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Sovranismo / Globalismo 

Sovranismo / Globalismo 

A delle «pale eoliche» somigliano molti professionisti della politica: «girano nel vuoto e spandono vento» (A. de Benoist, Diorama Letterario 345, p. 8). E tanto più freneticamente girano quanto più il loro apparente potere va dissolvendosi nella supremazia della finanza sulla politica; una trasformazione che è la vera cifra, senso e spiegazione di quanto sta accadendo nel XXI secolo: «Sono le leve di controllo economiche, i centri di comando finanziari che, senza bisogno di alcun direttore d’orchestra collocato dietro le quinte o di altri mandanti occulti, convergono ufficialmente sugli impersonali ‘mercati’ per spostare gigantesche quantità di denaro virtuale, e di investimenti reali, in direzioni adatte alla preservazione dei loro interessi  -che coincidono con quelli di chi ha voluto, incensato e dichiarato irreversibili gli effetti della globalizzazione» (M. Tarchi, ivi, p. 1).
I nemici della libertà e della giustizia sono sempre meno gli stati e sempre più il capitale finanziario che è costitutivamente internazionalista. È anche per questo che il κριτήριον, la vera linea di demarcazione tra movimenti politici, non sta più nella topologia destra/sinistra ma nella distinzione tra i globalisti eredi del capitalismo e i sovranisti eredi dei diritti dei popoli. Una prova evidente che questo è il più corretto e plausibile criterio di demarcazione della politica contemporanea sta nel fatto che i globalisti praticano, teorizzano, difendono ciò che dalle analisi marxiane emerge come uno dei più efficaci e distruttivi strumenti del capitale: l’esercito industriale di riserva generato da ondate migratorie costanti e pervasive, il cui risultato è l’abbassamento dei salari e la perdita di diritti dei lavoratori. Marx condannava la concorrenza degli immigrati nei confronti dei lavoratori autoctoni, vedendo il vantaggio che tale immigrazione rappresenta per il padronato.

Alcuni esponenti della sinistra un po’ più accorti di altri se ne rendono pienamente conto, come in Italia Carlo Formenti e Carlo Freccero, i quali sono comunque degli intellettuali e non dei leader politici. Capo politico è invece Sahra Wagenknecht, importante esponente della sinistra radicale tedesca, deputata europea e vicepresidente del partito Die Linke (‘la Sinistra’, appunto), la quale ha dato vita al movimento Aufstehen (‘In piedi) esplicitamente contrario ai flussi migratori e all’accoglienza indiscriminata. Wagenknecht ha dichiarato che «il problema della povertà nel mondo non può essere risolto da un’immigrazione senza frontiere, il cui unico effetto è fornire manodopera a buon mercato al padronato» (Ivi, p. 9). Ludger Volmer, cofondatore di Aufstehen, rifiuta di considerare ‘razzisti’ tutti coloro che sul fenomeno migratorio hanno posizioni critiche, osserva che gli aiuti umanitari in quanto tali non hanno mai risolto alcun problema sociale, sostiene che la sinistra non può che uscire sconfitta dalla incomprensione delle ragioni profonde -anche antropologiche- che stanno alla base del rifiuto del migrazionismo da parte del corpo collettivo (ho sintetizzato il seguente testo di Volmer: «Jeder Rassist ist Ausländerfeind; aber nicht jeder Skeptiker der Zuwanderungspolitik ist Rassist. Eine Polarisierung in dieser Frage wird keinen Gewinner sehen, sondern die gesamte Linke als Verlierer. […]  Wann hat je humanitäre Hilfe – und darum handelt es sich auch bei der engagiertesten Flüchtlingshilfe – ungerechte Strukturen verändert? […] Ein solidarischer Diskurs verlangt, auf stigmatisierende Begriffe zu verzichten. Individuen, besonders wenn sie in subjektiv fragilen oder überkomplexen Situationen leben, reagieren auf zusätzliche Zumutungen mit Angst, auch mit Fremdenangst. Reicht es, diese Leute zu beschimpfen? Oder lohnt es vielleicht, sich einmal grundsätzlicher mit den widersprüchlichen Postulaten von Evolutionsbiologie und Sozialphilosophie zu befassen: ererbte oder tradierte Disposition und ihre durch bewusstseinsmäßige Reflexion gegebene Veränderbarkeit als Determinanten kulturellen Lernens». Versuch einer Problemskizze, 12.10.2018).
C’è molta lucidità politica nelle tesi di Volmer e Wagenknecht poiché soltanto dei miopi non vedono quanto è accaduto negli ultimi anni, il fatto che la sinistra si va dissolvendo perché ha rinunciato alla propria identità ideologica e alla base sociale che da sempre l’aveva caratterizzata, vale a dire ha rinunciato all’impegno e alla lotta a favore dei lavoratori, dei loro salari, dei loro diritti, dell’occupazione. La globalizzazione rappresenta infatti l’estensione del capitalismo e della speculazione finanziaria all’intero pianeta, a ogni economia, territorio, ambito produttivo e culturale. L’attacco globalista è diretto contro la Differenza e dunque contro le libertà, a favore di un’Identità che vorrebbe sottoporre l’intero pianeta e ogni individuo ai principi deterritorializzati e mercantili delle multinazionali e dei loro corifei.

