Sul numero 19 (luglio 2019) di Vita pensata ho parlato di un film che ho visto durante una rassegna milanese dedicata al Festival di Cannes 2019. Si intitola Les Misérables, il regista è Ladj Ly.
Nato da genitori del Mali, Ladj Ly ha girato vari documentari su Montfermeil, la banlieue dove è cresciuto e dove Victor Hugo compose Les Misérables. Questo regista sa dunque di che cosa parla, sa quali sono i sentimenti e i pensieri dei francesi di origine africana, sa in quale degrado essi vivano e soprattutto sa che tra la Francia -la sua storia, la sua cultura, i suoi modi di vivere- e questi cittadini ci sono differenze che diventano abissi.
Il film descrive tale differenza in un modo che è insieme sociologico e narrativo. Letto alla luce di uno dei libri più rigorosi e informati sulla questione dei migranti dall’Africa all’Europa (è quello che in questo articolo ho cercato di fare), Les Misérables offre una prospettiva inquietante e realistica sul conflitto sociale ed etnico che attraversa sempre più le società europee.
Il trailer dà un’idea, per quanto parziale, di ciò che il film esprime e di come lo racconta.
- Les Misérables (versione in pdf; pagine 64-69)
8 commenti
agbiuso
Amleto abita in Francia
il Simplicissimus, 1.7.2024
In altri tempi avrei esultato per i risultati delle elezioni legislative francesi e non tanto per la vittoria della Le Pen che umilia Macron, quanto per il successo del Nuovo fronte popolare formato sostanzialmente dai socialisti e da France Insoumise di Melenchon. arrivato alle spalle dei conservatori con il 28 per cento dei voti. Purtroppo non funziona così: nei sistemi maggioritari – e in quello a doppio turno francese in particolare – tutto è costruito attorno al mantenimento del potere e non all’espressione della volontà popolare. Si tratta di democrazie assistite, per così dire, che non permettono grandi cambiamenti e possono premiare le opposizioni solo nella misura in cui esse fanno proprio l’assetto del sistema. Così se il lepenismo si è via via andato configurando come forza conservatrice che dice sì alla Ue e dunque ai suoi predicati neoliberisti, con qualche differenza sull’immigrazione, la sinistra è diventata la colonna portante del globalismo equivocandolo – molto spesso ipocritamente – come internazionalismo. Così in realtà essa fa il gioco del suo avversario di un tempo e nel caso particolare di Macron.
Jean-Luc Melenchon che all’inizio della sua traiettoria – parlo ormai di una decina d’anni fa – era parso voler spezzare il sortilegio di una sinistra che va contro se stessa, ha già annunciato che nel caso ci fossero ballottaggi a tre (questo accade quando c’è un candidato arrivato terzo, ma che abbia preso il 12,5 per cento degli aventi diritto al voto) il fronte popolare ritirerà il suo candidato. Non c’è ovviamente bisogno di una dichiarazione esplicita per comprendere che quei voti andranno all’Ensemble macronista. E dal momento che saranno tantissimi gli scontri a tre nei collegi elettorali è probabilissimo che alla fine il perdente Macron sarà il vincitore, Non lui come persona che è solo un burattino, ma l’idea di un’Europa antisociale, neoliberista e guerrafondaia: la Francia si salverà dal fascismo lepenista che tra l’altro vuole abbassare le spese militari, per ribadire il proprio appoggio al fascismo finanziario globale e alla sua scia di sangue. Amleto abita in Francia, altro che in Danimarca
Non è finita qui, la sconcertante evocazione da parte del presidente di una guerra civile, qualora egli non risulti vittorioso – cosa questa che colloca la Francia in Centroamerica – fa pensare che si potrebbe ricorrere a tumulti di piazza per convincere i renitenti: dipenderà dai sondaggi che vengono attivamente condotti giorno per giorno. Si tratterà di una sorta di messa in scena di rivoluzione colorata domestica in cui i servizi dello stato hanno ampia esperienza fatta altrove e possono tranquillamente applicarla a casa. Tuttavia senza arrivare a questo è già in atto il ricatto finanziario per ora utilizzato in modo morbido, ma che domani potrebbe essere brandeggiato come una clava.
