Roma
di Alfonso Cuarón
Con: Yalitza Aparicio (Cleo), Marina de Tavira (la signora Sofia), Jorge Antonio Guerrero (Fermin)
Messico – USA, 2018
Trailer del film
Cuarón torna con la memoria a Roma, il quartiere di Mexico City dove è cresciuto. Il bianco e nero è funzionale al ricordo e non alla vicenda, che ne viene forse impoverita. Torna dunque in quel suo mondo e costruisce un archetipo della tata candida, affettuosa, dolce, rassegnata. Intorno a lei un universo di persone tristi o arroganti, tutte prese dal proprio sé, da quell’io al quale Cleo sembra aver rinunciato. La vita quotidiana di una famiglia borghese e della sua domestica si scandisce in ritmi sempre uguali sino a che due avvenimenti che si intrecciano -uno privato che tocca Cleo e uno pubblico con un massacro di studenti (siamo nel 1971)- sembrano trasformare il divenire ma si ricompongono alla fine nell’inevitabile ingiustizia della vita.
C’è qualcosa di artificioso e freddo in questo umanistico omaggio agli ultimi, qualcosa di cerebrale sino alla finzione. Il talento tecnico di Cuarón è certo ma anche in questo caso, come in Gravity, è privo della passione metafisica che è l’unica capace di trasformare gli eventi in epica. E senza epica l’arte diventa un rifugio sentimentale.
A coinvolgere è soltanto lo sfondo culturale nel quale il Mexico vive, il suo archetipo, il culto verso la morte che lo permea. Non a caso sono questi i momenti più riusciti del film, quelli nei quali si accenna alla morte o la si vede in chi non riesce a nascere. Distendendosi per gioco accanto a uno dei bambini, Cleo afferma: «Non è poi così brutto morire».
- Tags:
- Alfonso Cuarón,
- memoria,
- Mexico,
- Mexico City,
- morire,
- Roma
3 commenti
Pasquale
Sì mi par proprio, caro Alberto. Peraltro non ho detto qui che condivido e lo sai la tua osservazione sull’epica come condizione della poesia, cioè dell’arte . La distanza aggiungo. Vedasi Las Meninas. A me pare tuttavia che Cuaròn faccia dell’epica, l’epica non è univocamente determinata, lo sai bene. C’è Brecht e c’è Omero, c’è Tolstoj e c’è Proust. Ognuno sviluppa la sua abilità nello stare accanto all’autore, a sè stesso, senza mai confondersi con sè stesso. Roma ha mille segnali di allontanamento mi pare. Ciò nn toglie che ti sia sembrato come ti è sembrato doverti sembrare. Un caro saluto Psq.
Pasquale D'Ascola
Le tue osservazioni sono sempre ricevibili ma quanta differenza stavolta. Bene bene. Ricordi? Qualcosa mi lega a Cuarón
agbiuso
È davvero interessante, caro Pasquale, il disaccordo nostro su questo film.
Scrivendo la mia breve nota non ho ricordato la tua riflessione su Roma (scusami) né la mia risposta di allora.
Ma tu già scrivevi: “Cerca, poi preparati al disaccordo”; evidentemente intuendo che non avrei molto apprezzato il film.
Il mondo appare caotico, certo, ma ha una sua logica. Profonda.