L’immagine che illustra questo testo è di Steve McCurry; la foto (del 2013) raffigura una bella ragazza etiope della Valle del fiume Omo con il suo gallo, animale che in Occidente non è da compagnia, come non lo sono i topolini o le iguane di altre culture che l’omologazione globalista fa di tutto per cancellare. All’ONU, ad esempio, è in discussione una risoluzione contro «i cibi ad alto contenuto di grassi, zucchero e sale», che segnerebbe l’ostracismo verso molti prodotti italiani (Parmigiano, Gorgonzola, gnocchi e altro). Ne ho avuto esperienza diretta durante un soggiorno estivo in campagna a Bronte (Ct). Un amico allevatore mi ha detto che non poteva più darmi il suo formaggio perché gli è stato proibito di produrne in quanto non dotato di tutti i macchinari che soltanto grandi aziende zootecniche (vale a dire i lager nei quali vengono rinchiusi gli altri animali) possono permettersi. Non è più possibile, pertanto, gustare un prodotto buonissimo, sano, frutto del lavoro di un’azienda locale e non dell’industria alimentare. In nome della salute, certo, la salute del capitale.

17 commenti

  • agbiuso

    Settembre 1, 2024

    Orrori politici in Germania: il fascismo in blu
    il Simplicissimus, 1.9.2024

    La cosa che mi rifiuterò sempre di fare è votare per gli imbecilli e ancor più di votare per coloro che pensano gli elettori come imbecilli. Mi rifiuterei cioè se fossi in Turingia e Sassonia e dovessi andare alle urne. Non bastano i titoloni dei giornali e le lezioncine televisive contro l’Afd, tout court considerata di estrema destra come qualunque idea si opponga alla narrazione corrente o il silenzio imbarazzato sul Bsw di Sahra Wagenknecht una formazione di sinistra che scandalosamente non sta col globalismo delle cricche finanziarie. No, ci si mettono i poteri aziendali che in questi anni si sono rimpinzati di soldi a spese dei ceti popolari e che non vogliono di certo mollare l’osso. Così una catena di supermercati tra le più storiche della Germania, vedendo i sondaggi che danno Alternative für Deutschland al 30 per cento, ha pensato di fare una campagna contro il blu che è il colore distintivo dell’Afd e che diventa ora malvagio simbolo del fascismo.

    In un volantino affisso nei magazzini, distribuito ai clienti e fatto stampare anche sul Die Zeit e e sul Frankfurter Allgemeine, questa catena – Edeka, il cui logo è disgraziatamente esso stesso in blu – spiega perché questa in questa catena di supermercati “il blu non è disponibile”. Ne segue un testo allucinante, una sequela di stronzate confezionato con quella tipica e nauseante retorica aziendale, che lascia senza fiato:

    Banane gialle, pomodori rossi, lattuga verde, uva viola, carote arancioni, frutto del drago rosa… Il reparto frutta e verdura di Edeka è pieno di diversità colorata. Non è vero?

