a passeggiare o a fare una corsa al parco a inficiare la tenuta di un sistema di per sé efficiente.
    Questa moderna, ma antichissima, caccia all’untore è particolarmente potente, perché si intreccia con il bisogno individuale di dare nome e cognome all’angoscia di dover combattere con un nemico invisibile: ecco perché indicare un colpevole ( “gli irresponsabili”), costruendogli intorno una campagna mediatica che non risponde ad alcuna realtà evidente, permette di dirottare una rabbia destinata a crescere con il prolungamento delle misure di restrizione, evitando che si trasformi in rivolta politica contro un modello che ci ha costretto a competere fino allo sfinimento senza garantire protezione ad alcuno di noi.
    Continuiamo a comportarci responsabilmente e facciamolo con la determinazione di chi ha da sempre nella mente e nel cuore una società migliore.
    Ma iniziamo a scrivere su tutti i balconi “Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema”.

  • agbiuso

    Marzo 20, 2020

    Riporto qui sotto una comunicazione dell’amico Nicolas Martino, che segnala tre articoli e svolge poi alcune brevi considerazioni che condivido.

    Il primo articolo analizza la relazione tra epidemia e scelte politiche passate e presenti.
    Il secondo testo discute la relazione tra epidemia e informazione. Provo a sintetizzarne il senso in questo modo: i morti sono reali, il panico è una costruzione dei media.
    Il terzo articolo è di una fonte insospettabile, il quotidiano della CEI, e analizza il rapporto tra epidemia e Costituzione, esprimendo perplessità sulla particolare tipologia dei Decreti del Presidente del Consiglio, i quali «sono sottratti a qualsiasi controllo preventivo, dato che non sono emanati dal Presidente della Repubblica (come decreti legge e regolamenti) e non sono sottoposti a conversione in legge come i decreti legge e quindi non sono soggetti a esame parlamentare. Il Presidente del Consiglio diventa quindi una specie di dictator, abilitato a stabilire effettivamente quali limitazioni dei diritti fondamentali possono essere adottate. Questo schema appare costituzionalmente problematico e ci si può chiedere se le esigenze di efficacia che hanno spinto a disegnarlo non possano essere soddisfatte con soluzioni procedurali più compatibili con la struttura costituzionale italiana».
    Ci si può chiedere anche se un simile precedente potrà essere utilizzato in altre situazioni e da altri presidenti del consiglio, magari meno eleganti di Giuseppe Conte.

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    posto qui alcuni articoli usciti in questi giorni e che mi sembrano particolarmente significativi:

    http://www.euronomade.info/?p=13067

    http://effimera.org/coronavirus-lo-spettacolo-di-unepidemia-che-non-ha-avuto-luogo-di-gianpaolo-cherchi/

    https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/cos-le-norme-contro-il-virus-possono-rievocare-il-dictator

    tre brevi considerazioni:

    si ripropone da più parti l’dea che la scienza sia la scienza e la politica sia tutta un’altra cosa; parlassero gli scienziati insomma, che sanno “veramente” come stanno le cose… neanche il positivismo più becero o da manualetto ha mai osato tanto senza provare vergogna (qui si potrebbe da aprire anche un discorso sull’egemonia culturale e politica che alcuni orientamenti filosofici – organizzati per bande – hanno conquistato nelle università e nei dipartimenti negli ultimi anni…).

    raramente si centra la questione fondamentale: il problema non è il virus, ma la politica che da 30 anni a questa parte ha sistematicamente tagliato le risorse alla sanità pubblica: se avessimo più ospedali, più posti letto, più personale medico e paramedico questa emergenza non sarebbe l‘emergenza che è diventata; come dire: l’analfabetismo di ritorno nelle generazioni più giovani da cosa dipende se non dalla dismissione dell’istruzione pubblica e dell’università? l’emergenza è una questione tutta politica e non scientifica, punto. il virus ovviamente continuerà ad esserci e non verrà sconfitto dall’odioso, classista e imbarazzante stateacasa, che serve solo e certamente a contenere, ma dall’antivirale quando questo verrà trovato.

    La libertà è una passione per pochi: molto più forte è la paura, che scatena l’autoisolamento, la caccia all’untore e al disobbediente. Nemica è la paura e la sua promozione sociale che distrugge i legami sociali e le passioni gioiose. Certo è curioso notare anche come La Boetie avesse proprio ragione: l’essere umano è attraversato da una libido serviendi con la quale si trova sempre a fare i conti.

    Da questa melma nella quale siamo caduti improvvisamente mani e piedi si uscirà veramente solo e se ci sarà una trasformazione politica radicale, se non si tornerà, insomma, alla “normalità” di prima. Perché il problema era proprio “quella” normalità, come dicevano fino a qualche settimana fa a Santiago del Cile. E non mi sembra casuale per niente il rimando immediato a quella storia del 1973 che segnò l’inizio del ciclo neoliberista che ha prodotto tutta questa melma qui.