Se poi dovesse accadere che i francesi ne abbiano davvero le scatole piene del macronismo, delle sue mosse da impiegato di Rothschild e dei suoi ricatti, che il numero record di ballottaggi a tre non sia propiziatorio per la vittoria sostanziale del fronte dell’Eliseo, la Le Pen, anzi il presidente del partito, Jordan Bardella, potrà godere di una modesta maggioranza parlamentare che alla luce della costituzione gollista non sarà in grado di ostacolare il presidente. Un solo sondaggio per ora, quello di Elabe, accredita il raggruppamento lepenista di 288 seggi ovvero della maggioranza assoluta. Ma per puro amore di ipotesi mettiamo che accada proprio questo: lo scontro con la presidenza della repubblica, le operazioni di acquisto in stock che noi abbiamo già vissuto al tempo dei Cinque Stelle, la situazione del bilancio dello stato, il terrore dello spread ( anche questo fa parte della nostra esperienza), impediranno che il nuovo Parlamento possa introdurre significativi cambiamenti e questo non logorerà certo Macron, ma i suoi avversari che perderanno l’aura di cambiamento che li ha portati al potere.
Nondimeno non si può nemmeno pensare che non sia successo nulla: lo spostamento politico o meglio prepolitico a cui assistiamo può essere eluso, contenuto, sgambettato dalle oligarchie di comando, ma rischia comunque di sommergerle. Assistiamo a una disperata corsa contro il tempo nell’introdurre nuove ingegnerie sociali che rendano sempre più difficile cambiare la logica delle cose. Basterebbe che gli altri smettessero di tentare di fare un passo indietro e vadano invece avanti sbilanciando l’avversario. Nuova utopia cercasi perché è solo puntando all’impossibile che si cambia il possibile.
agbiuso
Da Ce n’est pas une guerre civile
Di Mathieu Bock-Côté, Le Figaro 1.7.2023
«Nulle surprise : depuis des années, il suffit de regarder la carte de Paris pour constater qu’elle est en quelque sorte assiégée. On pourrait dire la même chose des autres grandes villes du pays. La fracture identitaire engendrée par l’immigration massive et la mutation démographique qu’elle entraîne s’expose à qui veut bien la voir. […]
Une pulsion qui relève moins de l’agressivité idéologique que de l’instinct de conquête. […]
Mais c’est aussi une guerre pour la maîtrise du territoire qui se dévoile sous nos yeux. […]
Mais le déni de réel ne tient plus, et le courage élémentaire, pour bien des politiques, consistera demain à redire publiquement ce qu’ils disaient en privé. Je serais hélas surpris qu’ils le fassent».
Pdf dell’articolo
agbiuso
Come negli Stati Uniti d’America, il melting pot non funziona.
Milioni di giovani (e non solo giovani) diventati francesi non si sentono tali per il semplice fatto che non sono tali. Essi odiano la Francia.
Queste società meritano la guerriglia civile perché non hanno compreso alcuni fondamenti antropologici delle comunità umane.
agbiuso
A Milano, nella sua bella stazione ma non solo, si vanno confermando i rischi di un’accoglienza indiscriminata, si va confermando l’incapacità di capire e il danno che producono i sedicenti buoni.
agbiuso
Sanno solo chiudere, non sanno governare. Una dichiarazione molto grave quella del sindaco di Nizza, sinonimo di resa al fanatismo. Ma era ed è tutto prevedibile, basta conoscere un poco la storia dell’Islam e dei Paesi islamici dalla fine della I guerra mondiale a oggi. Ancora una volta si vogliono le cause ma non si vogliono gli effetti. Irrazionalismo.