    Se guardi attentamente, c’è un colore che non vedrai: il blu. E non è una coincidenza. Perché il cibo blu è il modo della natura di avvertirci: “Attento! Potrei essere pericoloso!”

    L’evoluzione ci ha insegnato che il blu non è una buona scelta.

    E a proposito di scelte: il blu non è solo il nemico naturale di una sana diversità di frutta e verdura. In Germania, “i blu” sono anche la minaccia più grande per la nostra società diversificata.

    Quindi, leggiamo correttamente i segnali di allarme prima delle elezioni statali in Sassonia, Turingia e Brandeburgo a settembre, e assicuriamoci di poter vivere insieme in armonia. Perché amiamo la diversità.

    Purtroppo ci sono delle eccezioni ovvero i mirtilli e il cavolo blu, ma come spiega Edeka i loro “pigmenti colorati” non sono blu. Questo è “almeno ciò che la scienza ci dice – e come sappiamo dovresti sempre ascoltare di più la scienza”. Tra l’altro in una campagna pubblicitaria dell’anno scorso come è stato scoperto su X, la stessa Edeka aveva pubblicato un annuncio pubblicitario in cui un uomo, chiaramente un coltivatore, dichiarava che “i mirtilli sono davvero dolci solo quando sono blu”. Ma al di là di queste ridicole giravolte in nome di quella scienza trasformata in feticcio sembra impossibile che si possano dire seriamente queste fesserie e che una campagna elettorale possa contemplare esempi di tale miserabile tenore.

    Naturalmente i partiti dati per perdenti hanno subito pensato che questo tipo di pubblicità sia meravigliosa e la verde Katrin Göring-Eckardt, vicepresidente del Bundestag, una a cui la testa deve pesare insopportabilmente sin dall’infanzia ha detto “Grazie, Edeka!” invitando poi a votare per i Verdi, perché hanno un “colore naturale nel loro nome che offre protezione contro i fascisti blu -marroni”. Che sia pure daltonica? Mi dite voi, con tutta la buona volontà, come si può votare per questo circo insolente che parla di colori e mai di politica se non attraverso slogan insistenti e parole ormai prive di senso? Il fascismo in realtà non ha colori, è camaleontico, acquisisce la tonalità di fondo e oggi assume l’aspetto di supermercati che danno i consigli per gli acquisti politici e che magari saranno ampiamente ripagati per la loro opera. Non è certo un caso se la stessa catena di supermercati, che al tempo consisteva in un franching di grandi negozi distribuiti su tutto il territorio del Terzo Reich, pubblicava il 1° maggio del 1936 il manifesto che vedete in alto a sinistra. Non credo che ci sia bisogno di ulteriori commenti.

  • agbiuso

    Agosto 11, 2024

  • agbiuso

    Ottobre 27, 2022

    «Non voglio essere ricco in un Paese povero»: in memoria di Enrico Mattei
    Gilberto Trombetta, 27.10.2022

    ==========
    60 anni fa, il 27 ottobre 1962, veniva assassinato Enrico Mattei. Una piccola carica di tritolo venne piazzata sull’aereo che lo stava portando dall’aeroporto di Catania Fontanarossa a quello di Linate.

    Venne assassinato con la complicità di uomini di Stato italiani e su mandato di un Paese tra Regno Unito, Stati Uniti e Francia.

    Quando nel 1945 gli venne affidata l’AGIP per liquidarla regalandola ai privati, si oppose. Non solo mantenne l’AGIP un’azienda di Stato, ma nel 1953 creò l’ENI.

    Permise all’Italia di diventare una protagonista dell’energia a livello mondiale perseguendo la sovranità energetica del Paese che si sentiva onorato di servire.

    Si schierò, in Africa e Medio Oriente, sempre dalla parte delle popolazioni oppresse dal colonialismo occidentale traendone al contempo grandi vantaggi per l’Italia.

    Rifiutò di fare cartello con le 7 sorelle che volevano aumentare i prezzi energetici per aumentare i profitti sulle spalle dei cittadini.

    Stipulò contratti con i Paesi africani e medio-orientali trattandoli sempre come partner alla pari.

    Strinse accordi con Iran, Libia, Egitto, Giordania, Tunisia, Libano e Marocco.