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  • agbiuso

    Marzo 20, 2020

    In un articolo di Dario Accolla –Runner, untori e il bisogno di odiare chi esce da casa– leggo questo:

    «Riporto le parole di un mio contatto su Facebook. Si chiama Paola (nome di fantasia) e lavora in fabbrica. È una di quelle persone che non possono stare a casa, insomma, e scrive: «Sono stanca. Psicologicamente e fisicamente stanca. Esco dal lavoro e mi fermo al semaforo rosso. Ho giù il finestrino, mi godo il sole. Sento un urlo “stai a casa assassina! Dovete stare a casa sennò ci uccidete tutti!”. Mi giro e dalla cascina che costeggia la strada, una tizia alla finestra sta gridando. Proprio rivolta a me». La donna alla finestra l’ha vista fuori casa e la sua reazione è violenta. «Una tizia che non mi conosce, che non sa nulla della mia vita, non sa perché sono fuori casa, si sente in diritto di gridarmi le sue frustrazioni dalla finestra. Non ci siamo mai viste prima ma lei, sicura tra le mura domestiche intenta a salvare il mondo, giudica me, l’assassina fuori casa senza motivo». Non è l’unico caso. Tra le bacheche dei miei amici, il “restare a casa” è più di un obbligo dovuto a una misura governativa. È un discrimine morale. Fa la differenza tra la vita e la morte. E se esci diventi un assassino. In automatico»

    E nel capitolo XXXII dei Promessi Sposi leggo quest’altro:

    «Nella chiesa di sant’Antonio, un giorno di non so quale solennità, un vecchio più che ottuagenario, dopo aver pregato alquanto inginocchioni, volle mettersi a sedere; e prima, con la cappa, spolverò la “panca. – Quel vecchio unge le panche! – gridarono a una voce alcune donne che vider l’atto. La gente che si trovava in chiesa (in chiesa!), fu addosso al vecchio; lo prendon per i capelli, bianchi com’erano; lo carican di pugni e di calci; parte lo tirano, parte lo spingon fuori; se non lo finirono, fu per istrascinarlo, così semivivo, alla prigione, ai giudici, alle torture. “Io lo vidi mentre lo strascinavan così, – dice il Ripamonti: – e non ne seppi più altro: credo bene che non abbia potuto sopravvivere più di qualche momento”.
    L’altro caso (e seguì il giorno dopo) fu ugualmente strano, ma non ugualmente funesto. Tre giovani compagni francesi, un letterato, un pittore, un meccanico, venuti per veder l’Italia, per istudiarvi le antichità, e per cercarvi occasion di guadagno, s’erano accostati a non so qual parte esterna del duomo, e stavan lì guardando attentamente. Uno che passava, li vede e si ferma; gli accenna a un altro, ad altri che arrivano: si formò un crocchio, a guardare, a tener d’occhio coloro, che il vestiario, la capigliatura, le bisacce, accusavano di stranieri e, quel ch’era peggio, di francesi. Come per accertarsi ch’era marmo, stesero essi la mano a toccare. Bastò. “Furono circondati, afferrati, malmenati, spinti, a furia di percosse, alle carceri»

  • agbiuso

    Marzo 19, 2020

    A Roma il governo pensa all’esercito.
    A Palermo Musumeci si scatena.
    Tranquilli: i carri armati fermeranno il virus.
    Il ‘fascismo’ tanto invocato dagli stolti -PD, sardine e compagnia bella- sta arrivando sulla scorta del bios, come sempre

    Per quanto riguarda invece ciò che medici e ricercatori sanno e non sanno, mi sembra utile questo articolo:
    A fiasco in the making? As the coronavirus pandemic takes hold, we are making decisions without reliable data
    By JOHN P.A. IOANNIDIS MARCH 17, 2020

    L’autore è «professor of medicine, of epidemiology and population health, of biomedical data science, and of statistics at Stanford University and co-director of Stanford’s Meta-Research Innovation Center».

  • agbiuso

    Marzo 19, 2020

    “Ho letto su Facebook un messaggio molto eloquente: “Sì è vero, lo stato di diritto sta saltando; sì è vero, le nostre libertà sono decurtate al massimo. Ma si tratta di scegliere: o la vita o la libertà; e ancora più, o il sacrificio per gli altri o la nostra libertà”. Dopo questo post, leggo il comunicato del governatore lombardo, che di fronte ai numeri dei contagi che non scendono, minaccia misure ancora più restrittive.
    […]
    Che provvedimenti saranno quelli “più rigorosi”? Che cosa c’è di “più rigoroso” dell’uscita con autocertificazione solo per i casi concessi?
    Sembra di capire che la responsabilità di tutto ricada sui cittadini – abituati alla loro libertà, che reclamano il bisogno di fare un po’ di moto. E dove sta la responsabilità delle istituzioni che oggi minacciano di prendere misure ancora “più rigorose”? Vi è amnesia delle scelte prese in un recente passato, scelte che hanno maltrattato e indebolito il sistema sanitario pubblico? Parliamo, per esempio, delle scelte della Regione Lombardia. Secondo i dati del Ministero della Salute (consultabili sul web) l’anno 2017 mostra questo: i ventilatori polmonari erano 1 ogni 4.130 abitanti in Lombardia; 1 ogni 2.500 in Emilia-Romagna; 1 ogni 2.250 abitanti in Toscana, e 1 ogni 2.550 abitanti in Veneto. Il rischio di collasso del sistema è già contenuto in questi numeri.
    […]
    Se la scienza sulla quale questo intero sistema di limitazione delle nostra libertà non ha certezza, perché scandalizzarsi tanto con noi profani che ci ostiniamo a cercare il sole e l’aria, e che stiamo lentamente andando in depressione? Dobbiamo per caso attendere il vaccino prima di uscire di casa? E dobbiamo sentirci in colpa per la resilienza di questo virus o subire reprimende da parte di chi ci governa per sollevare questi dubbi?

    Più delle norme emergenziali, si deve temere l’espansione di questa mentalità dispotica, che vorrebbe neutralizzare dubbi e domande. Tacere e obbedire. Ma non è un male fare le pulci al vero se, sosteneva J.S. Mill, il vero si atteggia a dogma – se poi è un ‘vero’ in costruzione, allora i dubbi e le domande sono perfino un bene!”