agbiuso
Il libro di Raffaele Simone L’ospite e il nemico. La grande migrazione e l’Europa (Garzanti) affronta la questione che qui ho cercato di discutere. Di questo libro ha parlato qualche giorno fa sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia, il quale così conclude la sua analisi:
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Che cosa sostiene di così scandaloso per il benpensante progressista il libro di cui stiamo parlando? Innanzitutto un criterio di metodo: «Non c’è nessun immigrato, in quanto persona, leggiamo, che visto da vicino, non susciti compassione e impulso al soccorso (…). Ma si possono osservare i fenomeni collettivi persona per persona?». Simone non ha dubbi: non è possibile. L’immigrazione verso l’Europa è un evento di una tale vastità potenziale che, incontrollato, non potrebbe che condurre questa parte del mondo a un’autentica catastrofe, più o meno analoga a quella rappresentata a suo tempo dalle invasioni barbariche. Si tratta di una presa di posizione niente affatto ideologica: infatti è davvero impressionante, in proposito, la vasta e varia documentazione, la quantità di notizie, di dati, di fatti di cronaca, circa le conseguenze negative già in atto o assai prevedibili contenute nel libro. Il cui autore, proprio perciò, sottolinea come siano a dir poco sorprendenti lo «spesso clima di ipocrisia e di falsità», «la sceneggiatura irenico-umanitaria» e la «sconsiderata rilassatezza» delle politiche migratorie praticate finora: attuate «quasi tutte — si aggiunge — contro il parere del popolo». Ce n’è abbastanza, come si vede, per giustificare la censura decretata al libro dal Club Radicale.
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Qui la versione integrale dell’articolo: Immigrazione e multiculturalismo. Il silenzio degli «accoglienti»
diego
è molto interessante il tuo articolo, caro Alberto; al di là del soccorso a chi sta effettivamente annegando su un barcone o a una bambina che viene ripeturamente stuprata prima di giungere sulla spiaggia di Lampedusa, esiste, fondamentale, la mecessità di capire «a mente lucida il problema»; per la questione del soccorso sto leggendo il libro del medico di Lampedusa, che narra fatti di una crudezza e durezza insopportabili perfino a pensarli; ma, come ho scritto, occorre capire il fenomeno nella sua vastità; è vera la questione sollevata dal Vescovo, molti migranti sono dei sognatori che sperperano risorse inseguendo un sogno «europeo» coltivato da un’informazione smisuratamente accessibile e smisuratamente superficiale; accadde a suo tempo con gli albanesi che vedevano l’italia delle tv, non quella vera; in Africa quello che manca, rispetto alla vecchia Europa, è una borghesia produttiva, è mancata l’etica protestante di cui scriveva Weber; in Africa manca una burocrazia efficiente e non corrotta, che è la rete su cui si intesse un buon tessuto economico e sociale; comunque il veleno più grave è proprio l’informazione deformata; vedremo che succederà, nei prossimi anni, per fortuna si muore prima o poi
agbiuso
Caro Diego, ti ringrazio per l’apprezzamento verso il mio tentativo di riflessione e per le tue opportune osservazioni.
Analizzare “a mente lucida il problema” conduce alla conclusione che la responsabilità prima dei morti annegati e delle donne stuprate è di chi, come tu osservi, illude le persone, specialmente dell’informazione televisiva e di altro genere; di chi organizza questi viaggi –nessuno infatti obbliga i cittadini dell’Africa centrale e settentrionale a lasciare le loro case-; di chi approfitta di tali illusioni e viaggi per schiavizzare altri esseri umani; di chi li mette in mare su barconi, sapendo che a una chiamata del cellulare satellitare queste persone saranno trasferite dai barconi alle navi delle ONG (come il libro di Smith ben documenta). E quindi è anche responsabilità delle stesse ONG, che incrementano e favoriscono il fenomeno migratorio.
A una semplice domanda non ho trovato sinora risposta: armare delle navi costa moltissimo; chi investe in queste flotte delle ONG?
Quanto a ciò che manca all’Africa, mi sembra che il tuo elenco sia lungo, oltre che qualitativamente impegnativo. Aggiungerei che mancano anche classi dirigenti libere dal dominio coloniale che ancora -e con successo- Francia, Stati Uniti, Cina cercano di imporre a questo Continente.
La chiusa della tua riflessione è davvero keynesiana, visto che Keynes osservava con saggezza che “in the long run we are all dead” (A Tract on Monetary Reform, [1923], cap. 3, p. 80).