    Nel 1960 volò in Unione Sovietica per stringere accordi commerciali.

    Grazie a lui abbiamo avuto benzina, gas e petrolio ai prezzi migliori di tutta Europa.

    In un cablogramma dell’intelligence inglese dell’agosto del 1962 (pochi mesi prima del suo omicidio), viene riportata una conversazione con un politico italiano in cui disse «Ci ho messo 7 anni per condurre il Governo italiano verso una apertura a sinistra. E posso dirle che mi ci vorranno meno di 7 anni per far uscire l’Italia dalla NATO e metterla alla testa dei Paesi neutrali».

    L’intelligence americana lo riteneva un pericolo mentre la stampa a stelle e strisce lo chiamava traditore.

    Venne minacciato di morte dall’OAS, un gruppo paramilitare francese di estrema destra contrario all’indipendenza delle colonie africane e finanziato dalla Cia in chiave anti-comunista.

    Aveva nemici all’interno delle massime cariche italiane. Anche nel mondo cattolico da cui proveniva. Come Giulio Andreotti, all’epoca ministro dell’interno, e Don Sturzo, braccio politico-ecclesiale americano in Italia.

    Aveva nemici dentro l’ENI. Il braccio destro di Mattei all’ENI, Eugenio Cefis, ex ufficiale del Sim (Servizi informazione militare) che aveva rapporti con l’Oss durante la guerra e con la Cia successivamente. Venne cacciato dallo stesso Mattei pochi mesi prima della sua morte. Ne divenne però presidente subito dopo il suo assassinio.

    La sua morte è costellata di omissioni e misteri.

    Come l’intervista del contadino Mario Ronchi rilasciata a RaiUno in cui dichiarava di aver visto e sentito un’esplosione in cielo prima dello schianto dell’aereo su cui viaggiava Mattei. Intervista il cui audio venne cancellato. Dichiarazioni che vennero ritrattate dallo stesso Ronchi assunto poi dall’Eni di Eugenio Cefis (che diede lavoro anche alla figlia).

    Come la morte del giornalista Mauro De Mauro inviato in Sicilia dal regista Francesco Rosi per ricostruire gli ultimi giorni di vita di Enrico Mattei.

    Come la morte di Pier Paolo Pasolini che stava lavorando a un romanzo, “Petrolio” in cui parlava dell’ENI, della morte di Mattei, della scalata al potere del suo successore Eugenio Cefis e della politica italiana fino alla metà degli anni Settanta

    Nelle conclusioni al processo che sancì al di là di ogni ragionevole dubbio che quello di Enrico Mattei fu un omicidio, l’allora PM di Pavia, Vincenzo Calia, scrisse “la programmazione e l’esecuzione dell’attentato furono complesse e comportarono […] il coinvolgimento di uomini inseriti nello stesso ente petrolifero e negli organi di sicurezza dello Stato con responsabilità non di secondo piano”.

    «Non voglio essere ricco in un Paese povero».

    Enrico Mattei era un patriota, era un cattolico ed era un socialista.

    Venne ritenuto colpevole di perseguire la sovranità italiana e di combattere il colonialismo occidentale trattando i Paesi africani e medio-orientali come partner commerciali alla pari.

    Per questo venne assassinato dai nemici dell’Italia, interni ed esterni.

  • agbiuso

    Agosto 28, 2022

    Che cos’è il sovranismo
    associazioneindipendenza, 27.8.2022

    Cos’è il sovranismo, contro cui si scaglia Draghi e la sua cricca politico-mediatica?

    Per rispondere ci aiuta la minaccia, travestita da suggerimento, che oggi ci arriva dal Financial Times il quale scrive che i fondi speculativi statunitensi si sono esposti per 39 miliardi di dollari contro tutti noi. In pratica stanno vendendo titoli di stato italiani di cui ad oggi non sono in possesso e che dovranno però comprare. Ecco, hanno “scommesso” di comprarli a meno di quanto li hanno venduti “allo scoperto” in questi giorni. Quindi loro e i loro scagnozzi –leggasi agenzie di rating, banche private atlantiche (che quei “prodotti finanziari” li vendono ad esempio sotto forma di fondi pensioni), amministrazioni politiche e media partner sostenuti mediante “sponsorizzazioni”– hanno tutto l’interesse a che noi si vada in qualche modo in sofferenza.