    Il resto qui: Non arrendiamoci a “tacere e obbedire”
    di Nadia Urbinati – 18.3.2020

  • agbiuso

    Marzo 19, 2020

    Il coronavirus è questione anche e soprattutto politica.
    “L’Unione Europea con i suoi vincoli di bilancio e le sue politiche austeritarie, privatizzatrici, di spoliazione sociale è responsabile delle condizioni disastrose in cui versa il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), regionalizzato e in gran parte privatizzato, così come responsabili sono tutti i ceti politico/economici sub-dirigenti e sudditi del Patto Atlantico, che in nome dell’europeismo hanno portato l’Italia dalla Prima Repubblica all’attuale, in uno stato di prostrazione economico, sociale e culturale sempre più accentuato”.

    Il resto di può leggere qui: Ovvietà banali nell’era del coronavirus
    indipendenza – 19.3.2020

  • Enrico M

    Marzo 18, 2020

    Concordo pienamente con lei quando parla, implicitamente, di una ‘domesticazione’ dei cittadini come forma illusoria di soluzione a un’emergenza che in realtà cela fantasmi di natura politica, economica e statale. Un’emergenza dunque che è impossibile da giustificare e da comprendere nella sola forma biologica/virologica. Il virus, difatti, ha svelato in modo concreto i limiti della macchina-leviatano, i limiti delle furiose politiche economiche degli ultimi anni (tagli alla sanità, alla ricerca, all’università); ha svelato, in breve, la pochezza e la potenza dell’impero economico. 
    Ciò che più mi preoccupa non è tanto l’asfissiante convivenza alla quale stanno costringendo molte persone, ma è la cartografia geopolitica che sta emergendo in poche ore: la Cina, il Sud America, la figura e la fondatezza economico-politica dell’Europa, etc… Questioni che i media stanno nascondendo ai più con flash-mob stucchevoli.
    Il virus, di converso, dovrebbe essere una buona occasione per invitare le persone a pensare, a capire, a comprendere le ragioni di ciò che sta accadendo in seno all’Occidente. La verità, però, è che molti continueranno a non capire che guarire e vaccinare i corpi non vuol dire guarire il sistema in cui i corpi vivono e s’incontrano, in cui esistono e in cui si propagano.
    Aggiungo, infine, un fatto di pochi minuti fa. Bardato come un palombaro (in alcuni luoghi non si può più accedere se non si è muniti di guanti e mascherine) vado in un supermercato (Corso Sicilia, CT) e d’improvviso entrano quattro agenti, i quali prendono a controllare ogni persona in entrata e in uscita (documento d’identità + autocertificazione + certificato di morte in pronta consegna). D’un tratto fermano un distinto signore sulla settantina e iniziano a redarguirlo e a spalleggiarlo fiato a fiato poiché sprovvisto di guanti e mascherina. Il tutto accompagnato da rimproveri e accuse di ignoranza della Legge. Si dà il caso che il signore in questione è un avvocato. Quest’ultimo, con tono agitato, indignato ma elegante, taccia a sua volta di ignoranza – a suon di articoli, commi e decreti – gli agenti, poiché sono loro a non sapere che nella Legge, o forse nella Tavola, non è previsto, in via obbligatoria, l’utilizzo di strumenti di ‘profilassi’. Nonostante ciò, l’avvocato viene obbligato, con non poche offese, a farla svelta e ad andarsene.
    A presto.

    • agbiuso

      Marzo 18, 2020

      Caro Enrico, la ringrazio per questa sua riflessione, la quale giustifica l’orgoglio di avere allievi e studenti che sanno pensare al di là -in questo caso- dell’unanimismo del panico, che va assumendo connotati politici molto molto gravi, come confermano l’episodio di Palermo che ho riferito nel mio precedente commento e questa sua personale testimonianza.
      Dice bene: “La verità, però, è che molti continueranno a non capire che guarire e vaccinare i corpi non vuol dire guarire il sistema in cui i corpi vivono e s’incontrano, in cui esistono e in cui si propagano”.

  • agbiuso

    Marzo 18, 2020

    È il sabba dei controllori, proibitori, puritani, moralisti, servi, e di tutta la varia umanità che sembra ubriacata dal vino andato a male del controllo totale.
    Qualcuno ha scritto ciò che penso: «Chiunque porti una divisa può esclamare, come Luigi XIV, L’état c’est moi! e imporre divieti a suo piacimento, col plauso di cittadine e cittadini divenuti delatori».
    È parte del commento a un video girato a Palermo, nel quale si vedono alcuni poliziotti picchiare una persona che stava semplicemente correndo.
    È sempre così: al virus del potere e dell’arbitrio gli umani sembrano assuefarsi con inquietante facilità.
    È un piano inclinato assai preoccupante quello che stiamo vivendo.
    Essere prudenti vale sempre, essere terrorizzati non vale mai.
    Non mi interessa sopravvivere, mi interessa vivere.

    La viralità del decoro. Controllo e autocontrollo sociale ai tempi del Covid-19 (prima parte)
    La viralità del decoro. Controllo e autocontrollo sociale ai tempi del Covid-19 (seconda parte)
    di Wolf Bukowski
    Giap – marzo 2020

  • agbiuso

    Marzo 17, 2020

    Nel profluvio di banalità, bugie, insulti (come il volgare attacco di Paolo Flores D’Arcais nei confronti di Giorgio Agamben), moralismi di massa, richieste di sfrenato autoritarismo, qualcuno continua a pensare. Su che cosa sia una città, ad esempio, sulla politicità dell’animale umano.

    Il diritto alla città ai tempi del colera
    Off Topic -13.3.2020

    • KavehAf

      Marzo 17, 2020

      Veramente uno dei pezzi più interessanti usciti in questi giorni. Riprendere gli studi di Lefebvre non potrebbe che essere più che azzeccato di questi giorni, pur non sottovalutando che contemporaneamente a lui, Guy Debord esplicava una analisi ben più radicale dello stesso tema dell’urbanistica e della vita quotidiana. Sarò monotematico ma mai come oggi la sua critica si è dimostrata così puntuale, come già le scrissi in privato.

      • agbiuso

        Marzo 17, 2020

        Condivido, naturalmente. Un elemento che infatti viene taciuto è la correlazione sempre più evidente tra l’inquinamento dei luoghi e i luoghi nei quali il coronavirus sembra più facilmente diffondersi. La Lombardia e il Nord Italia, ad esempio.
        “Des affirmations inconciliables se poussent sur la scène du spectacle unifié de l’économie abondante ; de même que différentes marchandises-vedettes soutiennent simultanément leurs projets contradictoires d’aménagement de la société, où le spectacle des automobiles veut une circulation parfaite qui détruit les vieilles cités, tandis que le spectacle de la ville elle-même a besoin des quartiers-musées”.
        (Guy Debord, La Société du Spectacle, § 65)

  • agbiuso

    Marzo 15, 2020

    Le virus de la mondialisation
    par Denis COLLIN, le 11 mars 2020

    La nouvelle épidémie de coronavirus a envahi l’actualité. Nous voilà face au retour des grandes pestes ! Nous pensions être épargnés, définitivement. Nous allions même vaincre la mort – un pronostic de Laurent Alexandre, mais aussi de Mélenchon (voir L’ère du peuple) ! Et patatras ! la revoilà, la grande faucheuse.

    Évidemment, l’épidémie de coro­na­vi­rus touche moins et tue moins que la grippe sai­son­nière dont per­sonne ne parle vrai­ment. Évidemment, à côté du palu­disme, c’est de la petite bière, si j’ose dire et il est bien pos­si­ble qu’on sur­joue la pani­que. Après tout, inter­dire les réu­nions, confi­ner les gens chez eux, ça peut aussi avoir des retom­bées inté­res­san­tes, des béné­fi­ces secondai­res (il n’y a pas de petits pro­fits !) et Naomi Klein a montré, il y a déjà un cer­tain temps, ce qu’était la « stra­té­gie du choc ».
    La dégrin­go­lade des bour­ses et du cours du pétrole n’est pas causée par le virus. Le virus est l’événement contin­gent qui permet à la néces­sité de se mani­fes­ter. Car la crise est là depuis un moment et les tech­ni­ques de survie arti­fi­cielle de la « crois­sance » capi­ta­liste ont déjà atteint leurs extrê­mes limi­tes. Mais voir l’Italie, la deuxième puis­sance indus­trielle d’Europe et hui­tième puis­sance économique mon­diale mise en qua­ran­taine, ce n’est pas un événement anodin. Un flash brutal sur la fra­gi­lité de « notre » monde. Quelqu’un s’enrhume au fin fond de la Chine et l’Europe tombe malade. Cette nou­velle ver­sion de la théo­rie des catas­tro­phes donne à penser.

    De plus en plus nom­breux sont les obser­va­teurs qui cons­ta­tent que l’inter­dé­pen­dance crois­sante des économies, cette soi-disant « mon­dia­li­sa­tion heu­reuse » fra­gi­lise l’ensem­ble de l’édifice et rend chaque jour un peu plus pro­ba­ble une catas­tro­phe. Le coro­na­vi­rus n’épargne per­sonne parce que, si la chaîne de pro­duc­tion qui unit Chine, États-Unis, Russie, Europe, Indonésie, etc. se rompt, comme tou­jours en l’un de ses maillons les plus fai­bles, c’est l’ensem­ble qui se dis­lo­que. Conclusions qui com­men­cent à être tirées : on a trop mon­dia­lisé, il fau­drait « démon­dia­li­ser », relo­ca­li­ser, ren­for­cer nos « défen­ses immu­ni­tai­res » en gagnant en auto­no­mie et même en autar­cie.

    Oui, nous le savons, la déme­sure propre à la mon­dia­li­sa­tion capi­ta­liste nous mène droit à l’abime. Réchauffement cli­ma­ti­que ou pas, dû à l’homme ou non, les res­sour­ces natu­rel­les se raré­fient et nous allons devoir appren­dre l’économie, c’est-à-dire à être économes. Le mer­veilleux modèle que conti­nuent de vendre les tech­nos­cien­ti­fi­ques et les économistes sti­pen­diés ne marche plus. Mais ceux qui veu­lent réin­ven­ter le capi­ta­lisme, bâtir un autre capi­ta­lisme se trom­pent, sur toute la ligne. Le seul capi­ta­lisme pos­si­ble est celui que nous connais­sons, celui dont le res­sort est l’accu­mu­la­tion illi­mi­tée du capi­tal. On ne fait pas du vélo en res­tant sur place. Le capi­ta­lisme, c’est pareil ! Il doit accu­mu­ler du capi­tal. Dans quel but ? Accumuler encore plus de capi­tal. Le capi­ta­lisme rai­son­na­ble, comme le capi­ta­lisme moral, est un oxy­more. Sauver la pla­nète, voilà l’urgence. Soit ! Mais on ne peut sauver la pla­nète qu’en la débar­ras­sant du règne du capi­tal. Cessons d’écouter les mar­chands de som­meil.