    Vi fa orrore? Questo è il mercato signori ed è una delle due colonne principali su cui si regge l’impero USA.

    Essere sovranisti significa desiderare protezione da questo sistema finanz-monetario antiumano nel quale il profitto di pochissimi conta più del benessere collettivo di una nazione.

    Essere atlantici significa il suo esatto contrario. Significa essere anti-italiani. Anti-greci. Anti-cileni. Anti-africani.

    Solo uno Stato sovrano può scegliere i propri partner commerciali, può rifiutarsi di dichiarare guerra, può perseguire autonome politiche sociali, energetiche e fiscali.

    Una nazione indipendente finanziariamente e militarmente non significa sia chiusa e limitata, significa solo che sia libera.

    (Luca Deperi, Indipendenza, Imperia)

  • agbiuso

    Luglio 11, 2022

    Segnalo una assai interessante analisi critica che Carlo Formenti ha dedicato al libro di Sahra Wagenknecht sulla sinistra liberale:
    La requisitoria di Sahra Wagenknecht e i suoi limiti
    Sinistrainrete, 30.6.2022

  • agbiuso

    Giugno 15, 2022

    Sahra Wagenknecht sulla sinistra immaginaria (e assai dannosa):

    “Contro la sinistra neoliberale” di Sahra Wagenknecht
    di Leandro Cossu, La Fionda, 15.6.2022

  • agbiuso

    Maggio 21, 2021

    CINQUE BUONE RAGIONI PER ESSERE COMUNISTI (E NON DI SINISTRA)
    20.5.2021

    Una interessante presa di posizione politica di Carlo Formenti che si candida a Milano nelle liste del Partito Comunista e scrive -tra l’altro- questo:

    “La deriva è proseguita fino ai giorni nostri, toccando vertici deliranti con l’instaurazione della cultura autoritaria e violenta del politicamente corretto adottata, dalle sinistre di governo assieme a un’ideologia femminista ormai totalmente integrata nella cultura neoliberale.
    […]
    L’ondata populista non è stata tanto l’esito della controffensiva di settori capitalistici arretrati che tentano di rianimare l’ideologia nazionalista, quanto della reazione popolare agli effetti della globalizzazione. Ma la crisi della globalizzazione ha gettato nel panico le sinistre convertite al cosmopolitismo, che hanno reagito etichettando come fasciste le idee “sovraniste”. Così la parola patria oggi incute terrore negli eredi di una cultura politica che, fino agli anni Settanta, era ancora consapevole del fatto che tutte le rivoluzioni socialiste sono state rivoluzioni nazional-popolari. Le sinistre hanno adottato un internazionalismo che somiglia all’ideale cosmopolita di un mondo pacificato e unificato dagli scambi economici. Questa ideologia rispecchia valori e interessi del ceto medio riflessivo e delle sue aspirazioni di mobilità fisica e sociale, un ceto che ignora interessi e bisogni della stragrande maggioranza della popolazione mondiale che vive inchiodata al luogo di nascita. Viceversa per i comunisti la difesa della sovranità nazionale è un fattore imprescindibile: la patria è sinonimo di res publica, di una società concreta di uomini e donne che lottano per l’autogoverno dei cittadini, l’indipendenza nazionale e la sovranità popolare. I comunisti sono consapevoli che la lotta di classe non si svolge solo all’interno dei singoli Paesi, è anche lotta fra popoli oppresse e nazioni dominanti, e questa verità non vale oggi solo per i rapporti fra potenze imperialiste e Paesi ex coloniali, ma anche per quelli fra Paesi del Nord e del Sud Europa, per i quali la riconquista della sovranità nazionale è l’unica strada per riacquistare il controllo politico sulle proprie risorse, sulle politiche economiche e sociali e sui flussi di capitali, merci e persone. Ecco perché i comunisti non possono che essere contro questa Europa, contro questo mostruoso esperimento politico che mira a mettere in pratica l’utopia del fondatore del liberalismo moderno, von Hayek, l’uomo che sognava di spezzare il rapporto biunivoco fra politica e territorio neutralizzando, assieme alla sovranità nazionale, i conflitti sociali e la possibilità di offrire loro rappresentanza democratica. La Ue funziona come una sorta di polizia economica che sfrutta l’euro e il principio di concorrenza per sterilizzare appunto i conflitti sociali”

  • agbiuso

    Dicembre 17, 2019

    Parafrasando Vittoria Ronchey, si potrebbe dire «Figlioli miei, sovranisti immaginari».

    ===============
    Draghi, why not? Il ‘sovranista’ Salvini riapre alla troika
    associazioneindipendenza, 17.9.2019

    Il punto non è interrogarsi se Mario Draghi, ex governatore della Banca Centrale Europea, uno degli uomini apicali della Troika (FMI-BCE-UE), raccoglierà l’investitura di una delle frazioni neo-liberiste in parlamento, la Lega, che l’ha proposto poche ore fa come presidente del consiglio (nella fattispecie Giorgetti; Salvini lo indicò, un paio di settimane fa, come possibile presidente della Repubblica).
    Così come sul nome di Draghi non deve sorprendere la “disponibilità ad approfondire” arrivata a stretto giro di posta da Renzi, un’ipotesi peraltro che questi ha ventilato come gradita un paio di mesi fa, pronto a tutto pur di disarcionare il “Giuseppi” Conte di governo, da sempre astioso nei confronti della creatura (Italia Viva) del tronfio ex sindaco di Firenze e ‘rivale’ sullo stesso ambìto elettorato ‘di centro’.
    Nemmeno è il caso di scervellarsi nell’immaginare se sia lontanamente praticabile quel nuovo governo ‘a tempo’, quel “Comitato di salvezza nazionale” che, da proposta Salvini, “affronti cinque emergenze di questo Paese (lavoro, tasse, salute, infrastrutture, giustizia)”, anche considerando le simpatie di Forza Italia e Partito Democratico già manifestate in passato per il teorico del “pilota automatico” eurounionista sulla via dell’austerità “über alles, Banditen!”.

    Il punto è che in un surreale teatrino dell’assurdo, con assoluto sprezzo del ridicolo, chi commenta tale ineffabile uscita, non diversamente da chi lo dipinge come novello erede del Cavaliere Nero di arcoriana memoria, lo definisce ancora “sovranista”, in tal modo volendolo accostare alla vituperata (perché?) dimensione “nazionale”. E questo incuranti delle sue ripetute attestazioni europeiste, indifferenti al contenuto delle posizioni neo/ordo-liberiste sue e della Lega, che oscillano dal polo franco-tedesco in economia (cui si vorrebbe agganciare una parte del nord Italia, almeno, come “marca” meridionale) a quello atlantico (USA) in politica estera.
    “Sovranista” di cosa, quindi? Chi definisce in tal modo –accostando al termine la vituperata dimensione “nazionale”– lui (Salvini) e lei (la Lega) finge di ignorare bellamente che in primis loro –ma anche Forza Italia, PD, (buona parte del) M5S, LEU, Fratelli d’Italia, ecc.– sono fautori di quell’autonomia/regionalismo differenziato d’ispirazione euro-unionista che, a regime, sancirà la fine di uno Stato e di una nazione chiamata Italia e cancellerà quella dimensione solidaristica, socialmente avanzata presente in Costituzione, quantunque in buona parte restata sulla Carta.

    Perché, dunque, non definire loro e gli altri in modo pertinente come “sovranisti europei”, “sovranisti carolingi” (franco-tedeschi) o “sovranisti atlantici” (USA)?

  • agbiuso

    Aprile 20, 2019

    Altri soggetti, sempre in Sicilia, favorevoli all’arrivo dei migranti/schiavi.

  • agbiuso

    Aprile 19, 2019

    Questo soggetto è certamente favorevole all’ingresso in Italia di quanti più migranti sia possibile.