  • agbiuso

    Marzo 15, 2020

    CORONAVIRUS ET ÉCOLOGIE
    Dans la livraison de mars du Monde Diplomatique, la chercheuse Sonia Shah retrace l’origine des coronavirus :

    « Les ris­ques d’émergence de mala­dies ne sont pas accen­tués seu­le­ment par la perte des habi­tats, mais aussi par la façon dont on les rem­place. Pour assou­vir son appé­tit car­ni­vore, l’homme a rasé une sur­face équivalant à celle du conti­nent afri­cain afin de nour­rir et d’élever des bêtes des­ti­nées à l’abat­tage.
    […]
    Des cen­tai­nes de mil­liers de bêtes entas­sées les unes sur les autres en atten­dant d’être condui­tes à l’abat­toir : voilà des condi­tions idéa­les pour que les micro­bes se muent en agents patho­gè­nes mor­tels.
    […]
    Bien que ce phé­no­mène de muta­tion des micro­bes ani­maux en agents patho­gè­nes humains s’accé­lère, il n’est pas nou­veau. Son appa­ri­tion date de la révo­lu­tion néo­li­thi­que, quand l’être humain a com­mencé à détruire les habi­tats sau­va­ges pour étendre les terres culti­vées et à domes­ti­quer les ani­maux pour en faire des bêtes de somme. En échange, les ani­maux nous ont offert quel­ques cadeaux empoi­son­nés : nous devons la rou­geole et la tuber­cu­lose aux vaches, la coque­lu­che aux cochons, la grippe aux canards. »

  • agbiuso

    Marzo 15, 2020

    Coronavirus, tra Unione Europea e regionalismo differenziato
    associazioneindipendenza – 15.3.2020

    Nel linguaggio algido e tecnico da burocrate d’alto bordo della finanza, le parole due giorni fa della francese Christine Lagarde (“Non siamo qui per ridurre gli spread”), presidente della Banca Centrale Europea (BCE), hanno sortito l’effetto di mandare le borse in picchiata e di impennare lo spread. Ventiquattro ore dopo è giunta la marcia indietro della stessa Lagarde, con la presidente della Commissione Europea (CE), la tedesca von der Leyen, che a quel punto e non ‘prima’ ha rilasciato una dichiarazione ‘conciliante’, sostenendo che, ai fini del computo del deficit per valutare il rispetto del patto di stabilità, le misure che il governo italiano intendesse prendere per affrontare la pandemia, sostenere imprese, posti di lavoro, salari dei lavoratori colpiti, “possono essere considerate come spese una tantum” (per la cronaca le proposte d’accompagno della BCE ruotano in sostanza attorno all’ampliamento del ‘quantitative easing’ e ai finanziamenti agevolati per le banche suppostamente finalizzati per finanziare l’economia reale).
    Bellissime le reazioni, in generale, degli italoparlanti cantori della fratellanza e solidarietà ‘made in UE’ e delle sorti magnifiche e progressive di quest’ultima. Solo un paio di esempi: Fabio Tamburini, direttore del Sole24Ore, ha evocato di fatto l’uscita dall’UE dichiarando che “se l’Europa continua a tentennare segna la sua fine, ed è giusto che l’Italia vada per conto suo. [..] I soldi per salvare le banche sono stati trovati, ora vanno trovati per salvare l’economica reale”. Poi l’irritazione (che “L’Europa solidarizzi e non ostacoli l’Italia”) addirittura del principale garante italofono dei vincoli imposti dal combinato UE-euro, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con “Giuseppi” Conte in scia.
    Comunque, perché quella prima dichiarazione improvvida della Lagarde che sprovveduta non è, essendo stata più volte ministra francese, poi direttrice del Fondo Monetario Internazionale e ora presidente della BCE? Essendo lei molto vicina a Macron e referente soprattutto degli interessi della Francia (il direttorio franco-tedesco si è spartito la presidenza rispettivamente della BCE e della CE) è possibile che si sia voluto mandare un messaggio intimidatorio in vista del dopo Covid-19 (coronavirus)? Ipotesi si possono formulare, ma non è questo adesso l’importante.
    Quanto è accaduto sui mercati due giorni fa non rientra nell’inatteso e tornerà. Da tempo viene prospettato l’arrivo di una crisi devastante, un impasto esplosivo di bolle finanziarie speculative e di recessioni particolarmente nell’Unione Europea, ben più disastrosa di quella del 2008, di cui però si ignora il ‘quando’, il ‘dove’, la ragione d’innesco e soprattutto a chi andrebbe l’intestazione della responsabilità. Del resto la situazione era già critica, ben prima dell’arrivo del coronavirus, con il rallentamento economico generale particolarmente sul continente europeo, a colpire anche Germania e Francia.
    La “pandemia” è giunta come una manna insperata nelle alte sfere policentriche del sistema di dominio capitalistico in questa parte di mondo.
    Ora, in scia delle sue conseguenze economico-sociali, diversi stormi di avvoltoi stanno già volteggiando. Le (prime) parole della Lagarde sono solo l’anticipazione di quel che sarà. L’Italia dovrà –dopo la fase “una tantum” tutta ancora da vedere– presentare conti e bilancio, e può pure sprofondare nella sua crisi economica resa sempre più critica dalla zelante, pluridecennale osservanza servile delle insensate politiche ‘comunitarie’ da parte delle classi sub-dirigenti di centrodestra e centrosinistra. L’Italia è tra i Paesi della UE che, fidelizzata dal secondo dopoguerra all’europeismo senza ‘se’ e senza ‘ma’, vede a rischio la sua stessa tenuta come Stato. Il disastro della regionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (con annesse privatizzazioni, chiusura di ospedali ‘non produttivi’, tagli nei finanziamenti e nel numero di medici ed infermieri) è frutto dei vincoli di indirizzo e di bilancio imposti dall’asse UE-BCE con impianto da Fondo Monetario Internazionale. Più in generale, nonostante l’assunzione di tutte le direttive di matrice euro-unionista per esorcizzare politiche a deficit, indicatori economici e stato complessivo della società italiana sono costantemente peggiorati.
    Ormai dentro una fossa, nella quale sempre più in basso la si vuole sprofondare, sino anche a comprometterne la sua stessa esistenza statuale, all’Italia si chiede di continuare a scavarsela. Sullo sfondo, sempre in nome della ‘fratellanza europea’, s’intende lucrare sulle opportunità offerte dall’aggravamento di congiuntura che la crisi pandemico-sanitaria sulla già disastrata situazione economica italiana: l’Eurogruppo, l’organismo UE che riunisce i ministri delle Finanze dei Paesi della zona euro, ha deciso un’interessata accelerazione anticipando di un mese, da aprile al 16 marzo, l’approvazione del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), il fondo sedicente salva-Stati ma, come da lezione greca, anche e soprattutto affossa-Stati. Al di là che la firma possa poi all’ultimo essere rinviata, resterebbe il tentativo di approfittare dello stato di emergenza per prendere a proprio vantaggio decisioni in un momento in cui le priorità sono di ben altra natura e, peraltro, solo di rinvio si tratterebbe. Gli Stati membri sono chiamati a versare quote significative (125 miliardi per l’Italia) che, oltre ad acuire l’indebitamento, verrebbero erogati con il pagamento degli interessi; per quegli Stati in condizioni economiche e di bilancio difficili o critiche, come l’Italia, la richiesta di accesso ad un prestito sarebbe vincolata a stringenti condizionalità, cioè misure preventive cogenti.
    È possibile che l’apparente condiscendenza ad una maggiore –e congiunturale– flessibilità di bilancio allo sforamento del deficit, per aiuti ad imprese e famiglie colpite dal coronavirus, sia barattata con i soci più forti dell’Eurogruppo, Germania in testa, con la ratifica del MES riformato? Un MES che, versione attuale o versione riformata che sia, va rifiutato senza ‘se’ e senza ‘ma’ e fatto conoscere, nel Paese, per essere un tassello ulteriore produttivo di ulteriore sudditanza nazionale e di ulteriore spoliazione sociale.

  • agbiuso

    Marzo 15, 2020

    Riporto qui l’analisi -pacata, critica e plausibile- di Gilbert Deray, medico alla Salpêtrière, uno dei più importanti ospedali di Parigi e della Francia.

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    Le Professeur Gilbert DERAY, exerçant à l’Hôpital Pitié-Salpêtrière à Paris, vient de publier sa réflexion au sujet du Coronavirus.

    Depuis 30 ans, de mon observatoire hospitalier, j’ai vécu de nombreuses crises sanitaires : HIV, SRAS, MERS, résurgence de la tuberculose, bactéries multirésistantes. Nous les avons gérées dans le calme et très efficacement. Aucune n’a donné lieu à la panique actuelle. Je n’ai jamais vécu un tel degré d’inquiétude pour une maladie infectieuse et d’ailleurs pour aucune autre.

    Et pourtant, je ne suis pas inquiet quant aux conséquences médicales du coronavirus. Rien dans les chiffres actuels sur la mortalité et la diffusion du virus ne justifie la panique mondiale sanitaire et surtout économique. Les mesures prises sont adaptées et efficaces et elles permettront le contrôle de l’épidémie. C’est déjà le cas en Chine, foyer initial et de loin le plus important de cet agent infectieux, où l’épidémie est en train de s’éteindre.

    L’avenir proche dira si je me suis trompé.

    Par contre :

    • Je suis inquiet des vols de masques et que ceux nécessaires à la protection des personnels soignants et des personnes à risque, nos anciens et celles déjà malades, en particulier les patients immunodéprimés, soient distribués dans les aéroports, les cafés et les centres commerciaux, pour une efficacité nulle.

    • Je suis inquiet des vols de gels nettoyants.

    • Je suis inquiet de ces rixes pour acheter du papier toilette et des boîtes de riz ou de pâtes.

    • Je suis inquiet de cette terreur qui conduit à faire des stocks obscènes de nourriture dans des pays où elle est disponible dans une abondance tout aussi obscène.

    • Je suis inquiet pour nos anciens déjà seuls et qu’il ne faut plus ni voir ni toucher de peur de les tuer. Ils mourront plus vite, mais « seulement » de solitude. Nous avions l’habitude de ne pas rendre visite à nos parents et grands-parents si nous avions la grippe, pas de les éviter « au cas où » et pour une durée indéterminée, ce n’est en rien différent pour le coronavirus.

    • Je suis inquiet que la santé ne devienne un objet de communication belliqueuse et de conflit comme un autre, alors qu’elle devrait être une cause ultime de lutte dans le rassemblement.

    • Je suis inquiet que notre système de santé, déjà en grande difficulté, ne soit prochainement débordé par un afflux de malades au moindre signe de syndrome grippal. Ce sont alors toutes les autres maladies que nous ne pourrons prendre en charge. Un infarctus du myocarde ou une appendicite, ce sont toujours des urgences, un virus, rarement.

    La couverture médiatique sur le coronavirus est très anxiogène et elle participe à l’affolement de chacun. Cela conduit aux théories du complot les plus folles du genre : « ils nous cachent quelque chose ». Rien n’est obscur, c’est impossible en médecine dans ce monde du numérique où la connaissance scientifique est immédiate et sans filtre.