  • agbiuso

    Aprile 11, 2019

    Un’ulteriore testimonianza dalla Svezia:

    “Date le relazioni [familiari], queste cose le sappiamo bene , da tempo. Ma in Svezia il ‘politicamente corretto’ è normativo ancor più che in Italia, e degli enormi problemi creati dall’immigrazione non devi assolutamente parlare, se vuoi conservare o conseguire un minimo di visibilità pubblica (come giornalista, studioso, prof., scrittore, attore e quant’altro). Se lo fai, diventi, nella vita pubblica, un paria, un intoccabile, e rischi anche in privato perché dai scandalo e questo il sottofondo culturale luterano non lo consente.
    Due cose mi sembrano degne di nota. La prima è che il fallimento, a lungo andare, del sistema di accoglienza svedese (soprattutto per quel che riguarda la seconda o la terza generazione) – veramente il migliore e più generoso possibile – dimostra che il problema non sta nelle modalità dell”accoglienza’, ma nel numero degli ‘accolti’, che se sono troppo numerosi finiscono per formare comunità autonome ed extra legem assolutamente estranee al Paese, sradicate, scontente, inquiete, ingestibili. C’è poco da fare: un africano non diventa svedese semplicemente perché in Svezia ha un lavoro o magari c’ è anche nato: continuerà a sentirsi estraneo a quel mondo e finirà per detestare quelli che lo hanno costruito così e ci si trovano a loro agio. La seconda è il basso livello del giornalismo italiano, che – salvo qualche rara eccezione come quella che mi mandi – prende per buona la ‘versione ufficiale’ dell’accoglienza svedese (quella diffusa attraverso tutti i media) e non cerca di andare o guardare oltre, non si sogna nemmeno di andare a cercare i quartieri ‘vietati’ di molte grandi città ( come Malmoe, Goetheborg e altre, dove comandano gli immigrati e nemmeno la polizia osa entrare).
    Comunque, ultimamente gli svedesi hanno cominciato a dare qualche segno di resipiscenza, e provano a frenare. Ma per i problemi che ci sono è già troppo tardi”.

  • agbiuso

    Aprile 10, 2019

    Per dialogare, la differenza ha bisogno dell’identità. Senza di essa non c’è dialogo ma assimilazione o prevaricazione.
    Dal Gazzettino di Venezia, 10.4.2019

  • agbiuso

    Aprile 7, 2019

    Sul manifesto di oggi Guido Viale scrive, tra l’altro, questo:
    «La comparsa mediatica di Greta Thunberg ha prodotto un encefalogramma piatto sulle scelte dei politici italiani, europei e mondiali. Da loro, fino a che Fridays for future non si sarà moltiplicato per cento, non c’è da aspettarsi niente.
    […]
    Ma quali autorità? Nessuna sembra avere più il potere di realizzare radicali cambi di rotta: le autorità scolastiche sono schiacciate dai regolamenti; ai Comuni mancano i fondi (il che non impedisce loro di imbarcarsi in imprese sciagurate come le Olimpiadi); il Governo è prigioniero del debito e di “autorità” sovranazionali che continuano a minacciarci la fine della Grecia; il Parlamento europeo non conta nulla; Commissione e Bce sono in mano alla finanza mondiale; e la finanza mondiale, chi è?»
    Ottima sintesi. Forse anche i più convinti sostenitori del globalismo si vanno rendendo conto dell’ingiustizia sociale e del disastro ambientale al quale il globalismo inevitabilmente conduce.
    Fonte: Dove andrà Fridays for future

  • agbiuso

    Gennaio 4, 2019

    Invito a leggere una breve e lucida riflessione di Denis Collin su Souverainisme et souveraineté, della quale riporto qui un brano significativo:

    La critique de la souveraineté (et des souverainistes) est donc, même si c’est de manière déguisée, une critique de la démocratie et du pouvoir du peuple. C’est d’ailleurs pour cette raison que les adversaires de la souveraineté sont souvent les grands pourfendeurs du « populisme ». Ces « démophobes » haïssent le peuple et méprisent la nation.

    L’UE de ce point de vue a une signification précise : organiser la suppression de la souveraineté des nations, qui, une fois mises en tutelle, n’auront d’autre choix qu’appliquer la politique décidée par ces mandataires du capital que sont les dirigeants et fonctionnaires de l’UE. On l’a vu de manière brutale en Grèce. On l’a revu dans le conflit entre l’UE et le gouvernement italien de Conte. Il s’agit à chaque fois de montrer que les nations ne sont pas souveraines, que la volonté des peuples ne peut faire droit et que seuls les traités européens, c’est-à-dire les règles établies par les aréopages de la technobureaucratie européiste peuvent s’imposer.