    Le coronavirus ne tue (presque) que les organismes déjà fragiles. Je suis inquiet que ce minuscule être vivant ne fasse que dévoiler les immenses fractures et fragilités de nos sociétés. Les morts qui se compteront alors par millions seront ceux de l’affrontement des individus dans l’indifférence totale de l’intérêt collectif.

  • Cristiana Bonaffini

    Marzo 15, 2020

    Gentilissimo Professore Biuso,
    ho letto con molto interesse il Suo articolo, come i Suoi altri e penso che mai l’individuo è stato così attivo nell’auto ed etero determinazione come oggi.
    Non è passività, a mio parere, provare ad evitare il diffondersi del contagio stando a casa, è secondo me la massima libertà legittimata di scegliere attivamente se mettere a repentaglio la vita di qualcuno oppure no.
    Potrebbe essere un argomento di riflessione per la mia cara amica che vive e lavora “attivamente” in questi giorni a Londra, priva di ogni possibilità di determinazione.
    Mi suonano in mente le parole dello scrittore H. Murakami: “…poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.”

    Cordialmente
    Cristiana Bonaffini

    • agbiuso

      Marzo 15, 2020

      Gentile Bonaffini, la ringrazio molto di questo suo testo critico.
      Belle, e del tutto vere, le parole di Murakami.
      A presto ritrovarci fuori dalla tempesta.

  • Luca

    Marzo 15, 2020

    Bellissima riflessione controcorrente… posso condividere su Facebook?

    • agbiuso

      Marzo 15, 2020

      La ringrazio molto.
      Certo, tutto quello che scrivo qui è pubblico e lo si può quindi condividere.
      Grazie ancora.

  • agbiuso

    Marzo 14, 2020

    Due contributi dalla rivista L’Italia e il mondo aiutano a capire anch’essi l’impatto del coronavirus sulla:

    -fine dell’Unione Europea, EPIDEMIA CORONAVIRUS: DUE APPROCCI STRATEGICI A CONFRONTO, di Roberto Buffagni

    -“due stupri: quello della realtà e della libertà individuale”, NON SALVANO LA VITA. UCCIDONO LA LIBERTÀ, di Antonio De Martini

    “L’uomo che è un animale sociale destinato a morire fin dalla nascita, viene invitato a non socializzare nemmeno col vicino di casa.
    Con questo sistema non gli si allunga la vita, (al massimo si alleggerisce l’ospedale): lo si annulla politicamente”.

  • agbiuso

    Marzo 14, 2020

    Christine La “gaffe”(!?!)
    di Carlo Formenti – 13.3.2020
    Alcuni brani descrivono la fine dell’Unione Europea, accelerata dal coronavirus, una fine non auspicata o temuta, una fine che è ormai nei fatti.
    ===============
    Il Coronavirus potrebbe essere il più potente strumento che la storia abbia generato, da un secolo a questa parte, per delegittimare la narrazione neoliberista, mettendo a nudo il volto più nero di una globalizzazione che, mentre da un lato “mette in comune” virus, disastri ambientali, milioni di lavoratori senza diritti sradicati dai loro luoghi nativi, immiserimento delle classi subalterne, dall’altro lato rinchiude nei recinti di minoranze privilegiate poderose risorse economiche e le armi politiche, tecnologiche e mediatiche per proteggerne il possesso.

    Un sistema economico e sociale che trova la sua massima espressione in quell’Unione europea che, dopo avere blaterato contro la minaccia sovranista, getta la maschera lesinandoci gli aiuti (o facendoci capire che li avremo solo pagandoli a caro prezzo) nel momento di massimo pericolo (persino aiuti immediati ed essenziali come mascherine e respiratori ci sono giunti dalla Cina piuttosto che dagli “amici” europei).

    Post Scriptum. Mentre mi appresto a pubblicare questo pezzo, apprendo che il ministro delle Finanze della Germania si appresterebbe a varare un aiuto di centinaia di miliardi a sostegno delle imprese tedesche (mentre qui si litiga per sforare il meno possibile sui vincoli di bilancio). Le campane a morto per il sistema di regole della Ue suonano sempre più forti (e non è escluso che in un futuro non troppo lontano annuncino la morte della stessa Ue)

  • agbiuso

    Marzo 14, 2020

    Il virus a scuola e nelle università.
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    Scuola e insegnamento a distanza ai tempi dell’emergenza
    di Marco Meotto – Doppiozero, 11.3.2020

  • Pasquale

    Marzo 14, 2020

    Ma siccome sono molto scettica sulle possibilità di comprensione da parte della maggiorparte degli uomini (l’dea aristocratica di Eraclito, se ho ben seguito bene oggi la lezione!) sarebbe meglio che molta gente restasse in quarantena per sempre!

    Mi piace assai, questa conclusione. Fin da piccolo ho avuto in uggia gli altri bimbi; non sono mai andato a giocare in cortile, la strada mi terrorizzò nell’unica volta che vi fui spedito quasi a male parole ( ma mère temeva un figlio che passava ore a leggere e disegnare e ascoltare la radio e all giradischi delle storie lette da Pinuccia Nava mi pare di ricordare); ricordo invece perfettamente lo sgamuffo messo in atto per evitare di invitare a giocare da me il vicino del piano di sopra; obbligato da mia madre (idem c.s.) salii piano piano, per dare il tempo alla strategia di formarsi, suonai debolmente il campanello, poi scattai di corsa in solaio; sentii che si apriva l’uscio dei vicini, una voce femmina che detestavo, poi il clock della porta richiusa. Scesi le scale. Rientrai. “Mamma non c’era nessuno”. Fine.
    Sciocchezzuole.