  • Pasquale

    Dicembre 18, 2018

    Sì meno pessimista e più realista. Sul fare previsioni non hai torto. È un mio difetto vedere il peggio. Posso sempre ricredermi però. Grazie ancora Alberto per l’ottimo argomentare. A presto Psq.

  • Pasquale

    Dicembre 18, 2018

    Desidero leggere De Benoist ma intanti mi pare caro Alberto che non ci siano dubbi circa l’annunzio che il tuo impeccabile esame fa al cor ahmpopulo: direi che è una visione precisa di guerra; quale chi ti scrive divisa da tempo. Ora mi pare che non vi sia spazio per illusioni in stile Monaco. I dati che porti – la Linke stessa che illustri suona e con perizia un motivetto per missile e mitragliatrice – siano tutti a conferma di quanto in qualche modo ci stiamo dicendo da ieri, magari con un filo di timore; la divisione che delinei non può che illustrare uno scenario bellico. Quale le antiche opposizioni dx/sin non configuravano o configuravano con prudenza quale lotta di classe. Due guerre mondiali hanno chiarito le cose. Manca la terza. Che sarà quello che la tranquilla rivolta della Francia a Macron lascia intuire. Il globale vuole semplicemente uccidere il sovrano. Il sovrano per ora è disarmato. Ed è inevitabile lo scontro aperto; il tuo discorso sulla struttura bellica dell’umano a parte; è inevitabile e la questione dell’ambiente ne rivela il perché per logica stessa. Tre mondi, americano, russo e arabo si contendono , in fondamentale concordia, questione di feudi, il diritto a fare del mondo il loro bancomat. E sono forti e sono feroci. Salvo in America non resusciti uno spirto democratico che ribalti lo status plus quam quo di adesso e altrettanto avvenga in Russia, non vedo come queste entità devastanti possano frenare la corsa all’oro, tutto l’ora del mondo. Stile Attila. Devastiamo poi si vedrà. Progetto diverso dall’appropriazione indebita nix, anzi mi pare che il progetto sia pigliamo tutto poi si vedrà. Mi pare che alla guerra si arriverà passando dal pecorino ai gilet gialli – passando sotto il rullo compressore cinese che equilibrerà un po’ le cose. Sarà, dico di più, un bene. Non vedo ad oggi come le armi di un’eventuale dialettica possano affondare nel tessuto molto più che ideologico del globalismo. Chi ha molto per avere tutto si batte. Mica altro.Tutta la terra, tutta l’acqua, tutto il pecorino prodotto da fabbriche automatiche E quindi Curdi contro Turchi. I cosiddetti conflitti limitati o regionale non sono che il preambolo o test per le armi. Prevedo eserciti di cadaveri. Non credo si sbagliarmi. Che dici?

    • agbiuso

      Dicembre 18, 2018

      Dico, Pasquale, che prevedere il futuro è sempre un azzardo; dico che «nel cuore degli uomini non c’è che la guerra» (Céline, Il Dottor Semmelweis, Adelphi, p. 71); dico che il capitale globalista è chiara espressione di un’energia faustiana che diventa nichilismo (come ha argomentato in lungo e in largo Karl Marx); dico che in ogni caso dopo il 1789 è sempre difficile privare le società e gli individui delle loro libertà e che dunque si cerca di farlo nei modi soft e inapparenti dello spettacolo e dell’umanitarismo; dico che -per ciò che possiamo intravedere- non sarei così pessimista, mi sembra infatti che dentro il corpo sociale ci siano movimenti tenaci di resistenza all’Identità, quello che tu con esattezza definisci il sovrano che non si piega al globale; dico -infine- che molto al di là delle volontà del globale, del sovrano, degli stati e dei singoli, saranno la demografia e i cambiamenti climatici a vincere sulle illusioni dello «sviluppo sostenibile» -formula patetica e irresponsabile- e sulla guerra dell’umano contro la Terra.

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