  • agbiuso

    Marzo 14, 2020

    Segnalo un testo del quale non conosco l’autore/autori ma che mi sembra mirabile e che condivido per intero.
    Riporto l’epigrafe e l’incipit. Il resto si trova qui: In corpore vili

    ============
    «Scopo del terrore e dei suoi atti è di estorcere totalmente l’adattamento degli uomini al proprio principio, affinché anch’essi riconoscano, in definitiva, ancora solo uno scopo: quello dell’autoconservazione. Quanto più gli uomini hanno in mente senza scrupoli la propria sopravvivenza, tanto più diventano marionette psicologiche di un sistema che non ha altro scopo che mantenere se stesso al potere»
    Leo Löwenthal, 1945

    Ecco, ci siamo. Da poche ore è stato dichiarato lo stato d’emergenza sanitaria su tutto il territorio nazionale. Serrata quasi totale. Strade e piazze semi-deserte. Proibito uscire di casa senza una ragione ritenuta valida (da chi? ma dalle autorità, naturalmente). Proibito incontrarsi e abbracciarsi. Proibito organizzare qualsivoglia iniziativa che preveda anche solo un minimo di presenza umana (dalle feste ai raduni). Proibito stare troppo vicini. Sospensione di ogni socialità. Ammonimento a stare chiusi in casa il più possibile, aggrappati ad un qualche dispositivo elettronico in attesa di notizie. Obbligo di seguire le direttive. Obbligo di portare sempre con sé una «autocertificazione» che giustifichi i propri spostamenti, anche se si esce a piedi. Per chi non dovesse sottomettersi a simili misure è prevista una sanzione che può prevedere l’arresto e la detenzione.
    E tutto ciò per cosa? Per un virus che tuttora divide gli stessi esperti istituzionali a proposito della sua effettiva pericolosità, come dimostrano le stesse polemiche fra virologi di pareri opposti (per non parlare della sostanziale indifferenza che gli mostrano non pochi paesi europei)? E se anziché il coronavirus, con il suo tasso di mortalità del 2-3% ovunque nel mondo tranne che nel nord Italia (chissà se è l’acido nucleico ad incattivirsi a contatto con la polenta, oppure se è la schiatta padana ad essere gracilina), fosse arrivato in queste lande un Ebola capace di decimare la popolazione dell’80-90%, cosa sarebbe accaduto? Si passava direttamente a sterilizzare i focolai tramite bombardamenti?

  • Concettina Patanè

    Marzo 14, 2020

    Caro Prof., e carissima Tina, vi leggo con la vostra stessa malinconica dolcezza. Io sono abituata sia alla solitudine che alle lunghe giornate a casa a studiare, ma il nostro mondo no. E scoppierà per eccesso di isolamento e di introspezione cui nessuno è abituato. Il riferimento al Leviatano è perfettamente, e terribilmente, azzeccato. Io non ho paura del virus, ho paura di come saremo dopo.
    Vi abbraccio virtualmente.

  • Tina Messineo

    Marzo 14, 2020

    Mio caro Alberto,
    anch’io oggi, dopo avere assistito alle lezioni da casa, sono andata in campagna ad aiutare gli alberi di ulivi che necessitano di una potatura perché anch’esse possano respirare.
    E anch’io ho osservato il silenzio.
    Il silenzio di poche macchine sulle strada, il silenzio del circondario della mia piccola campagna che cerco di tenere ancora con piante fiori e farfalle e galline e colombi e gatti che vivano felici.
    E anch’io ho pensato che loro restano e noi passeremo in un momento opportuno, come scriveva Diodoro Siculo!
    Le brutture che circondano la mia piccola oasi, almeno oggi, erano senza gli uomini che vivono la campagna attorno e di cui fanno quotidiano scempio, grazie ai fondi europei che dispensano soldi per estirpare ulivi, vigneti e farci costruire ammassi di cemento…per cosa non ho ancora capito!
    Ma questo ‘silenzio’ presto passerà perché gli uomini si assoggettano a qualunque tipo di restrizione quando è in ballo la loro sopravvivenza e, scampato il pericolo, torneranno più cattivi di prima.
    Non ho potuto restare in campagna fino a sera ma se avessi potuto avrei goduto anche di molte luci spente che mi avrebbero permesso di tornare ad ammirare il cielo buio in tutta la sua splendente luminosità.
    Ora, io non dico che essere prudenti quando si viaggia in macchina non è meglio che essere spericolati, non dico che seguire norme banali di igiene (che per le nostri madri erano di elementare buon senso) non siano necessari, non dico che limitare gli incontri tra umani non sia opportuno per evitare che la nostra debole sanità collassi per una eventuale diffusione di massa di questa malattia.
    Ma penso anche che tutti i mali non vengano per nuocere se tutto ciò ci offre nuove occasioni di riflessione e di comprensione su ciò che era sotto gli occhi di tutti noi ma che oramai era diventato “ovvio”: politica, economia, unione europea, sanità …era ora che eruditi e non “problematizzassero l’ovvio”.
    Speriamo che tutto ciò serva almeno a questo: godere della matura delle cose, per un po’, senza la presenza dell’uomo chiuso in casa, e che l’uomo prenda coscienza del rispetto per ciò che non gli appartiene per sempre.
    Ma siccome sono molto scettica sulle possibilità di comprensione da parte della maggiorparte degli uomini (l’dea aristocratica di Eraclito, se ho ben seguito bene oggi la lezione!) sarebbe meglio che molta gente restasse in quarantena per sempre!

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